“Piccolo non è bello”, Bombassei lo ripete da almeno dieci anni

“Piccolo non è bello”, Bombassei lo ripete da almeno dieci anni

Ancora 24 ore di attesa e si saprà se nella corsa al vertice di Confindustria sarà Giorgio Squinzi a spuntarla su Alberto Bombassei o viceversa. Per Bombassei – che gode non solo dell’endorsement di Sergio Marchionne, ma pure del sostegno di imprenditori di peso, come ad esempio Luca Cordero di Montezemolo, Andrea Merloni, Riccardo Illy, Franco Bernabè, Anna Maria Artoni, Andrea Tomat – è l’ultima occasione per fare il grande salto, dopo otto anni trascorsi, prima al fianco di Montezemolo e poi di Emma Marcegaglia, come vicepresidente con delega alle relazioni industriali. Già presidente di Federmeccanica, attualmente membro dei consigli di amministrazione di Italcementi, Atlantia, Pirelli, Nuovo Trasporto Viaggiatori, Bombassei è unanimemente considerato uno dei migliori capitani di impresa. Rappresentante della raffinata industria meccanica italiana, che nel mondo si è fatta strada grazie ad “internazionalizzazione, innovazione e coraggio di investire”. Sono queste tre concetti chiave, usati da Bombassei per spiegare poche settimane fa l’ulteriore incremento dei ricavi nel 2011 di Brembo – divenuta leader mondiale nella produzione di freni con 1,2 miliardi di euro di ricavi e quasi 7 mila dipendenti distribuiti su 36 stabilimenti in 15 Paesi diversi – ma a cui il vicepresidente di Confindustria ha fatto spesso riferimento nelle sue non frequentissime apparizioni pubbliche, al fine di indicare le vie obbligate per crescere in un mercato sempre più selettivo.

Di Bombassei, in particolare in questi mesi di campagna elettorale, si è spesso ricordato che egli è considerato un falco delle relazioni industriali, convinto sostenitore della contrattazione decentrata (“legare produttività e redditività ai contratti aziendali”, sostiene da anni) e della necessità di introdurre deroghe alla disciplina sui licenziamenti (“nessuno vuole libertà di licenziamento, ma chiediamo flessibilità in uscita” ha detto in una recente apparizione televisiva). Il Bombassei pensiero, però, è anche altro. Già nel 2002, quando un po’ ovunque, nonostante i venti della globalizzazione stessero spirando già con forza, ci si ripeteva compiaciuti il refrain per cui piccolo è bello, Bombassei andava controcorrente. Puntualizzando, nella sua lectio magistralis in occasione della consegna di una laurea honoris causa in ingegneria meccanica che “un sistema produttivo carente di imprese di grandi dimensioni, le sole capaci di presidiare mercati globalizzati e dominati da processi di innovazione continua e violenta, è certamente un sistema con minori opportunità di crescita” ed esprimendo la necessità di “[…] superare quella situazione di “nanismo industriale”, come qualcuno l’ha definita, che è certo non ci consentirà di entrare nei settori high-tech o scientifici che fanno la fortuna dei Paesi industriali più avanzati”, visto che “[…]le piccole e medie imprese scontano il fatto di avere meno risorse a disposizione per gli investimenti in Ricerca & Sviluppo, e quindi per poter competere a livello internazionale” .
Dieci anni dopo possiamo affermare con assoluta certezza che, anche per gravi responsabilità della Confindustria di Bombassei, il nanismo di impresa è ancora la peculiarità del nostro sistema produttivo, che nei settori ad alta tecnologia l’Italia non è entrata e che gli investimenti in ricerca e sviluppo sono al palo.

In questi anni, però, Bombassei e la sua Brembo hanno continuato a percorrere la via della crescita, ma soprattutto ad investire, anche e soprattutto in tempi di crisi profonda, “almeno il 5% del fatturato in ricerca e sviluppo, destinandovi il 10% del personale”, come ha anche orgogliosamente ricordato qualche mese fa Bombassei stesso in occasione di un importante convegno sull’industria organizzato dall’Accademia dei Lincei e dalla Fondazione Edison. Bombassei, anche allora dimostrò i propri limiti come oratore. Ma i fatti, per un imprenditore, sono più importanti delle parole. Ed i fatti dimostrano che Bombassei non ha mai deviato rispetto all’idea di andare ad esplorare la vie dell’innovazione, così come dell’aggregazione tra imprese. Come quando è stato il principale promotore, nel 2003, della costituzione di “Kilometro Rosso”: un parco scientifico tecnologico, che ospita a Bergamo aziende, centri di ricerca, laboratori e attività di produzione hi-tech, dotato di infrastrutture flessibili e d’avanguardia ed in grado di offrire tutti i servizi tecnici, logistici, informatici e telematici, di promozione, formazione, supporto e consulenza necessari ad incentivare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione tecnologica nelle imprese non solo lombarde. Per Bombassei innovare non è solo un must imprenditoriale, ma sembra la parola d’ordine, il filo rosso che tiene assieme il programma della sua candidatura alla Presidenza di Confindustria: innovare nelle relazioni industriali, nel modo di fare rappresentanza, così come nell’approccio operativo e nell’organizzazione dell’associazione di viale dell’Astronomia, che deve divenire, ad avviso di Bombassei, “una realtà […] più efficiente, più dinamica e in grado di cogliere in modo tempestivo le esigenze delle imprese”.

Rispetto alla politica, Bombassei ha sempre avuto un atteggiamento prudente. In una lunga intervista di quasi cinque anni fa all’Indipendente, Bombassei espresse il personale auspicio che potesse nascere un partito capace di mettere assieme le componenti moderate riformiste del centrodestra e del centrosinistra. Nel suo programma per la guida di Confindustria afferma invece che “una rinnovata leadership – prima di tutto politica – è oggi indispensabile per guidare il Paese non solo fuori dalla crisi, ma anche nella nuova dimensione globale che si va delineando”.
Pochi giorni fa, riferendosi ad una possibile permanenza di Monti a capo del Governo per altri cinque anni ha detto: “se va avanti in questo modo, perché no. Monti ha la fortuna di non dover rendere conto a un grande elettorato. Il suo programma è assolutamente condivisibile, tutte le misure auspicate nel passato ora si stanno attuando e noi siamo al suo fianco”.
Dall’angolatura del Bombassei pensiero, l’ipotesi di un Monti bis, appare in effetti la prospettiva più probabile.
Ritenere infatti che Casini, Bersani ed Alfano possano stare nello stesso partito è inimmaginabile. Sperare invece che si rinnovi la leadership politica è pura fantascienza. 

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