PARIGI – «Crisi? Quale crisi? Questa è la vostra crisi, non la nostra». Jean-Luc ha 33 anni, è un funzionario pubblico francese e ha le idee chiare su cosa sta succedendo nell’eurozona. «Dopo la Grecia e il Portogallo, la crisi sta colpendo Italia e Spagna perché sono i Paesi in cui c’erano già più squilibri ben prima dell’euro, mentre l’Irlanda ha avuto solo una sofferenza finanziaria», dice sicuro. Quella di Jean-Luc è l’opinione che più si ascolta passeggiando in una Parigi impegnata nell’ultima settimana prima del voto che deciderà il prossimo inquilino dell’Eliseo.
La guerra di parole fra Nicolas Sarkozy e François Hollande infiamma la piazza più della crisi. La percezione è che questa sia lontana, come fosse solo alla periferia dell’impero. Le Galeries Lafayette e Printemps, i due principali grandi magazzini parigini, sono pieni di turisti come se la crisi non esistesse. Gli Champs-Elysees brulicano nonostante un meteo non certo invitante. E «i nostri titoli di Stato sono tranquilli, altro che i vostri», dice Veronique, giovane economista dello staff di Sarkozy. I suoi occhi verdi diventano di bragia se si prova a dire che la Francia potrebbe essere la prossima vittima della crisi dell’eurozona. «Non è affatto vero, le nostra banche sono sicure, gli investimenti sono ancora tutti dov’erano e i fondi stranieri credono ancora nella Francia», sottolinea con una punta di stizza.
Non fa paura la crisi, non fa paura l’austerity, non fa paura il collasso dell’euro. «Sono fandonie – dice Vincent, giovane ricercatore di Sciences Po – dato che basterebbe solamente che la Banca centrale europea (Bce) diventasse prestatore di ultima istanza». In altre parole, più ha capacità di intervenire direttamente tramite la stampa di moneta ex novo, più la stabilizzazione dell’eurozona sarà realtà. Gli fa eco Andrea, ricercatrice anch’essa a Sciences Po: «La Francia è un posto tranquillo, non ci sono crisi immobiliari o sistemi corrotti, ma è chiaro che noi e i tedeschi non possiamo salvare tutti». Chiaro il riferimento alla Grecia e, in seconda battuta, a Roma e Madrid. Lo spettro di un intervento per salvare Italia e Spagna è ben presente. Proprio due giorni fa France24 ha trasmesso uno speciale sulla crisi dell’eurozona in cui si parlava delle sofferenze italiane e spagnole. Eppure, i parigini non sono preoccupati. «Non credo che ci potrà essere un contagio», spiega Vincent, perché «i fondamentali francesi sono buoni e non ci saranno problemi». Come dire, nessun pericolo per Parigi.
Più tranchant, se possibile, è Gaia, giovane gioielliera di origine italiana. Lei, come tanti altri connazionali, ha deciso di vivere in Francia e non nasconde che non ha rimorsi. «In Italia tutto è allo sfacelo, basti pensare alle tempistiche che ci vogliono per creare un’impresa», ci dice. Lei si informa sui telegiornali dato che, ricorda, ogni giorno fanno il punto sulla crisi. «Tutti guardano alla Germania e alla Francia, cercando di capire quanto e come salveranno tutti», dice. In effetti, quello del salvataggio compiuto da Parigi e Berlino nei confronti dell’eurozona è uno dei leit motiv transalpini. Sui quotidiani, nelle radio, in televisione, nelle strade, si discute della crisi, ma come una sofferenza necessaria, più che come un fenomeno vicino alla popolazione.
A due passi dalla cattedrale di Notre Dame, al di là della Senna, c’è il Quartiere Latino, anima pulsante di una Parigi che sembra non dormire mai in questi giorni. Qui il mood è diverso. Gli immigrati sono tanti, soprattutto maghrebini, africani e turchi, e hanno ben più di altri timore della crisi. Tarek ha un ristorante fra i più celebri del quartiere, il suo è considerato fra i migliori kebab di Parigi e non ha scuse per l’Europa: «Hanno sbagliato tutto, dovevano annettere la Turchia e puntare sulla crescita economica, sul lavoro, altro che la finanza». Lui è convinto che «con tutti questi soldi virtuali tutti ci hanno guadagnato, forse anche io, dato che ho un lavoro e senza credito non avrei potuto iniziare, ma si è arrivati a un punto di non ritorno». E come lui, pure Mathieu, uno dei librai storici di Parigi, con la sua boutique in boulevard Saint Michel. Immerso fra tomi secolari ed edizioni a basso costo, ci dice di ricordarsi come, 30 anni fa, tutti avevano un’ideale. «Più libertà, più benessere, più gioia di vivere, meno oppressione: erano queste le cose che sognavamo. Ora invece siamo tutti schiavi della finanza e delle crisi», ci spiega. Eppure, anche lui, ricorda che «dall’euro non si può uscire» e che forse servirà «un cambio di paradigma per tutti».
Tuttavia, se l’Italia è considerata in una situazione quasi irrecuperabile, il presidente del Consiglio Mario Monti è ben visto. Come spiega Veronique, «la sua caratura europea non si discute, ma il problema è la classe dirigente italiana, corrotta e senza via d’uscita». Non giovano gli ultimi scandali nella sanità della Lombardia, una delle regioni che i francesi conoscono di più, complice una Milano legata in modo indissolubile a Parigi tramite la moda. Il pensiero, abbastanza comune, è che Roma sia come la Grecia: uno luogo di corruzione, sotterfugi, interessi particolari e intromissioni della criminalità organizzata.
A peggiorare la situazione ci ha pensato oggi il Fondo monetario internazionale (Fmi). La presentazione delle stime economiche di primavera non ha giovato né a Italia né a Spagna. «Il pareggio di bilancio non ci sarà prima del 2017, mentre nel 2012 e nel 2013 l’Italia mancherà i target di bilancio», ha detto oggi il Fmi. E non si sono fatti attendere gli sberleffi nel quartier generale dell’Ump, ora riferiti alla Coppa del mondo di calcio del 2006 ora alla Gioconda.
Solo in pochi avvertono che è possibile un deterioramento della situazione. Marc è un trader di Société Générale e conosce, forse meglio di altri, l’Italia. «Merito di una fidanzata di Roma», dice lui. E proprio Marc, che secondo l’opinione pubblica parigina fa parte della casta della finanza, quella che Hollande vuole combattere, mette in guardia sulla crisi. «Nessuno è al sicuro, la Francia spendeva, spende e spenderà troppo per tutto, e se non si fa in fretta a proteggere Roma e Madrid, ma soprattutto l’eurozona, anche lei entrerà nel calderone», spiega con un minimo di timore. «Peccato – conclude – che nessuno se ne accorga». Forse, se ne accorgeranno dopo le elezioni.