La campagna elettorale prima di tutto, il Porcellum resta com’è

La campagna elettorale prima di tutto, il Porcellum resta com’è

Doveva essere l’incontro decisivo. Il vertice sulla riforma elettorale in cui i rappresentanti di Pd, Pdl e Terzo Polo avrebbero finalmente sottoscritto un testo. L’articolato da trasmettere ai partiti per avviare l’iter parlamentare. E invece la riunione di oggi tra Luciano Violante e gli altri “sherpa” della maggioranza è saltata. Rimandata a data da destinarsi. Sicuramente a dopo le amministrative (la data più probabile è il 9 maggio). Il motivo dello stop? Problemi logistici, spiegano i diretti interessati: troppi parlamentari sono già impegnati a fare campagna elettorale sul proprio territorio.

Le settimane passano e il Porcellum incombe sempre più minaccioso sulla politica italiana. Per carità, i tempi tecnici per riformare la legge elettorale ancora ci sono. Ma giorno dopo giorno il margine si restringe. A meno di clamorosi voti autunnali, le politiche del 2013 si terranno tra marzo e aprile del prossimo anno. Di conseguenza la legislatura dovrà necessariamente terminare entro la metà di febbraio. Ecco perché Camera e Senato devono approvare il nuovo sistema di voto in autunno (con un primo passaggio già entro il mese di settembre). Percorso difficile, ma non impossibile. Ammesso che nelle commissioni non si verifichino intoppi o ritardi.

L’impressione generale è che per vedere la luce, la riforma elettorale dovrebbe iniziare il suo iter parlamentare entro il mese di maggio. Più del calendario, però, contano le reali intenzioni dei tre partiti di maggioranza. Insomma, il tempo a disposizione è sufficiente, ammesso che si trovi un’intesa quasi perfetta sul testo da votare. Cosa, al momento, ancora piuttosto lontana. Tutti convinti della necessità di restituire agli elettori la scelta degli eletti, Pdl, Pd e Terzo Polo cercano ancora un accordo su collegi e premi di maggioranza. Due particolari non proprio irrilevanti.

Gli italiani rischiano di tornare al voto con il Porcellum. Anche in Parlamento ormai non lo nega più nessuno. E le preoccupazioni non nascono tanto dall’ennesimo rinvio del tavolo per la riforma, quanto dalle ultime esternazioni dei leader politici. Che da qualche giorno a questa parte hanno iniziato ad accusarsi a vicenda di voler rallentare la trattativa. Con buona pace della bozza Violante, sembra che sia già partita la corsa ad addossarsi le responsabilità della mancata riforma.

«Dopo le amministrative il Pd potrebbe avere la tentazione di andare al voto in ottobre, dove potrebbe vincere con l’attuale sistema elettorale». Il primo a lanciare un’ombra sulle reali intenzioni del Partito democratico è stato Silvio Berlusconi, che in mattinata ha incontrato alla Camera i coordinatori regionali e provinciali del suo movimento. Il Cavaliere ha ammesso che i suoi rappresentanti sono al lavoro per trovare – d’intesa con la sinistra – un accordo su una legge elettorale vicina al modello proporzionale tedesco. Tuttavia «se questo non fosse possibile, si andrà a votare con l’attuale legge per coalizioni».

Nel primo pomeriggio è il segretario Pd Pierluigi Bersani a rispondere. «Le condizioni per fare una nuova legge elettorale ci sono, perché conosco la nostra disponibilità». Eppure il rischio di un fallimento resta. «Il problema è che qualcuno (il Pdl, ndr) sta facendo un restyling del partito, spero che questo non rallenti il percorso della legge elettorale». Altro che concordia istituzionale. In tema di legge elettorale a Palazzo regna un clima di sospetto. «C’è il tentativo di sabotare la nuova legge elettorale – ha denunciato poche ore fa il leader centrista Pier Ferdinando Casini – Un tentativo trasversale, a 360 gradi. È una tentazione che va indifferentemente da destra a sinistra, di chi non si rassegna o preferisce andare alle urne con questa legge». 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter