No, non è vero che su Italo, il treno ad alta velocità lanciato da Luca Cordero di Montezemolo non si possa cambiare classe «sebbene – dice Ntv la società che lo gestisce – le regole di una buona condotta, del rispetto per gli altri passeggeri e della doverosa tutela della privacy, suggeriscano che ogni passeggero viaggi nell’ambiente assegnato». Una toppa, viene da dire, che è peggio del buco.
A sollevare il tema era stato il Codacons. «Dalla classe Smart – ha racconta il presidente Carlo Rienzi- abbiamo provato a visitare gli altri ambienti del treno, ma un addetto ci ha sbarrato la strada spiegandoci che chi viaggia in classe economica non può accedere alle carrozze riservate ai possessori di biglietti Prima e Club, e che avremmo potuto osservarle dall’esterno attraverso i finestrini una volta scesi in stazione». Una «discriminazione», dice Rienzi, che potrebbe ripercuotersi sulla sicurezza del convoglio: «in caso di incendio su una carrozza Smart, infatti, come faranno i passeggeri a mettersi in salvo se non possono accedere alle altre aree del treno?». E la sicurezza è importante, importantissima. Ma non è qui il punto.
Piuttosto colpisce il messaggio politico. Quel «ogni passeggero viaggi nell’ambiente assegnato» non solo lo avvicina alle peggiori pratiche di Trenitalia già biasimate in passato (ricordate la quarta classe, quella per i più poveri, pubblicizzata con un’immagine di una famiglia di immigrati poi ritirata?) ma oltretutto, per uno che coccola da anni l’idea di entrare in politica, ha un significato tetro. In un paese dove il figlio del povero resta povero, dove il salario del padre è più determinante per il futuro del figlio che in molti altri paesi Ocse, dove l’ingiustizia sociale è la norma, dove l’ascensore è rotto, bloccato, fermo, in questo paese insomma di tutto c’è bisogno tranne che di una norma che dica: «ogni passeggero viaggi nell’ambiente assegnato».
Quello che anche una parte della sinistra europea riconobbe alla Thatcher è che con le sue riforme era venuta meno quella divisione in classi per cui, per usare le parole del sociologo Tom Marshall e restare in ambito ferroviario, «se nasci con un biglietto di terza classe dovrai restare in quella classe tutta la vita». In un paese come l’Inghilterra dove, appena apri bocca, col tuo accento, stai facendo una dichiarazione dei redditi, stai dicendo a quale ceto appartieni, ma dove ora anche i figli delle classi basse hanno accesso a un futuro. La speranza è quella di Rienzi sia stata solo una brutta esperienza e che, la prossima volta, la smentita sia più efficace. Oppure ci dica Montezemolo: l’Italia che ha in mente è quella di Italo o il classismo resterà solo una categoria ferroviaria?
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