Crisi e Imu, i rischi dell’immobiliare sui conti delle banche

Crisi e Imu, i rischi dell’immobiliare sui conti delle banche

Roma non è Madrid, ma anche per gli istituti di credito italiani l’esposizione immobiliare è un problema. Anzi, è un segreto da custodire gelosamente. Da un lato la rivalutazione catastale sulla base della quale sarà calcolato l’imponibile Imu, e dall’altro la crescente difficoltà delle famiglie italiane a pagare le rate del mutuo avranno un impatto non secondario sui bilanci delle banche. Che potrebbero svalutare i loro portafogli immobiliari. Recentemente il Censis ha lanciato l’allarme: il direttore Giuseppe Roma ha affermato senza mezzi termini di aspettarsi un calo dei prezzi del 20 per cento, suscitando critiche unanimi. Al di là del quantum, il calo dell’immobiliare nel 2012 è un dato condiviso da esperti e operatori del settore.

Secondo l’ultima indagine dell’Ance, l’associazione dei costruttori prevede un ridimensionamento dei livelli produttivi del 4% rispetto all’anno scorso. Nel quinquennio 2008-2012 il calo è stato del 24,1% in termini reali per l’edilizia residenziale, e del 23,3% per quella non residenziale, mentre la nuova edilizia abitativa in cinque anni ha perso il 40,4% del volume di investimenti. Alla scarsa richiesta, denotata dal crollo dei permessi per costruire – meno 47,5% tra 2009 e 2012 – si aggiunge la contrazione dei prezzi evidenziata dall’ultimo sondaggio congiunturale sul mercato delle abitazioni condotto da Bankitalia: «Nel quarto trimestre del 2011 si sono acuiti i segnali di debolezza del mercato immobiliare: a fronte di un aumento degli incarichi a vendere, nelle valutazioni degli agenti si sono allungati i tempi di vendita e ridotti i prezzi di mercato» recita una nota di Palazzo Koch, secondo cui: «È proseguito il peggioramento delle aspettative a breve sulle condizioni del mercato di riferimento degli agenti e di quello nazionale; per quest’ultimo, si è accentuato il pessimismo anche sulle prospettive di medio periodo».

Finché il credito non è classificato come “sofferenza, cioè fino a quando il costruttore continua a pagare il finanziamento o la famiglia le rate del mutuo, la banca considera la posizione sottostante in bonis anche se il valore dell’immobile scende rispetto alla perizia condotta per stimare la garanzia ipotecaria, che di conseguenza ne copre una percentuale inferiore. Il ragionamento non vale per i fondi immobiliari: ogni sei mesi un consulente indipendente certifica il valore di mercato degli immobili che li compongono. Un gestore estero che opera a Milano confida a Linkiesta di attendersi un sostanziale rallentamento nell’edilizia residenziale, e un allungamento dei tempi delle compravendite con un conseguente incremento degli oneri finanziari, ma non una vera e propria debacle. 

I primi dati tangibili sugli effetti della fine della deroga italiana sui crediti sconfinati – che ora dovranno essere comunicati dalle banche dopo 90 giorni invece che 180 – si avranno a maggio con i conti del primo trimestre 2012. Tuttavia, se gli immobili a garanzia dei prestiti concessi agli imprenditori dovessero perdere di valore, gli istituti potrebbero innalzare i requisiti di copertura, o chiedere nuove garanzie. Una scusa per erogare credito con il contagocce, nonostante la liquidità a buon mercato prelevata dalla Bce nelle due aste di dicembre e febbraio scorso. 

«Le famiglie italiane proprietarie di un immobile sono 19,5 milioni, di cui l’80% direttamente e un altro 20% in varie forme come usufrutto o nuda proprietà, per 24 milioni di abitazioni a uso prima casa e altri 5 milioni di seconde case», spiega Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, che denuncia: «La rivalutazione al 60% delle rendite castatali è acritica e piena di iniquità fiscali, perché incide sia sulle rendite che risalgono al ’39 sia su quelle dell’altroieri, che già scontano i nuovi coefficienti».

Se la domanda è asfittica, i prezzi si abbassano, riducendo il rapporto tra valore dell’immobile e mutuo erogato, e incrementando gli accantonamenti delle banche a copertura dell’investimento. «Le sofferenze sul totale dei mutui in Italia sono a un livello molto basso, intorno al 3%, rispetto ad altri Paesi come gli Usa dove pesano sul 15% del totale» nota Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. Per Breglia, «Dal momento della sottoscrizione del mutuo a quando viene iscritto a bilancio dalla banca come sofferenza i tempi sono lunghi, oggi le sofferenze si riferiscono a posizioni aperte nel 2007-2008. Le sofferenze legate al settore edilizio rappresentano il 25% del totale». Una percentuale destinata inevitabilmente a crescere.  

Twitter: @antoniovanuzzo

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