BERLINO – Fuori dalla Francia, le proposte anti europeiste di Francois Hollande hanno generato paure e polemiche tra i partiti conservatori ma anche un certo terremoto all’interno della socialdemocrazia europea. Alla vigilia di una serie di elezioni chiave, le presidenziali del prossimo mese in Francia e i elezioni federali in Germania nel 2013, si pone la questione del futuro del centro sinistra dopo lunghi anni bui. La partita rimane quella dell’euro ma su questioni fondamentali i socialdemocratici tedeschi dell’Spd e i socialisti francesi del Parti socialiste rimangono lontani o peggio fanno confusione.
In un’intervista congiunta concessa al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung Francois Hollande e Sigmar Gabriel offrono la loro prima prova di coro: tutto bene sulla tassa sulle transazioni finanziarie, le misure per generare posti di lavoro e l’appoggio alla ricerca e all’università. Però rimangono differenze: mentre l’Spd ha appoggiato in parlamento il Meccanismo Europeo di Stabilità (Esm), il Ps francese si è astenuto dalla votazione. E proprio qui arrivano le prime stonature: «Se si fosse trattato solo dell’Esm lo avremmo appoggiato perché abbiamo bisogno di questo strumento per aiutare paesi in difficoltà come la Grecia», spiega Hollande che però aggiunge che l’astensione del suo partito di fronte al Meccanismo di Stabilità era necessaria ai fini della chiarezza, perchè al contrario, «avremmo dato l’impressione di appoggiare allo stesso tempo il patto fiscale che mira all’austerità. Però noi rifiutiamo questo punto. Perciò ci siamo astenuti».
Il ritornello di Sigmar Gabriel è un altro: «In Germania i socialdemocratici si sono sempre espressi a favore dei diversi strumenti di salvataggio che la cancelliera inizialmente rifiutava. Da allora è stata introdotta la legge merkeliana: ogni tre mesi Merkel fa esattamente il contrario di ciò che appena prima aveva detto essere “senza alternative”. Il Meccanismo di Stabilità è espressione della nostra posizione, ma è giunto troppo tardi! Per quanto riguarda il patto fiscale condividiamo la stessa posizione dei socialisti francesi. Perché manca ancora una forte componente per la crescita e l’occupazione. E manca anche la tassazione dei mercati finanziari».
A guardarla bene, è una condivisione di posizione un po’ particolare: informa la Süddeutsche Zeitung che su iniziativa della cancelliera, rappresentanti di governo e opposizione si incontreranno questa settimane per definire una posizione comune sul fiscal compact in modo da preparare, al di là di ogni dubbio, l’approvazione in parlamento del patto fiscale firmato dai capi di governo a Bruxelles lo scorso gennaio. È probabile che Gabriel, così come gli altri due leader del partito, Frank Walter Steinmeier e Peer Steinbrück, pongano condizioni. Ma l’Spd cercherà veramente di staccare la spina alla coalizione proprio ora che i sondaggi attribuiscono a Merkel una popolarità alle stelle, in particolare grazie alla gestione della crisi europea? Sembra improbabile. Se al contrario l’Spd dovesse appoggiare alla fine il patto voluto da Merkel e che, secondo il primo ministro britannico David Cameron, «di fatto abolisce Keynes per legge», che fine farebbe dunque l’identità comune delle due importanti sinistre europee?
Ma non è l’unico punto di disaccordo. Anche quando Gabriel parla di «crescita» si riferisce alla stessa crescita che vogliono conservatori e liberali nel suo paese, mentre Hollande vuole «cambiare la sostanza della crescita, che deve essere solidale e sostenibile, ecologicamente e socialmente, in modo da portare anche più uguaglianza sociale». Un obiettivo, quest’ultimo, su cui il centro sinistra europeo ha fallito da tempo.
La sinistra in Europa ha perso negli ultimi anni il governo praticamente in tutti i paesi in cui si trovava al potere: dalla Gran Bretagna alla Francia, dalla Grecia alla Svezia, passando anche per Spagna e Germania. E ora, dopo la crisi del 2008 e nel mezzo di quella attuale, sembra che le manchi un nemico comune in Europa. Ammette Sigmar Gabriel che nel passato la socialdemocrazia ha commesso degli errori. «Abbiamo corretto delle valutazioni sbagliate e abbiamo ora un nuovo orientamento. In passato ci siamo orientati troppo verso i teologi del neoliberalismo. Per trent’anni il dogma neoliberale è rimasto valido in Europa e nel mondo», dice il leader dell’Spd riferendosi alla terza via di Blair e al Neue Mitte di Schröder. Oggi la sinistra vuole «mercati conformi alla democrazia» e non una «democrazia conforme ai mercati», come chiede invece Merkel. Un risultato positivo dei socialisti in Francia sarebbe certo la spinta decisiva per una vittoria dell’Spd in Germania che, grazie alla forte caduta dei liberali, soci di minoranza di Merkel, ha la doppia possibilità di entrare in una coalizione di governo alle prossime elezioni: accompagnata dai Verdi o in una Grossekoalition al fianco di Merkel. Nel secondo caso però, non potrebbe certo parlare di «vittoria».
Da questo punto di vista, le elezioni di questo fine settimana nello stato federato della Saarland sono state illuminanti: vittoria della Cdu di Merkel con il 35,2 per cento dei voti (più del previsto) che dovrà governare in coalizione con l’Spd al 30,6%. Terza forza si è confermata Die Linke che ha ottenuto il 16,1%, perdendo però addirittura il 5,2 per cento nel confronto con il 2009. I liberali restano fuori dal parlamento, con solo l’1,2% dei voti, mentre entrano i Verdi con il cinque per cento e a sorpresa i pirati con il 7,2 per cento. Una situazione simile (tranne che per Die Linke) potrebbe riprodursi alle elezioni federali. Ma da quì al 2013 ci sono ancora le elezioni in Schleswig Holstein e in Renania-Westfalia, lo stato più popolato, in cui una vittoria dell’Spd e i Verdi sembra assicurata.