1943. Quando Simone Weil scrive il saggio da cui sono prese queste parole aveva di fronte una Francia sconfitta, un paese invaso e in mano all’occupante, una classe politica che aveva assunto il governo del Paese e che aveva fallito. Era una condizione peggiore della nostra, indubbiamente. Le sue domande erano: esiste una classe politica? Su quali principi la si costruisce? I partiti democratici, di destra e di sinistra, in quel momento in clandestinità, sarebbero stati così com’erano in grado di rappresentare un’idea e un’offerta di futuro? Una volta stabilito che la sua situazione e la nostra non sono identiche, le sue domande sono così diverse dalle nostre? E, soprattutto, il fallimento dei partiti che aveva di fronte è così diverso da quello che costituisce il nostro presente?
Simone Weil
Caratteri dei partiti politici*
Al fine di valutare i partiti politici secondo il criterio della verità, della giustizia, del bene pubblico, conviene iniziare a individuarne i caratteri essenziali. Possiamo riconoscerne nell’ordine di tre:
- Un partito politico è una macchina volta a costruire una passione collettiva
- Un partito politico è una organizzazione costruita in modo da esercitare una pressione collettiva sul pensiero di ogni essere umano che ne sia membro
- Il primo fine, e, in ultima analisi, il solo fine di ciascun partito politico è la sua propria espansione e questa senza che si dia un limite.
Questo triplice carattere fa sì che ogni partito sia totalitario, in nuce e come progetto. Se nei fatti non lo è solo in conseguenza del fatto che gli altri partiti non lo sono meno di lui.
Questi tre caratteri costituiscono verità di fatto pacifiche per chiunque abbia avuto pratica di vita di partito.
Il terzo carattere costituisce un caso particolare di un fenomeno che si produce dappertutto laddove il collettivo domina gli esseri pensanti. E’ l’inversione del rapporto tra mezzi e fini. Senza eccezioni, dappertutto, ogni cosa generalmente considerata come fine è per natura, per definizione, per essenza e in maniera più evidente unicamente mezzo. Si possono ricordare esempi a iosa in ogni campo: denaro, potere, Stato, prestigio nazionale, produzione economica, titoli universitari; e molto altro ancora.
Solo il bene è un fine. Tutto ciò che appartiene al campo dei fatti rientra nell’ordine dei mezzi. Il pensiero collettivo, tuttavia, è incapace di sopravanzare il campo dei fatti. E’ un pensiero animale. Possiede l’idea di bene giusto per commettere l’errore di assumere questo o quel mezzo come un bene assoluto.
Così è anche per i partiti. Un partito, in linea di principio, non è che uno strumento per servire una certa idea di bene pubblico
Questo è vero anche per coloro che sono legati agli interessi di una categoria sociale in quanto si dà sempre una certa concezione del bene pubblico che avrebbe coincidenza tra bene pubblico e quegli interessi. Ma è un concezione molto vaga.
Questo è vero senza eccezioni e praticamente senza differenze di grado. I partiti, tanto quelli più inconsistenti come quelli più rigidamente strutturati, non differiscono quanto a vaghezza della dottrina. Nessuno, per quanto abbia studiato la politica, sarebbe in gradi di esporre chiaramente e precisamente la dottrina di nessun partito, compreso, laddove si dia il caso, il suo.
* Simone Weil, “Note sur la suppression générale des partis politiques” (1943), in Id., Écrits de Londres et t dernières lettres, Gallimard, Paris 1957, pp. 131-133. Traduzione di David Bidussa