Lo spread torna a fare paura, i mercati chiedono nuove misure

Lo spread torna a fare paura, i mercati chiedono nuove misure

Italia e Spagna fanno tornare la paura nell’eurozona. Tutto come previsto. Poco prima di Pasqua i segnali erano stati chiari. O arrivano sicurezze sulle riforme per Roma e Madrid oppure lo scenario torna a essere quello di sfiducia. Questo era stato il monito. E ora, con la riapertura dei mercati finanziari, si è arrivati al punto decisivo, che è destinato a peggiorare ulteriormente. Il motivo è di facile intuizione se si osserva la dinamica della dialettica fra Italia e Spagna. La prima, tramite il presidente del Consiglio Mario Monti, accusa Madrid di essere la fonte del rinnovato contagio nell’eurozona, complici i dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico. La seconda, di contro, afferma con forza che tutto passa da Roma e dalla riforma del lavoro in cui è impegnato il governo. Il test per l’Italia si avrà domani, quando il Tesoro andrà in asta per i Bot a 12 mesi. Il timore è che i rendimenti, quindi il costo del rifinanziamento, salirà nuovamente.

Sui mercati obbligazionari si sono riviste le scene di sofferenza dello scorso autunno. Roma e Madrid sono i due epicentri di questa nuova ondata di scetticismo. Colpa delle rispettive situazioni d’emergenza. I rendimenti dei titoli di Stato italiani con scadenza a dieci anni hanno hanno superato il 5,68%, un livello che non veniva toccato dalla metà di febbraio. Prima quindi della seconda ondata di liquidità erogata dalla Banca centrale europea (Bce) tramite l’operazione di rifinanziamento a lungo termine di febbraio, seguito di quella di dicembre. Peggiore è stata la performance dei bond spagnoli di pari scadenza, i cui tassi d’interesse hanno sfiorato il 6%, tornando quindi al livello dello scorso novembre. Per Italia e Spagna, come naturale conseguenza dell’innalzamento dei tassi d’interesse, è tornato a salire lo spread, ovvero il differenziale di rendimento, coi titoli di Stato tedeschi. Quello fra Btp e Bund è tornato oltre i 400 punti base.

In questa nuova spirale ribassista sono stati colpiti anche i mercati azionari. Sull’onda dei poco soddisfacenti dati sull’occupazione statunitense e sul surplus di bilancio, a sorpresa, della Cina, le piazze di Roma e Madrid sono state le due più pesanti dell’Europa. Piazza Affari è stata spinta al ribasso dalle vendite sui bancari, proprio mentre si rincorrevano le voci di nuove esigenze di capitali per gli istituti di credito iberici. L’isteria non ha risparmiato nemmeno le altre Borse europee, come Parigi o Francoforte.

La Spagna è considerato il pericolo numero uno nel medio termine. Colpa di un debito pubblico che aumenterà di circa dieci punti percentuali nel 2012 rispetto all’anno scorso, di un sistema bancario sotto stress, di una disoccupazione che non accenna a diminuire e di una crescita assente. Oggi il ministro dell’Economia Luis de Guindos ha smentito che la Spagna possa uscire dall’euro. «È semplicemente una follia», ha detto alla Radio Nacional de España. Tanto è bastato per alimentare i timori, nemmeno troppo remoti, che Madrid possa chiedere un sostegno al Fondo monetario internazionale (Fmi). Questa opportunità è stata smentita, ancora una volta, da de Guindos, ma non è bastato a placare il nervosismo. Infatti, Miguel Fernández Ordóñez, governatore del Banco de España, ha lanciato un nuovo allarme. «Se l’economia iberica non migliora, serviranno altre misure per le banche spagnole, che potrebbero avere urgenza di nuovi capitali», ha spiegato Ordóñez.

La partita più importante, nel breve termine, è quella dell’Italia. Il governo di Mario Monti è impegnato nella riforma del lavoro. L’umore degli investitori è ormai nero. Dopo aver atteso per settimane una risposta in grado di far ben sperare per il ritorno alla sostenibilità, hanno cominciato a far prevalere della sfiducia. Del resto, ancora prima degli editoriali di fuoco di Financial Times e Wall Street Journal, erano stati i fondi del mercato monetario (Money markets fund) ad anticipare quello che sarebbe successo. Sia quelli americani sia quelli europei, ovvero gli storici pilastri per la liquidità nel mercato interbancario, hanno ritirato i loro fondi da Italia e Spagna. E come era stato esattamente un anno fa, questo mercato ha predetto ciò che sarebbe successo poco dopo.

Oltre a questo, c’è da segnalare che le grandi banche d’investimento si son già posizionate. È di oggi la notizia che Goldman Sachs ha terminato il suo trade sui bond governativi di Italia e Spagna con scadenza a cinque anni. Non è la prima volta che la banca statunitense decide di aprire e chiudere posizioni sull’Italia. Nei mesi scorsi un’operazione simile era stata compiuta con i bond francesi al posto di quelli iberici, ma era durata poche settimane. Giusto il tempo di approvare la riforma delle pensioni. E la storia sembra essersi ripetuta ora, con la partita sul lavoro.

Quello che è certo è che, se continua questa tendenza, dovranno esserci ulteriori misure. È proprio per questo che il Fmi reputa di fondamentale importanza il prossimo summit di metà aprile, in cui si passerà al vaglio la bontà del firewall europeo da 500 miliardi di euro. Non solo. Sarà anche l’occasione per tastare il polso della crisi con l’occhio di Stati Uniti e Asia. Sul piatto c’è la possibilità di sostenere l’Europa a patto che questa metta in campo una concreta struttura di consolidamento fiscale e crescita. A oggi, tuttavia, di questa non c’è nemmeno l’ombra.  

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