Fiat lancia una berlina in Cina e Cassino rischia la chiusura

Fiat lancia una berlina in Cina e Cassino rischia la chiusura

Fiat Group Automobiles ha annunciato l’avvio entro l’estate della produzione della Viaggio, una berlina destinata al mercato cinese e fabbricata nel nuovo stabilimento di Changsha. La vettura è frutto degli accordi che hanno portato alla joint venture tra il gruppo Fiat e l’industria automobilistica locale Guangzhou. La nuova vettura, che sarà prodotta inizialmente a un ritmo di 150mila esemplari l’anno per poi passare (nel caso) a 250mila, è derivata dalla Dodge Dart (la Dodge è un marchio di Chrysler), che a sua volta deriva dal pianale, allungato di qualche centimetro, dell’Alfa Romeo Giulietta, fabbricata oggi nello stabilimento di Piedimonte San Germano-Cassino.

La Viaggio dovrebbe permettere a Fiat di recuperare in Cina il tempo perduto in passato durante la gestione pre-Marchionne, epoca in cui Fiat ha subito nel Paese asiatico una serie di intoppi, tra cui la scelta, nel 1999, di un partner industriale locale (Nanjing) rivelatosi non adeguato. Questa e altre difficoltà, comprese quelle derivanti dalla necessità di un non facile risanamento dei conti e dalla gestione del matrimonio con Chrysler, hanno impedito a Fiat di fronteggiare la concorrenza di altre case europee e americane sbarcate prima, e in forze, sull’immenso mercato cinese.

Le attività di Fiat-Chrysler sono state per anni inchiodate a livello zero o quasi, ma ora si vede finalmente un po’ di luce. Presto si saprà se la nuova Viaggio, che sarà in vendita dal prossimo agosto, riuscirà a conquistare la clientela cinese. Ma proprio l’esordio in Cina della nuova berlina potrebbe diventare un problema per lo stabilimento di Cassino e per chi vi lavora. Tra poco si vedrà perché, ma prima occorre una premessa.

A Cassino si producono ora, oltre alla Giulietta, anche la Fiat Bravo e la Lancia Delta, due modelli che però risentono ormai del peso degli anni. Le vendite di tutti e tre i modelli non sono sufficienti a saturare la capacità produttiva dello stabilimento e ancora meno lo saranno in futuro a causa del naturale declino di Bravo e Delta. Da tempo si vocifera di un’erede della Bravo, riguardo alla quale, però, i programmi di Marchionne restano poco chiari. Recentemente s’è diffusa la voce di un ulteriore rinvio della vettura. Nessuno, tra l’altro, ha capito bene che tipo di auto sarà. Le frange più combattive dei sindacati dei metalmeccanici lamentano da tempo la mancanza di un piano industriale chiaro per lo stabilimento laziale.

Si parla anche di una Giulietta Sport Wagon, cioè in versione giardinetta, che potrebbe colmare, però con un modello più piccolo, il buco lasciato dall’uscita di produzione dell’Alfa Romeo 159 Sport Wagon, pensionata lo scorso ottobre. Tuttavia, anche con questa nuova proposta è dubbio che la produzione complessiva di Cassino, oggi pari a circa un terzo di quella potenziale, si riporterebbe su livelli soddisfacenti.

Insomma, per sopravvivere, a Cassino serve assolutamente un modello nuovo di successo, vendibile in buon numero e che, abbinato alla Giulietta nelle sue eventuali declinazioni, consenta alle catene di montaggio di produrre un quantitativo di vetture il più vicino possibile al livello ottimale, che si colloca tra le 250mila e le 300mila auto l’anno. Ma attenzione: proprio l’arrivo della Fiat Viaggio cinese potrebbe essere l’apripista di un radicale cambiamento dei piani di Sergio Marchionne su Cassino, che l’interessato del resto non ha finora dettagliato. Per esempio, una versione europea della Viaggio, fabbricata sempre a Changsha, potrebbe benissimo sostituire l’attuale Bravo ormai quasi pronta per abbandonare il mercato. Ma se così fosse, sfumerebbe l’ipotesi del secondo modello per Cassino, il cui futuro, a questo punto, diverrebbe quanto mai oscuro.

È appena il caso di ricordare che fabbricare in Cina un’eventuale versione europea della Viaggio costerebbe certamente meno che produrla in uno stabilimento italiano realizzando un’altra catena di montaggio. Ovviamente, sulla prima ipotesi peserebbero anche i costi per il trasporto dalla Cina ai mercati del vecchio continente, ma anche così, dal punto di vista economico l’operazione potrebbe avere un senso. Del resto Fiat, come altri costruttori, non è nuova all’idea di produrre le sue auto in stabilimenti lontanissimi dai Paesi in cui verranno poi vendute: accade oggi per le Lancia Thema, Flavia e Voyager, modelli prodotti negli stabilimenti nordamericani i cui prezzi di vendita sostenuti possono ammortizzare il costo del trasporto in Europa, ma è accaduto anche in passato per vetture assai meno pretenziose come alcune versioni della Fiat Uno fabbricate in Brasile, peraltro economicissime nel prezzo d’acquisto.

Comunque sia, l’ipotesi di un erede della Bravo fabbricata non a Cassino, ma in Cina, rimbalza da qualche settimana sui siti internet, automobilistici e non, in ogni parte del mondo. Australia compresa, dove Fiat ha assunto da pochi giorni l’attività di distribuzione delle sue vetture (e anche di quelle a marchio Chrysler) prima affidata a un distributore locale. Clyde Campbell, responsabile del gruppo in Australia, alla domanda se il gruppo Fiat intendesse anche importare vetture con marchio Lancia ha recentemente dichiarato che «l’azienda ha cominciato a pensarci». Un’affermazione che potrebbe anche essere interpretata come una conferma indiretta che presto potremmo vedere le Lancia Ypsilon circolare nella terra dei canguri. Ma se è così, nulla vieta di pensare che anche per la Viaggio cinese si prospetti un possibile futuro australiano, magari con lo scudetto Lancia o forse con il biscione dell’Alfa Romeo.

Insomma, si conferma sempre di più, se mai ce ne fosse bisogno, che l’anima Fiat-Chrysler è quella di un gruppo totalmente internazionalizzato che produce veicoli dove gli conviene e li vende dove ci sono opportunità, declinandoli a piacimento in base ai mercati e “targandoli” attingendo alla vasta panoplia di marchi dei quali dispone, indipendentemente da dove vengono prodotti. In questa visione, non c’è nulla che costringa Marchionne a far produrre il modello post-Bravo a Cassino piuttosto che altrove e a venderlo ovunque dopo aver collocato sul cofano il logo Fiat, Lancia, Dodge o altro.

All’indomani del piano d’investimenti per circa 800 milioni di euro che a Pomigliano d’Arco ha dato il via alla produzione della nuova Panda, Marchionne ha dichiarato apertamente che la decisione di produrla in un sito italiano non era esattamente quella più razionale dal punto di vista economico. Insomma, si è trattato di una specie di atto di fiducia (qualcuno lo chiama addirittura “regalo”) nei confronti dell’Italia, il Paese dove in fin dei conti Fiat è nata. Ma non è assolutamente certo che Marchionne intenda replicare l’atto di fiducia (o il “regalo”) affidando a Cassino anche la produzione dell’erede della Bravo.

In ogni caso a Cassino, una città che conta circa 36mila residenti, sono giustamente preoccupati: nello stabilimento Fiat lavorano circa 4.400 persone e si calcola che nella zona l’indotto auto valga altri 12mila posti di lavoro. Se l’unità produttiva Fiat dovesse chiudere, sarebbe un dramma per la città e per l’intera economia della zona. La cadenza produttiva dello stabilimento è oggi di circa 90mila vetture l’anno, cioè un livello totalmente antieconomico per Fiat, se non ci fossero gli ammortizzatori sociali ai quali attingere. Una delle quattro catene di montaggio è attualmente ferma in attesa del famoso nuovo modello e delle decisioni di Marchionne. Nel frattempo, la cassa integrazione imperversa, e non solo a causa dello sciopero delle bisarche che ha quasi paralizzato il mercato per oltre un mese: ora l’agitazione è terminata, ma la “cassa” è già stata confermata anche per maggio, mentre una parte delle maestranze, colletti bianchi compresi, l’ha evitata da tempo accettando un trasferimento in Serbia dove, nel nuovo stabilimento di Kragujevac, si produrrà la nuovissima Fiat 500L.

Linkiesta ha chiesto all’uffico stampa Fiat lumi riguardo all’ipotesi di una Viaggio europeizzata costruita in Cina per i nostri mercati, cosa che, a meno di trovare un altro modello sostitutivo, metterebbe fuori gioco Cassino, dove attendono “qualcosa” da costruire come la manna dal cielo. Dal Lingotto, com’era logico aspettarsi, hanno glissato sull’argomento. O meglio, è arrivato l’invito a non prestare orecchio alle ipotesi fantascientifiche: «Ci sembra prematuro parlare di una Viaggio europea mentre ancora dobbiamo presentare ufficialmente la versione da vendere in Cina», hanno dichiarato.

Prematuro sì, ma forse l’ipotesi che viene sussurrato insistentemente da un capo all’altro del mondo non è del tutto infondata. Del resto, Marchionne ha dimostrato di essere assolutamente determinato nel tagliare la produzione di auto in Italia, che ormai è targata quasi interamente Fiat, se ciò dovesse rivelarsi necessario per gli interessi del Lingotto. Nel 2003, ultimo anno dell’era Fiat pre-Marchionne, dagli stabilimenti italiani uscirono 1.026.500 vetture. Nel 2011 ne sono uscite 485.606: -52,7%.
 

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