La riforma della legge elettorale si allontana. Solo una settimana fa Pd, Pdl e Terzo polo assicuravano il Paese di aver trovato un accordo. Un sistema proporzionale senza obbligo di coalizione: metà seggi attribuiti con collegi uninominali, l’altra metà con liste bloccate. Oggi si riparte daccapo. Improvvisamente l’intesa sembra dimenticata.
Ad affossare – definitivamente? – i sogni di riforma è l’ufficio di presidenza del Pdl. L’organo direttivo del partito berlusconiano che in mattinata è tornato a riunirsi dopo oltre quattro mesi. All’ordine del giorno le difficoltà interne al partito, l’approssimarsi delle amministrative di maggio, ma anche l’ipotesi di modifica del Porcellum. In tema di legge elettorale l’obiettivo del segretario Angelino Alfano era quello di mediare tra le diverse anime del Pdl. Dopo oltre tre ore di confronto il risultato è surreale. Per evitare di spaccare il partito – da una parte i favorevoli alla bozza Violante, dall’altra gli irriducibili del bipolarismo – i vertici berlusconiani non trovano di meglio che negare l’intesa raggiunta con Pd e Terzo Polo.
A prendere la parola durante la riunione sono Ignazio La Russa e Gaetano Quagliariello. I due dirigenti pidiellini che hanno in mano il dossier elettorale. Invece di spiegare ai presenti i dettagli dell’accordo siglato la scorsa settimana da Alfano (così almeno era stato raccontato) i due ripartono dai principi generali della riforma. «Abbiamo spiegato – racconta La Russa alla Camera qualche ora dopo – che in linea di massima il modello individuato potrebbe anche andare bene. L’importante è conservare un’impronta bipolarista. Per noi è importante che gli elettori possano individuare chi governa e con quale programma». Il risultato? «L’ufficio di presidenza – prosegue La Russa – ha espresso un ventaglio di opinioni, ma in assenza di un testo non abbiamo preso alcuna decisione». Insomma, il tempo stringe ma il Pdl se la prende con calma. L’intesa con gli altri partiti della maggioranza è tutt’altro che raggiunta. Lo conferma lo stesso Alfano. Nel pomeriggio il segretario chiarisce a Montecitorio: «Sistema elettorale tedesco? Sulla riproposizione di modelli stranieri in Italia io vado sempre cauto. Sulla vicenda abbiamo le nostre opinioni e le abbiamo sempre ribadite».
Posizione legittima, quella dei dirigenti del Pdl. Ma un dubbio resta. Che fine ha fatto l’accordo sbandierato il 27 marzo scorso al termine dell’ultimo vertice Alfano-Bersani-Casini? «Ma quella era una convergenza mediatica» ride un deputato pidiellino in Transatlantico. «Pubblicizzare quell’intesa – continua il parlamentare – serviva anche per aiutare Bersani a uscire dall’angolo in cui si era infilato con la vicenda dell’articolo 18». Ipotesi suggestiva. Più probabilmente il presunto patto sulla riforma elettorale serviva per rispondere alle sollecitazioni appena arrivate dall’estremo oriente. E non è un caso che poche ore prima del vertice tra i leader di Pd, Pdl e Terzo polo Mario Monti aveva ammonito i partiti della sua maggioranza. Se non volete collaborare – il suo pensiero, per molti una minaccia – il governo tecnico può anche farsi da parte.
E così la riforma elettorale torna in discussione. Il primo risultato dell’ufficio di presidenza Pdl è la sconvocazione dell’incontro tra i tecnici dei partiti. Dopo una settimana di interlocuzione, oggi si sarebbero dovuti incontrare nell’ufficio di Luciano Violante a Montecitorio i rappresentanti di Pd, Pdl e Terzo Polo per scrivere il testo della riforma elettorale. Tra i componenti della squadra – ormai abituali – i due pidiellini La Russa e Quagliariello, i terzopolisti Ferdinando Adornato e Pino Pisicchio, lo stesso Violante. Nel pomeriggio però l’appuntamento salta. La giustificazione ufficiale è il ritardo con cui è terminato l’incontro a Palazzo Grazioli. In realtà di fronte alla brusca frenata del Pdl, non tutti hanno ben capito come procedere. «Effettivamente – racconta Pino Pisicchio – in tema di riforma elettorale è da tempo che il Pdl sta cercando di rallentare. Più di Quagliariello è La Russa a cercare di allungare i tempi. Evidentemente nel partito c’è una spaccatura su questo argomento e non hanno alcun interesse ad accelerare».
Il Pdl frena, il Terzo Polo si lamenta. E il Pd? In realtà di fronte alla titubanze dei berlusconiani, nel partito di Bersani c’è chi festeggia. Già, perché la bozza di riforma elettorale emersa la scorsa settimana ha trovato un forte dissenso anche a Largo Del Nazareno. Prima gli uomini di Rosy Bindi, poi i Prodiani. Col passare dei giorni lo scontento sulle ipotesi del nuovo Porcellum è cresciuto. Per trovare la sintesi tra le diverse anime del partito, ieri si è tenuto un vertice del gruppo tecnico democrat che si occupa di legge elettorale. Presente ancora una volta Luciano Violante, i costituzionalisti Marco Olivetti, Andrea Giorgis e i senatori Giorgio Tonini e Franco Monaco (quest’ultimo molto critico nei confronti di una legge che «promette frammentazione e instabilità»). Una riunione, raccontano al partito, conclusa senza trovare un accordo.