La salvezza dell’euro adesso è nelle mani dei giudici

La salvezza dell’euro adesso è nelle mani dei giudici

Come se non bastassero le polemiche sul “finto” firewall a colpo di trucchi contabili, mentre resta rosso l’allarme sulla Spagna, altre nuvole nere per l’eurozona arrivano sul fronte giuridico. Un fronte che potrebbe rallentare l’entrata in funzione del nuovo fondo salva-stati (Esm), prevista per il primo luglio. In ben tre Stati – Estonia, Irlanda e soprattutto in Germania – sono stati avanzati, o sono in preparazione, ricorsi costituzionali contro il nuovo fondo che, se accolti, potrebbero costituire un intoppo notevole per l’Esm.

Il caso più rilevante riguarda, ovviamente, quello tedesco, principale contributore al muro parafiamma – complessivamente, tra Esm e il vecchio fondo provvisorio, l’Efsf, Berlino contribuisce per 280 miliardi di euro. L’ex ministro della Giustizia Herta Däubler Gmelin ha pronto un ricorso di fronte alla Corte costituzionale a Karlsruhe sia contro l’Esm, sia contro il Patto fiscale imposto da Angela Merkel ai suoi partner europei. Secondo Däubler Gmelin con entrambi gli strumenti vengono limitati i poteri di bilancio e di controllo del Bundestag, il Parlamento tedesco. «Sono per l’Europa – ha detto alla Frankfurter Rundschau – ma non per un’Europa che viene decisa da élite di governo». Per l’ex ministro «è stata superata una linea rossa». Däubler Gmelin, che presenterà il ricorso insieme all’associazione «Mehr Demokratie» (più democrazia) non appena i relativi trattati saranno Stati ratificati a Berlino, ritiene di avere buone possibilità di successo. Non a torto: più volte la Corte costituzionale tedesca è intervenuta a precisare i poteri del Parlamento, da ultimo nel caso del pacchetto di aiuti alla Grecia, imponendo il pieno dibattito e voto in aula e bocciando una commissione ristretta inventata per “accelerare” le decisioni.

La politica socialdemocratica, del resto, non è sola. Anche Die Linke, il partito di estrema sinistra, e il politico della Csu bavarese Peter Gauweiler (un habitué dei ricorsi alla Corte) hanno annunciato una simile iniziativa. La Corte potrebbe imporre una sospensiva in attesa di verdetto, bloccando per vari mesi l’entrata in vigore dell’Esm. Per non parlare dell’effetto di una sentenza finale che desse ragione ai ricorrenti.

Se la Germania è ovviamente il problema maggiore, qualche grana si prepara anche negli altri due Stati. Così in Irlanda il deputato indipendente Thomas Pringle ieri ha presentato un ricorso alla Corte Costituzionale, affermando che con il trattato sull’Esm il suo paese perderà buona parte del controllo sui propri bilanci. Il nuovo fondo salva-stati, in effetti, può chiedere a Dublino un contributo di 11 miliardi di euro. E così, spiega Pringle, «può obbligare lo Stato a raccogliere fondi sul mercato e versarli al fondo e può decidere come saranno spesi. In questo modo l’Irlanda perde il controllo delle decisioni sull’uso dei soldi attinti dal mercato».

Dall’altra parte del continente, in Estonia, l’ombudsman (“difensore civico”) Indrik Teder già il mese scorso ha avanzato analogo ricorso costituzionale affermando che le procedure di voto al nuovo fondo salva-stati (non serve l’unanimità ma l’80% dei voti per erogare un prestito a un paese in difficoltà) possono far sì che piccoli Stati membri siano obbligati a seguire le decisioni, con impatto diretto sulle proprie finanze, volute dagli Stati maggiori. La decisione della Corte è attesa entro luglio.

Se si trattasse solo di Irlanda ed Estonia, in realtà, il problema sarebbe, almeno da un punto di vista “tecnico”, di poco conto: il trattato sull’Esm potrebbe ugualmente entrare in vigore il primo luglio, visto che i due Stati insieme contribuiscono al fondo per meno del 10%, la soglia al di sopra della quale l’Esm non potrebbe partire. L’aggiunta della Germania, invece, neanche a dirlo cambia completamente il quadro. Volendo allargare il discorso, del resto, i tre ricorsi in tre Paesi tanto diversi potrebbero essere anche letti in senso politico, come i primi segnali di disagio di tanti cittadini di fronte a un’Europa che decide sempre più a livello di governi, tagliando fuori parlamenti e opinione pubblica. Chissà che in altri Stati non ci sia qualcun altro pronto a seguire l’esempio di Germania, Estonia e Irlanda.

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