Sei mesi dopo l’uscita da Mediobanca, Diego Della Valle se ne va anche dal patto di sindacato di Rcs. Lo scorso ottobre, svincolando lo 0,48% del capitale di Piazzetta Cuccia, l’imprenditore marchigiano aveva spiegato: «È un’ottima azienda e quindi si preferisce poter valutare senza restrizioni possibili futuri investimenti nella medesima». «Il comportamento maldestro e pretestuoso di alcuni dei suoi membri in questi ultimi giorni mi ha spinto con determinazione a richiedere di liberare il mio pacchetto azionario da ogni vincolo» ha fatto sapere ieri il numero uno di Tod’s attraverso un comunicato stampa. Cambia la forma, non la sostanza: via dal salotto buono in virtù di “possibili investimenti futuri”. Molti osservatori, peraltro, hanno visto nel redde rationem con il presidente di Mediobanca Renato Pagliaro e quello di Fiat, John Elkann – definiti «Due dilettanti allo sbaraglio: un impiegato e un ragazzino» in un’intervista pubblicata oggi su La Repubblica – un prodromo alla scalata da tempo agognata. Già nel gennaio 2011 Della Valle aveva espresso una certa insofferenza nei confronti del salotto buono, scagliandosi contro «Qualche arzillo vecchietto unto dal signore che bazzica nei nostri consigli e che pensa che la Rizzoli non sia un’azienda che vada gestita come tutte le altre».
«La battaglia continua e continua con le mani libere», ha affermato oggi, osservando poi: «La mia quota salirà? Posso dire che vado avanti: da persona che dove va compra, continuerò la mia strada». Perché, dunque, l’imprenditore non lancia un’Opa? E quanto gli costerebbe? Come già accaduto nel 2005 con Stefano Ricucci, se Mr. Tod’s andasse alla guerra, il patto di sindacato sarebbe chiamato a risponderne formalmente, oltre ad esserne responsabile nei confronti dei piccoli azionisti. Della Valle è entrato in Rcs nel lontano 2003 con soldi propri, quando il titolo quotava più di due euro. Oggi le azioni passano di mano a circa 72 centesimi di euro (+15% intraday). I conti di Rcs Mediagroup non hanno brillato nel 2011: il gruppo ha chiuso il 2011 con una perdita netta di 322 milioni di euro dopo svalutazioni per poco meno di 350 milioni di euro, ricavi complessivi a 2,7 miliardi di euro (-2,7% sul 2010), ricavi pubblicitari a quota 730,1 milioni (-3,8% a/a) e, infine, un indebitamento netto pari a 938,2 milioni di euro. Gli azionisti, come del resto è avvenuto negli ultimi anni, non riceveranno alcuna soddisfazione in termini di dividendi.
I bilanci della Dorint, la cassaforte dove Della Valle detiene la partecipazione del 5,4% in Rcs, ora libera, non sono pubblici, quindi non è possibile risalire al valore di mercato della quota, che negli ultimi anni è sempre stata svalutata. Ipotizzando un (abbondante)premio del 60% rispetto all’attuale quotazione, quindi un valore di 1,2 euro, quanto dovrebbe sborsare Mr. Tod’s per portarsi a casa il Corriere?
Oggi la capitalizzazione si attesta a poco meno di 456 milioni di euro, mentre il capitale sociale è suddiviso in 732.669.457 azioni ordinarie e altri 30 milioni circa di azioni di risparmio. Fino a ieri il patto di sindacato vincolava 465.540.351 di azioni, pari al 63,540% del capitale sociale, percentuale che si abbassa al 58,1% dopo l’addio a Della Valle, che detiene il 5,403% pari a 39.583.284 azioni. Volendo dunque salire al 30% di via Solferino a un prezzo di 1,2 euro per azione, Della Valle dovrebbe sborsare 263,7 milioni di euro. Un impegno finanziario di poco superiore al margine operativo lordo di Tod’s, il gruppo di famiglia che ha archiviato il 2011 con ricavi pari a 893 milioni di euro (+13,5% nel 2010) e, per l’appunto, un margine lordo di 232,4 milioni (+20,4% sul 2010).
Se Mr Tod’s accusa Mediobanca, Fiat e Intesa di non guardare al mercato, perché allora non fare ancora un passo proprio in direzione del mercato e provare a portarsi a casa il Corriere della Sera? Lo ha detto oggi lo stesso Della Valle: «Resto convinto che Rcs ben gestita sarebbe davvero una bella azienda». Ci provi.
Twitter: @antoniovanuzzo