BERLINO – Tre anni fa, nel quartiere orientale di Adlershof, a metà strada tra Berlino e l’aeroporto di Schoenefeld, l’imponente edificio di vetro di Solon, azienda leader nel fotovoltaico, sembrava essere un sinonimo del futuro dell’Est della Germania e dell’intero settore dell’energia pulita. All’interno, grandi spazi aperti, ascensori trasparenti, piante rampicanti che si appoggiavano da un piano all’altro. Ampi loft di lavoro con cucine comuni a vista e un design curato nel dettaglio erano abitati da dipendenti per lo più giovani tra cui prevaleva un’atmosfera informale. Per i non addetti ai lavori, era impossibile immaginare allora che la bancarotta fosse vicina.
Oggi tutto è cambiato. I tagli nel settore del fotovoltaico, così come l’imbattibile concorrenza cinese, hanno innescato una catena di fallimenti che sta inesorabilmente trascinando con sé, uno dopo l’altro, i giganti del fotovoltaico. Prima ancora di Solon era fallita Solar Millenium. Dopo è toccato a Solarhybrid. Oggi è il giorno in cui Q-Cells, azienda di Bitterfeld-Wolfen, nello stato orientale di Sassonia-Anhalt, finisce davanti ai tribunali fallimentari. A farne le spese, sono soprattutto i Länder dell’Est, che sull’energia solare avevano puntato per la loro rinascita. Con Q-Cells se ne vanno 2mila posti di lavoro in una zona economicamente già depressa.
Già lo scorso mese di novembre, in uno studio della banca svizzera Sarsin, Q-Cells era data per spacciata. L’azienda era finita in «una spirale di eccesso di capacità produttiva, caduta dei prezzi e pressioni esterne». Fattori che, secondo lo studio, preannunciavano l’insolvenza. Ora gli esperti credono che l’analisi si possa applicare anche ad altri nel settore. Un produttore di pannelli solari di Oldenburg, Aleo Solar, ha iscritto a bilancio dall’anno scorso numeri in rosso e anche per quest’anno le previsioni sono negative. Il fornitore sassone Roth und Rau ha quadruplicato le sue perdite e la tendenza è confermata per il 2012… E così via.
A peggiorare la situazione è arrivato venerdì sera il voto del Parlamento. Nonostante le pressioni del settore, dell’opposizione di verdi, socialdemocratici e dell’opinione pubblica, che apprezza l’energia solare, la maggioranza di governo ha raccolto i voti sufficienti per anticipare di alcuni mesi e aumentare i tagli alle sovvenzioni che erano già stati preannunciati nel 2010. Le forbici del governo non risparmiano nessuno nella catena del solare: le riduzioni vanno dal 20% per i piccoli utenti al 40 per i grandi impianti.
Il settore ha reagito con indignazione, gridando al complotto. Proprio l’anno scorso, Angela Merkel, con uno spettacolare colpo di timone dopo la catastrofe di Fukushima, aveva deciso l’abbandono progressivo dell’energia atomica con l’intenzione di arrivare in tempi «brevi» a una sostituzione con le energie rinnovabili. Questo processo viene chiamato con una sola parola «Energiewende», svolta energetica. «Nel contesto del cambio energetico è per noi una sorpresa enorme che esattamente in questo momento vengano fatti tagli. L’energia solare è fondamentale in questo processo», spiega Carsten Körnig, presidente dell’associazione tedesca dell’energia solare, in un’intervista con alcuni giornalisti della stampa estera. «La Germania ha giocato nel passato un ruolo di pioniere nell’ambito del mercato del fotovoltaico, anche grazie a un’intelligente politica di finanziamenti», insiste. «Il mercato tedesco costituisce quasi un terzo del mercato mondiale. Questo significa che non solo per le aziende che hanno la loro sede in Germania, ma anche per quelle che esportano verso la Germania, il nostro mercato occupa un ruolo decisivo».
Nel programma di riequilibrio del mix energetico che fa seguito all’Energiewende, alle rinnovabili spetterebbe il compito di assorbire gran parte del 18% di approvvigionamento finora garantito dall’atomo. Attualmente, la quota ricoperta dal rinnovabile tocca il 20%, in queste proporzioni: 8% eolico, 6% biomasse, 3% fotovoltaico, 3% idroelettrico. Perché proprio adesso? Secondo Körnig non è un caso. «Le quattro grandi tedesche dell’energia, RWE, W.On, Vattenfal e EnBW hanno sempre avuto il monopolio. Questa non sarebbe più la prospettiva con il cambio energetico e loro non hanno un “’piano b’ o se ce l’anno è a livello non è comunque nell’ambito del solare», un mercato che si è sviluppato ai margini di questo monopolio. «Le ragioni dei tagli risiedono in una lotta dietro le quinte per la divisione dei segmenti del mercato», insiste.
Negli ambienti di governo, vedono le cose diversamente e insistono che è giunto il momento che il settore si «regga sulle proprie gambe», in parole di Stefan Kapferer, segretario di stato liberale del ministero dell’Economia e Tecnologia. Kapferer spiega che gli stessi incentivi hanno provocato anche una sorta di bolla fotovoltaica che ha spiazzato un po’ tutti i sistemi di incentivazione europei. La concorrenza dei cinesi ha causato il crollo del prezzo di pannelli, la produzione di energia è aumentata senza precedenti e il divario tra costi reali dei sistemi e kilowattora fotovoltaico sovvenzionato si è allargato enormemente. I 7,5 gigawatt prodotti in Germania nel 2011, sono stati il doppio di quanto stimato dal governo, che si aspettava una produzione massima di 3,5. Per gli impianti sui tetti, il costo di un kilowattora è arrivato fino a 24,43 centesimi di euro e il sostegno finanziario totale sfiora ora gli 8 miliardi di euro. Si tratta di un peso che si scarica sui consumatori. Si calcola che il costo per ogni famiglia e di circa 70 euro all’anno.
La decisione dei tagli è arrivata lo scorso febbraio dopo un lungo testa a testa tra il ministro di Economia Philipp Rösler, liberale propenso a tagliare ogni tipo di incentivo, e Norbert Röttgen, ministro cristiano-democratico dell’Ambiente che ammicca verso i Verdi – per quanto possibile – e difende una linea meno intransigente. Nonostante i tagli siano ufficialmente entrati in vigore dal primo aprile, dopo l’approvazione alla camera, rimane ancora la possibilità della discussione nel Bundesrat, il senato a rappresentanza regionale: nonostante per questo provvedimento non fosse necessaria l’approvazione del senato, una discussione in questa sede, come è stata richiesta da alcuni stati federati, potrebbe, nel caso di una maggioranza assoluta, forzare alcuni cambiamenti sostanziali e di fatto ridurre i tagli. La partita è ancora aperta. Una volta finita, bisognerà vedere quali sono le conseguenze per l’intero settore in Europa.