Quanto dista il Monti accademico dal Monti Presidente del Consiglio? Se la politica è per definizione l’arte del compromesso, in che modo la storia, il curriculum e gli studi del professore bocconiano ne stanno influenzando l’azione di governo? Linkiesta ha sentito alcuni economisti per capire come giudicano l’operato del loro ex collega passato lo scorso novembre alla guida di un esecutivo “tecnico”. La prima intervista è a Gustavo Piga, ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata.
Il Monti Presidente del Consiglio sta creando un intenso dibattito tra gli economisti, quali sono le posizioni in campo, ammesso che siano definibili con chiarezza?
Semplificando all’estremo, ci sono due grandi scuole di economisti che si contrappongono, e mi sembra che Monti non si ponga in nessuna delle due. Da un lato c’è una scuola “bocconiana” secondo cui l’Italia si riprenderà soltanto con una serie di riforme liberiste sul mercato dei beni e del lavoro, accoppiate a una riduzione di spesa pubblica e tassazione. Dall’altro c’è chi invece ritiene che il Paese uscirà fuori dalle secche con delle riforme non sul mercato dei beni e del lavoro, ma della pubblica amministrazione e della burocrazia, destinando una maggiore spesa pubblica e gli aumenti delle tasse a interventi finalizzati e non soltanto alla riduzione del debito. Le due visioni sono accomunate dall’enfasi sul taglio degli sprechi e sullo spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi. Monti non sta portando avanti nessuna riforma della Pa, e quindi – stando a quanto si legge sui giornali – i professori Alberto Alesina, Francesco Giavazzi e Tito Boeri lo sta criticando sul fronte delle mancate liberalizzazioni. Per quanto riguarda la parte macroeconomica, invece, credo che questo governo non abbia nessuna intenzione di utilizzare la spesa pubblica, alla stregua dell’amministrazione Obama, per fronteggiare la recessione dalla mancanza di domanda aggregata, né di dire alla Germania – come farà Hollande se sarà eletto – di allargare la propria spesa pubblica.
A voi economisti sta a cuore la spending review, finora soltanto annunciata dal governo Monti. Cosa si aspetta?
Giudicheremo quando sarà presentata a fine mese, per il momento si può dire che l’ultima cosa auspicabile è che essa sia soltanto un saggio scientifico. Mi spiego: questo governo dei professori mi sembra sia troppo “dei professori” e poco “governo”. Un esempio? Aver affrontato la liberalizzazione dei taxi prima della spending review mostra scarsa comprensione di ciò di cui ha davvero bisogno il Paese. È necessario agire subito.
Ieri Monti ha detto che la riforma del lavoro porterà crescita e occupazione, è d’accordo?
Mi sembra che per ora la normativa sull’art. 18 aumenterà i costi del lavoro sulle spalle delle Pmi, senza abbassare la pressione sulle imprese come suggeriscono Giavazzi e Alesina. Oggi ero a pranzo con degli avvocati giuslavoristi che da un lato si leccavano i baffi per l’ammontare crescente di lavoro per loro e dall’altro lato si sentivano tristi per il modo in cui rallenterà il motore Italia con il nuovo quadro sul lavoro. Non mi sembra peraltro che il governo abbia intenzione di aumentare la spesa per investimenti come ogni tanto afferma il ministro Passera. Insomma, se esiste un governo Monti politico in grado di rassicurare l’Europa rispetto alle non certo esaltanti dinamiche del passato, non sembra esistere un governo Monti economico. A un certo punto Monti dovrà scendere in campo anche su questo fronte, ed è meglio che si sbrighi perché il peggio è tutt’altro che passato. È vero che, come dice Monti, ci vuole tempo per costruire la crescita, ma bisogna gettare subito le basi attraverso strumenti legislativi a supporto della politica economica. Ed è quest’ultima che continuo a non vedere.
Twitter: @antoniovanuzzo