Secondo il dizionario italiano lo «scroccone» sarebbe quel tipo simpatico che «ha l’abitudine di far pagare sempre gli altri o di ottenere qualcosa gratis». Rientra il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, in questa categoria? Perché, caro governatore, lei deve almeno offrirci – deve offrire cioè a noi poveri lombardi – un’onorevole via d’uscita. Ce la deve proprio. Un po’ come nelle storie d’amore: per il disincanto, è utile, diremmo indispensabile, farsene una ragione. Noi l’abbiamo anche ascoltata, quella storia lì, un po’ raccogliticcia a dir la verità, del Giglio che è in Lei, del pulito come acqua di fonte e poi tutte le altre cose super belle che ha detto (e pensato) di sé. Ma insomma. Visto che non siamo proprio alice nel paese delle meraviglie, e neppure abbiamo l’attitudine alla pirlaggine spinta, ci piacerebbe capire se almeno possiamo considerarla un tipo un po’ spericolato. Ci dica lei, possiamo?
Uno a cui piace fare la bella vita quando pagano gli altri, uno a cui piace frequentare bei ristoranti, magari anche stellati, dove gli chef si sono fatti un mazzo così per arrivare dove sono arrivati, e lei magari gli mangia nel piatto quella roba lì senza neppure immaginare la fatica che c’è dietro. Uno che svacanzeggia nei posti più belli del mondo e non ricorda dove è stato, parliamo di Anguilla, St. Barth e roba del genere, mica Pescasseroli. Uno che poi, quando gli dicono che qualcuno ha pagato per lui, imbastisce quel bricolage collettivo secondo cui c’è il tipo che anticipa i soldi del viaggio per tutti e un altro (lei?) che invece compra le cartoline-ricordo da mandare in Italia. E poi alla fine «si fa il conguaglio». Uno che, visto che è semplicemente il Presidente della Regione Lombardia, oppone alla stampa che lo incalza il suo disordine personale: le ricevute le ho buttate, del resto erano questioni personali che non riguardavano la Regione.
Tu chiamale, se vuoi, vacanze di gruppo. Il Giglio che è in Lei ci rammenta spesso che qui di penale non c’è nulla. È un aspetto importante, molto importante, che non sottovalutiamo. Ne saremmo quasi fieri per Lei, se non fosse che la politica – almeno quella che abbiamo studiato (e molto amato) sui sacri testi – di giudiziario ha sempre avuto poco o niente. I destini degli uomini politici non venivano decisi dai delitti e dalle pene ma, eventualmente e quando magari capitava, dagli «scandali». Solo questi maledetti tempi moderni hanno imbastardito il tutto, mettendo al centro del mondo – flagello dei flagelli – l’avviso di garanzia. Un provvedimento che nell’intento del legislatore era, appunto, a garanzia della persona su cui s’erano aperte le indagini. A noi non piace l’idea che debba arrivare «l’avviso» per spazzarla via. No.
A noi piace ancora pensare che i comportamenti privati, e non le carte di un magistrato, possano decidere del destino delle persone che hanno un ruolo politico, soprattutto se virano al molto discutibile. E i suoi atti privati, caro Governatore, dispiace dirlo, ma virano al «moltissimo discutibile».
Altra questione non marginalissima, la scelta degli amici. Il Giglio che è in Lei ci racconta che anche Gesù ha sbagliato nel scegliersi qualche compagnia e così difenderebbe il titolo a circondarsi di tipetti poco raccomandabili. Ma con tutto il rispetto, caro Governatore, qui ci interessa assai poco dell’Altissimo e molto invece del bassissimo che le vediamo intorno. Con grave ritardo sulla tabella di marcia dei sentimenti, ha riconosciuto in Simone un suo caro amico da quarant’anni. Ci sono volute una letterina affettuosa, a Lei rivolta, e un paio di interviste (molto poco eleganti) della moglie perché Lei se ne ricordasse.
Nella risposta che ha affidato a Tempi online, ci chiede anche di non fermarci al narcisismo, ai colori improbabili delle giacche, insomma all’eccedente rispetto alla concretezza dei fatti. Chiediamo anche a Lei di non abusare del nostro pur modesto senso delle cose: le sembra possibile ridurre tutto quello che sta capitando a una questione di giacche sgargianti o di camicie a fiori?
Caro Governatore, la parola le spiacerà ma va pronunciata: etica. Anzi, con la maiuscola: Etica. È quell’insieme di eleganza (interiore) e di principi che formano una coscienza. E se di un uomo pubblico, una coscienza che deve rispondere ai cittadini. Si faccia un esamino di coscienza, può essere che anche il Giglio che è in Lei provi un po’ di imbarazzo.