Giudichiamo Formigoni dai risultati, e non dalle sue vacanze

Giudichiamo Formigoni dai risultati, e non dalle sue vacanze

La Regione Lombardia, per tutto il suo funzionamento (compresi gli apparati amministrativi, i vertici politici e i compiti istituzionali) costa al singolo contribuente 21 euro l’anno. La media italiana dei costi di tutte le Regioni è di 109 euro l’anno. (Cioè la Regione Lombardia costa sulla spesa pubblica cinque volte di meno di tutte le altre).

Nelle loro ripetute inchieste sulla casta e gli sprechi, Rizzo e Stella hanno dimostrato che se tutte le Regioni italiane applicassero pari pari il modello lombardo quanto a numero di dipendenti e soprattutto di dirigenti, si risparmierebbe da subito circa un miliardo di euro l’anno. E le Regioni esistono da più di quarant’anni…

Sia pure a denti stretti e di fronte all’eloquenza dei numeri, nessuno riesce a negare che la Lombardia sia la regione di gran lunga più virtuosa e meglio amministrata. Merito di tutti, evidentemente, tranne che di Formigoni che ci è passato per caso.

La sanità lombarda risulta regolarmente ai primissimi posti nelle classifiche europee e mondiali per eccellenza scientifica, qualità terapeutica e livelli di assistenza. La sanità lombarda costa in proporzione al contribuente molto meno (a volte la metà) rispetto a Regioni con un servizio sanitario di qualità mediocre e di costi stratosferici. Basta vedere ad esempio il verminaio pugliese, dove il malaffare prospera e la qualità è quella che è. Anche il collega Caldarola, ci si immagina, avrà chiesto notizie in merito alle migliaia di pugliesi che ogni anno salgono in Lombardia a farsi curare. Nessuno viene respinto, tutti sono assistiti al meglio, anche se questi afflussi imprevisti complicano le medie ponderate sulle liste d’attesa e sui tempi di intervento.

Anche se “sporcata” da vicende affaristiche e corruttive, tuttavia il complesso della sanità lombarda è un gioiello di qualità e di efficienza (a costi contenuti) invidiato da molti e più evoluti Paesi stranieri. E’ il prodotto di decenni di sforzi e di gestione lungimirante nella quale hanno meritatamente concorso tutti, tranne ovviamente Formigoni in vacanza alle Antille.

Ma è mai possibile che, nell’infuriare sopra le righe della macchina mediatico-giudiziaria, si perda regolarmente di vista il giudizio completamente “laico” che in una società responsabile e matura si conferisce agli organismi di natura elettiva. E cioè che gli amministratori di un ente pubblico di tale rilevanza sono giudicati dal popolo sovrano (e quindi promossi o bocciati con il voto) in ordine al modo in cui hanno amministrato, se con intelligenza e oculatezza, senza sperperi o inefficienze.

Formigoni è certo presuntuoso e antipatico di suo, aver a che fare con i ciellini non è mai facile e spesso è davvero complicato. Il Governatore sta arrivando fisiologicamente alla fine di un lungo mandato, peraltro sempre riconfermato dalla maggioranza degli elettori. E va giudicato “laicamente” per come ha governato e per i risultati che ha raggiunto. Il surplus esagitato di bigottismo moralista che circonda le sue vacanze è la stessa ipocrisia scandalistica con cui un certo tipo di circuito mediatico-giudiziario si illude di poter cambiare il corso della politica. È una “coazione a ripetere” che dimostra come non si sia imparato nulla.

Ormai vent’anni fa chi scrive lavorava al Corriere della Sera e nella task-force di redazione che seguiva e coordinava il vasto notiziario sull’operazione Mani Pulite e l’universo generale di Tangentopoli. Da quel luogo di osservazione indubbiamente privilegiato era stato possibile seguirne tutti i risvolti poco noti, dalle miserie nascoste alle amnesie selettive e alle non infrequenti carognate (e uno come Tabacci se le ricorda bene). Ebbene allora, anche nel milieu giornalistico, si inseguiva l’illusione di avere il potere, per via comunicativa e con l’esaltazione acritica della magistratura, di indirizzare gli eventi con l’obiettivo di sostituire al governo per via traumatica un’intera classe politica con un’altra porzione della medesima classe politica.

Il risultato di tutto quell’ambaradan fu di non stroncare per nulla la corruzione (che invece si è diffusa in forma radicata e pervasiva) e invece degli “ottimati” di portar al governo il cavalier Berlusconi. E troppi elementi stanno segnalando una sciagurata appunto “coazione a ripetere”. Se infatti ricomincia nei media il balletto delle tricoteuses selettive che riinnalzano le ghigliottine e fremono di indignazione, il risultato politico sarà inevitabilmente di creare e favorire il successo di un simil-Silvio. Se è questo che vogliono le vestali ipocrite del moralismo a intermittenza, saranno davvero contente. Chi scrive invece contento proprio no.

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