A Copenhagen si investe in piste ciclabili, in Italia si viene investiti

A Copenhagen si investe in piste ciclabili, in Italia si viene investiti

Le due ruote uccidono. No, non quelle della moto, ma della bici. A Roma, in queste ore, i Fori Imperiali sono stati invasi da decine di migliaia di ciclisti che allo slogan “Veni, vidi, bici” si sono ritrovati insieme – in contemporanea con Londra, dove è in corso una simile manifestazione – per sensibilizzare politica e opinione pubblica al tema della sicurezza stradale per gli amanti del pedale. I numeri delle morti legate a incidenti che coinvolgono gli amanti della bicicletta, elaborati dall’Associazione amici e sostenitori della Polizia Stradale (Asaps) su dati Istat, sono sconvolgenti: 1.514 morti tra il 2005 e il 2010, oltre a 70.840 feriti. Ovvero 303 morti e 14.168 feriti l’anno.

Numeri che fanno tremare i polsi soprattutto alla luce della popolarità del velocipede, mezzo utilizzato da un italiano su cinque almeno una volta la settimana, stando ai dati della Federazione italiana amici della bicicletta, onlus che raggruppa un centinaio di associazioni locali sparse su tutto lo Stivale. Per l’Asaps, è stato il 2007: 352 decessi, poco meno di uno al giorno. Seguono il 2003 con 329 e il 2005 con 317. Cifra che scende nel 2008 a quota 288, risale nel 2009 con 294 per poi, fortunatamente, scendere ancora nel 2010, con 263. 

Alcuni episodi di cronaca sono impressi nella memoria di chiunque si metta in sella ogni giorno per andare al lavoro o semplicemente per sgranchirsi un po’. Dagli otto cicloturisti falciati da una Mercedes il 6 dicembre 2010 all’assurda scomparsa – lo scorso novembre – di Giacomo, 12enne travolto da un tram, in via Solari a Milano, dopo aver perso l’equilibrio in seguito alla sportellata di un automobilista. Episodio sul quale la Procura di Milano ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo.

Il dibattito sui diritti dei ciclisti, nel quale s’inserisce il recente via libera, nel nuovo Codice di sicurezza stradale, della marcia contromano nelle strade a senso unico, coinvolge tutta Europa. A Londra, lo scorso febbraio, il ministro dei Trasporti Norman Baker – sottoscrivendo una campagna in otto punti promossa da The Times, promotore anche dell’iniziativa odierna – si è impegnato a portare alla Camera Bassa il progetto di assegnare ad ogni città britannica un commissario specializzato nella sicurezza e nelle politiche di sostegno ai ciclisti. In Usa, invece, il tema non è ancora molto sentito, come dimostrano le proteste di alcuni residenti di Prospect Park, nei pressi di Park Slope, area verde vicino a Brooklyn, che non hanno gradito la costruzione di una nuova pista ciclabile, presentando al sindaco Bloomberg, come racconta con incredulità il New York Times, un esposto per rimuoverla.

Un dato che non lascia adito ad alcun dubbio lo fornisce la European cyclists federation, associazione comunitaria che riunisce una quarantina di federazioni nazionali di cicloamatori in tutto il mondo, Canada e Usa inclusi: su 154 km pedalati in media l’anno dagli italiani, ci sono ben 42 incidenti. Peggio di noi soltanto Spagna, Inghilterra, Francia e Austria. Prevedibilmente lontanissimi i Paesi nordici: ogni olandese percorre mediamente 848 km l’anno con 15 incidenti, mentre i danesi pedalano 936 km l’anno con soli 12 incidenti.

Incidenti per km “pedalato” in Europa

La federazione europea dei ciclisti lamenta inoltre la possibile cancellazione, nella finanziaria 2014-2020, dei 32 miliardi di euro stanziati per la viabilità, già peraltro ridotti del 50% rispetto al piano 2007-2013, e in uno studio dello scorso dicembre dimostra numeri alla mano che, se i livelli di utilizzo delle biciclette nei 27 paesi della Ue fossero equivalenti a quelli registrati in Danimarca (2,6 km pedalati al giorno), si otterrebbe una riduzione delle emissioni di Co2 comprese tra il 12 e il 26% entro il 2050. Un obiettivo ambizioso.

Il modello danese, però, non è a costo zero. La capitale Copenhagen, ad esempio, si è prefissata di diventare la città più confortevole per i ciclisti del mondo entro il 2015, attraverso lo sviluppo di nuove piste ciclabili – che già oggi si snodano per oltre 350 km – con investimenti pari a 27 milioni di euro tra il 2006 e il 2010. Come emerge leggendo i progetti di Copenhagen, i danesi vanno piuttosto orgogliosi di questo primato. Davvero in Italia è impossibile?

Twitter: @antoniovanuzzo