Squinzi, il signor Mapei che non ama mischiare industria e finanza

Squinzi, il signor Mapei che non ama mischiare industria e finanza

Hai voluto la bicicletta? Adesso pedala. In verità Giorgio Squinzi, il signor Mapei, il presidente europeo della chimica, l’indiziato numero uno a succedere domani a Roma a Emma Marcegaglia alla guida di Confindustria, la bicicletta l’ha sempre avuta nel sangue, e la sua voglia di pedalare è sempre stata forte, tanto è vero che ancora oggi, nonostante i molti impegni, non c’è domenica – e quando può anche qualche sabato -, che non salga in sella alla sua bellissima Colnago in carbonio.

È un uomo di grande passione e determinazione. La sua Mapei in 75 anni di storia non ha mai chiuso un bilancio in rosso e, quello che più lo inorgoglisce, non ha mai licenziato un solo dipendente. Oggi Mapei, l’azienda leader mondiale nei prodotti per l’edilizia, adesivi e sigillanti fondata da papà Rodolfo e che oggi ha Squinzi come amministratore unico, è gruppo con 58 stabilimenti nel mondo, in 5 continenti. 7.500 sono dipendenti e il fatturato annuo di 1.9 miliardi di euro.

Ama la bicicletta, il ciclismo, Fausto Coppi, e anche i suoi ragazzi, come predilige ancora chiamarli il patron Squinzi che, dal ’94 al 2002, ha avuto uno dei team ciclistici più forti della storia, vincendo in pratica tutto ad ogni latitudine, con Rominger e Bugno, Ballerini e Tafi, Bartoli e Bettini, passando per Museew e Fabian Cancellara. Nel suo team è nato anche Cadel Evans, l’ultimo vincitore del Tour de France, con il quale «il dottore», come viene chiamato dai corridori, ha mantenuto un rapporto speciale.

Squinzi è uomo di passioni. La chimica, la famiglia, il ciclismo, il Milan e la lirica. La Scala è la sua seconda casa. È da molti anni che è tra i più importanti sostenitori del grande teatro milanese ed è lì che ha festeggiato a metà febbraio i 75 anni della sua azienda, invitando dipendenti, amici e clienti ad assistere all’Aida di Franco Zeffirelli.

Giorgio Squinzi, fin da giovanissimo, inizia a lavorare nell’azienda di famiglia fondata nel 1937 da papà Rodolfo il quale gli trasmette la passione per il lavoro, il ciclismo e la lirica. Nel 1969 si laurea in chimica industriale all’Università di Milano e l’anno successivo, insieme al padre, fonda la Mapei S.n.c. (Materiali ausiliari per edilizia e industria), andando a ricoprire il ruolo di responsabile della funzione ricerca e sviluppo della stessa. «Fin da piccino, alla classica domanda: “che cosa vuoi fare da grande”, io rispondevo sicuro: il chimico». «Ho sempre creduto nella ricerca e ancora oggi considero questo il punto di partenza di tutto».

Il nuovo ruolo dà a Squinzi la possibilità di mettere in luce le sue iniziative, di renderle effettive, concrete, al punto da trasformare la Mapei Snc in una Società per Azioni.

I suoi confini oltrepassano l’oceano con lo sport: Olimpiadi di Montreal nel 1976, i prodotti Mapei servono a posare la pista olimpica. Quello è il primo passo verso una internazionalizzazione che per Mapei sarà senza sosta. Con il ruolo di direttore generale, Giorgio Squinzi trasforma una piccola realtà industriale in una multinazionale leader nel settore degli adesivi per pavimenti e rivestimenti.

Nel 1994 la Mapei acquista Vinavil, l’azienda della “colla bianca”, compresi i due stabilimenti di Villadossola e Ravenna, allargando così la gamma dei prodotti e divenendo specialista nel settore degli adesivi. La fase di sviluppo prosegue anche nel terzo millennio: nuove acquisizioni sia sul fronte della produzione di prodotti finiti sia su quello dell’integrazione nella produzione delle materie prime strategiche.

Premiato con l’Ambrogino d’oro dal sindaco di Milano; insignito della nomina di Cavaliere di S. Gregorio Magno in Vaticano ed ancora la nomina a Cavaliere del Lavoro e “Commandeur de l’Ordre de la Couronne” in Belgio; ottiene anche il Premio Leonardo Qualità Italia conferitogli dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano. «Mi hanno insignito di tanti riconoscimenti, ma nel mio cuore manca solo un simbolo: la maglia gialla del Tour de France, che da patron di una squadra professionistica, non sono riuscito a vincere». 

Squinzi è stato anche un grande innovatore, un vero visionario, tanto è vero che già nel 1996, quando nel ciclismo ancora non era esploso con tutta la sua violenza il fenomeno del doping, «capii che nelle corse a tappe non era possibile vincere a pane e acqua. Dissi all’allora presidente mondiale del ciclismo, Hein Verbruggen, che bisognava fare qualcosa perché il problema era il doping ematico. Mi disse che ero solo un allarmista». Squinzi cercò di combattere e arginare questo stato di cose. «Poi ad un Giro d’Italia un nostro corridore (Stefano Garzelli, ndr), fu trovato positivo quando era in maglia rosa. Fu una ferita terribile. Decisi di lasciare il ciclismo: chiusi la squadra, ma decisi con il compianto Aldo Sassi, di puntare sul Cenro Mapei Sport di Castellanza», oggi eccellenza della medicina sportiva.

«Io credo in un certo tipo di sport e penso che Cadel Evans, a detta anche dell’Uci – il governo mondiale della bicicletta – sia il simbolo più bello di un ciclismo fatto in maniera etica. Evans, nato nel nostro team, da dieci anni che viene da noi per test e tabelle di allenamento. Così come Ivan Basso e la formazione australiana GreenEdge. Ma oggi Mapei Sport opera nel mondo dell’atletica, dello sci e anche del calcio, con il Sassuolo (di proprietà di Squinzi, ndr) e la Juventus». «Se penso di arrivare un giorno con il Sassuolo in serie A? Non solo penso di arrivarci, ma da autentico tifoso milanista, spero un giorno di battere con il mio Sassuolo l’Inter». 

Squinzi è un uomo semplice, riservato, ma animato da grandi sogni e passioni. «Qualche anno fa mi regalarono una bicicletta di Fausto Coppi, una Bianchi del ’47: è uno dei doni e degli oggetti che io conservo con maggiore devozione ed emozione».

Conserva anche la pietra della Roubaix, lì in bella vista nel suo ufficio al sesto piano di viale Jenner a Milano, quella vinta da un altro dei suoi ragazzi che oggi non ci sono più: Franco Ballerini. Conserva la maglia di Gattuso, ma anche i libretti delle opere della Callas e non solo. Sogna di fare sempre più grande la sua Mapei, ma anche di fare più grande il suo paese, l’Italia. «Se solo riuscissimo ad essere più squadra, noi italiani non dovremmo temere nessuno».

Ma anche un’idea ben precisa di come si deve fare impresa: «Sarò un talebano, ma sono per una distinzione molto netta tra i due ruoli di imprenditore finanziario e imprenditore industriale. Mi pare che il modello renano, l’intreccio banche imprese, è crollato miseramente», dice a Roberto Napoletano, nel libro Padroni d’Italia (Sperling&Kupfer, 2004). E sempre nello stesso libro: «Non dare i soldi alla ricerca, non incentivarla con un meccanismo automatico di qualunque tipo, è un po’ come una famiglia che sceglie di non investire sul futuro dei propri figli, non mandandoli a scuola».

Domani a Roma le aziende decideranno: la Confidustria deve scegliere tra Giorgio Squinzi e il rivale Alberto Bombassei. Lui appare sereno. Come sabato scorso, in Assolombarda, dove Emma Marcegaglia ha salutato tutti gli associati. Riunione importante, con tanti personaggi di rilievo del mondo della politica e della finanza. Ma in contemporanea c’era la Milano-Sanremo: «Ho trovato una mezzoretta per vedere gli ultimi chilometri. Ha vinto Gerrans, un buon corridore, ma il migliore è stato il mio Fabian Cancellara. È cresciuto alla scuola Mapei…», dice orgoglioso.

Chimica, ricerca e Mapei. Adriana, Marco e Veronica: la famiglia. Organizzazione, squadra e sistema. Ciclismo, Sassuolo, Milan e buona musica. Tante passioni, tanta voglia di fare: a testa bassa, in silenzio, senza le luci della ribalta. «Il mio amore per la bicicletta è noto a tutti e una frase di Albert Einstein l’ho fatta mia: “La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti”. Io fermo non sono mai stato».

Domani a Roma potrebbe andare a sedere sullo scranno di Emma Marcegaglia. Conoscendolo è già pronto. Un giro in bicicletta per festeggiare. E poi via al lavoro. Come sempre. 

*direttore di tuttoBICI e tuttobiciweb.it 

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