Roberto Maroni ormai ragiona da segretario. L’ex ministro degli Interni prova a prendersi la Lega Nord: prima presenta alla Camera una proposta di legge per cancellare il finanziamento pubblico ai partiti, poi promette pulizia contro gli avversari interni («È incredibile che sia stato oggetto di attività di dossieraggio»). Sullo sfondo, un Carroccio ancora diviso.
Maroni interviene alla Camera dei deputati per presentare una riforma «vera, coraggiosa, radicale». Un progetto di legge articolato in sei punti per obbligare i partiti a rinunciare ai finanziamenti pubblici. È la vetrina della “Lega degli onesti” dell’ex titolare del Viminale. La risposta agli scandali delle ultime settimane, ma anche all’ultimo scivolone mediatico del Carroccio. Solo ieri il gruppo alla Camera era riuscito ad affossare l’iter legislativo accelerato per il ddl sulla trasparenza nei bilanci dei partiti. «Lo abbiamo fatto perché vogliamo riformare il sistema in aula. Alla luce del sole» continuano a spiegare i deputati leghisti, stupiti dalle polemiche di queste ore. Eppure su quasi tutti i giornali la decisione dei parlamentari padani è stata presentata come un escamotage per allungare i tempi del provvedimento.
Stavolta Maroni ci mette la faccia. La Lega chiede a tutti di rinunciare da subito ai rimborsi elettorali. «Su questo terreno sfidiamo gli altri partiti» annuncia. I movimenti politici potranno ricevere solo donazioni regolarmente registrate, che nel caso di persone giuridiche non potranno superare il 10 per cento delle entrate registrate nell’ultimo bilancio di esercizio. Bloccata anche l’ultima tranche dei finanziamenti, in arrivo il prossimo luglio. I partiti dovranno destinare quei fondi a onlus o ad associazioni di volontariato. Ecco il nuovo corso maroniano. «I lingotti d’oro e i diamanti trovati a Belsito – spiega – saranno rivenduti. E i duecentomila euro saranno distribuiti alle sedi locali, ai militanti. Serviranno per pagare le bollette, i manifesti, organizzare le nostre feste». Gli avversari interni sono avvertiti. «È incredibile – denuncia Maroni – che l’ex ministro degli Interni sia stato fatto oggetto di dossieraggio». Le indiscrezioni sono confermate: «Il dossier esiste, l’ho visto io. Ed è molto grave che qualcuno nella Lega sapesse. Mi accerterò se qualcun altro (oltre all’ex tesoriere Belsito, ndr) ne fosse al corrente». Emergono altre verità. Sembra che l’attività di spionaggio – commissionata ad apposito detective privato – fosse stata retribuita con i soldi del partito. Vittime anche tre deputati vicini a Maroni.
«Il dossier è ridicolo – spiega l’ex ministro – è stato fatto per screditarmi». Tra le pagine del documento sarebbero presenti anche errori piuttosto evidenti. Ad esempio la barca a vela di Maroni, ancorata sulla coste siciliane di Portorosa, sarebbe stata curiosamente avvistata in Slovenia. Località Portorose. In ogni caso, chi sapeva dovrà lasciare il partito. «Anche se fosse l’ex segretario federale Umberto Bossi?» chiede un cronista. Maroni non risponde. Lascia intendere che non guarderà in faccia nessuno. Anzi, c’è chi racconta che le pulizie nel partito siano già iniziate. L’ex titolare del Viminale avrebbe cominciato a individuare – territorio per territorio – quali dirigenti promuovere e quali allontanare. Nel dubbio, qualcuno si è fatto da parte prima ancora di essere invitato a dimettersi. È il caso del senatore Lorenzo Bodega, che ieri ha lasciato il gruppo della Lega in polemica con l’atmosfera da caccia alle streghe. «Bodega, Bodega, boh…» liquida la questione beffardo Maroni a Montecitorio.
La triumvira Manuela Dal Lago, presente all’incontro, interrompe i giornalisti spazientita. «Siamo venuti qui per parlare di altre cose». Ma l’attenzione resta sui problemi interni al partito. L’assenza di alcuni dirigenti non è sfuggita a nessuno. Alla presentazione della riforma anti-finanziamenti pubblici non c’è il capogruppo al Senato Federico Bricolo, vicino al Cerchio Magico. Ma non c’è neppure il terzo coordinatore del partito, Roberto Calderoli. Ufficialmente i due sono impegnati con i lavori in Senato. Molti, all’interno del gruppo parlamentare, non sembrano troppo convinti. «Calderoli? – racconta uno – sembra scomparso». Scomparsi sono anche i deputati vicini all’ex capogruppo Marco Reguzzoni. Presenti alla Camera ma non all’incontro con la stampa. L’impressione è che i dissidi tra barbari sognanti e cerchisti siano tutt’altro che superati. La battaglia per il controllo della Lega, non ancora vinta.