Sconfitta Siria, comunque vada l’Occidente ha perso

Sconfitta Siria, comunque vada l’Occidente ha perso

Comunque vada, l’Occidente ha perso la sua partita morale e strategica nei confronti della Siria. Con il conteggio dei morti che supera ormai gli 8mila, con migliaia di persone incarcerate e torturate, con centinaia di migliaia di sfollati, la situazione è del tutto fuori controllo dentro e oltre il regime del capomafia Assad. Ormai il paese mediorientale è in una situazione “balcanica”: gli interessi etnici e internazionali hanno creato un labirinto politico impenetrabile, che imprigiona tutta la popolazione, e rende impossibile l’intervento esterno.

La situazione si è cristallizzata all’inizio del febbraio passato. A quel punto era diventato chiaro come la Siria fosse – ancora una volta nella storia – l’ago della bilancia negli interessi regionali delle grandi potenze. Il paese è a maggioranza sunnita, ma la guida è appannaggio militaresco della setta sciita degli Alawiti, cui appartengono gli Assad. La connessione sciita della Siria collega territorialmente l’Iran al Libano meridionale, dove Hizbollah serve da arma di pressione nei confronti di Israele. Il sostegno russo all’Iran e alla fascia sciita si giustifica dall’obbiettivo di Mosca di conservare un ruolo nelle questioni mediorientali (e sul processo di pace permanente israelo-palestinese), oltre all’approdo siriano di Tartus, sul Mediterraneo.

Anche la Cina ha interessi in Iran, essendo il maggior acquirente mondiale del petrolio marchiato Pasdaran (a circa mezzo milione di barili al giorno nel 2010). Si comprende quindi perché, tra petrolio e corazzate mediterranee, il 4 febbraio 2012 Cina e Russia abbiano posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che chiedeva di «porre fine alle violenze». Le parole usate avrebbero fatto esultare il dottor Stranamore: il testo della risoluzione era «troppo sbilanciato» secondo i russi, mentre la Cina faceva sapere che nel fraseggio si poneva una «pressione non dovuta» sulle autorità siriane. Il 16 febbraio, due settimane dopo la pantomima al Consiglio di Sicurezza, l’Assemblea Generale dell’Onu (che raduna 193 paesi) ha votato in favore di una risoluzione che condanna Assad, e appoggia un piano della Lega Araba per un cambio di regime in Siria.

La Lega è un organismo che non include l’Iran, proprio perché emanazione di interessi sunniti, con particolare attenzione ai risvolti petroliferi. È chiaro che l’influenza sulla Siria è nulla, anche a causa di problemi propri di coordinamento politico all’interno della Lega. A questo punto, è chiaro come si sia creato un fronte all’interno del Medio Oriente, tra Sunniti e Sciiti, con le diverse potenze dietro ai due schieramenti. Cina e Russia si nascondono dietro la confessione sciita, mentre l’Occidente prova a trovare alleati sunniti.

Comunque si risolva il conflitto siriano, l’Occidente ha perso. La prima ipotesi è quella di Assad che riesce ad annientare l’opposizione e mantenere il potere. A questo punto, la Russia conserverebbe il suo “ruolo” in Medio Oriente. Probabilmente la crisi atomica iraniana perderebbe intensità, perché Mosca non avrebbe più interesse a sostenere il piano nucleare dei Mullah – o avrebbe un interesse assai ridotto. L’Iran stesso potrebbe diventare il modello per il nuovo regime in Siria, con un ruolo ancora più forte per la componente militare rispetto alla società. Bashar Assad al primo anno di governo nel 2000-2001 provò a introdurre un piano di riforme che fu definito “Primavera di Damasco”, ma il sistema di sicurezza familistico-mafioso gli fece intendere che non era il caso di andare avanti. Adesso il cambiamento verso la dittatura militare assoluta sarebbe definitivo – così come la dipendenza dalle forniture militari di Mosca. L’Occidente sarebbe fuori.

Il secondo scenario è quello dell’opposizione sunnita siriana che vince e rovescia il regime. Dietro alla rivolta ci sono le potenze regionali sunnite dell’area, prima fra tutte l’Arabia Saudita. Come tradizione in casa Saud, il sostegno politico a paesi esteri dell’area sarebbe accompagnato dallo spuntare di scuole islamiche conservatrici, in cui possa germogliare il seme del fondamentalismo islamico. Anche in questo caso, l’Occidente perderebbe influenza sul quadrante.

Il terzo scenario è quello di un intervento militare in Siria sul modello libico. Se ciò avvenisse, Russia e Cina non avrebbero più alcune remore a sostenere lo sviluppo della potenza militare e atomica dell’Iran. Ciò che Mosca e Pechino non potranno raggiungere “territorialmente” (da Teheran al Libano meridionale), lo raggiungeranno per “via aerea”, con testate iraniane in grado di colpire Israele. Ciò rappresenterebbe un ulteriore fattore di destabilizzazione del quadrante.

Si è creata, quindi, una situazione “balcanica” che non potrà essere risolta facilmente. È ancor più complessa rispetto al conflitto jugoslavo: bombardare Damasco non risolverà la situazione, come fecero i missili Nato a Belgrado nel 1999. Sarebbe la consacrazione definitiva all’escalation militare mediorientale, e alla spaccatura del Medio Oriente in due fronti. Sembra, purtroppo, che l’unica via possibile sia quella perseguita da Cina e Russia: lasciare che il conflitto siriano si risolva da sé. Nel sangue si scioglierà il conflitto politico, lasciando la situazione in un precario status quo che potrebbe servire gli interessi di tutti. Purtroppo, potrebbe servire anche gli interessi dell’Occidente. 

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