Basta poco per tornare alle vecchie abitudini. Una gaffe sui presunti complimenti di Obama per la politica economica del Governo, con tanto di coinvolgimento di Fabrizio Cicchitto, è evidentemente stata sufficiente al Professore per affidarsi ai consueti canali della comunicazione politica, ripristinando il caro vecchio retroscena.
Sembrava bello e sepolto. Tutti, compreso il sottoscritto, in concomitanza con l’avvento dell’austero Monti a Palazzo Chigi, avevamo cantato la fine di un certo giornalismo politico, intriso di chiacchiericcio, mezze frasi, virgolettati apparentemente strappati e che magari il giorno dopo potevano essere facilmente smentiti.
Lo schema era quello classico. Un politico si affidava a un giornalista, gli regalava le sue impressioni, corredandole di apprezzamenti o distanze da questo o quel politico, o sul tema del momento, e il cronista scriveva. Un metodo perfetto per far conoscere il proprio reale punto di vista. Certo, per rendere il messaggio più comprensibile, magari a vantaggio di un lettore occasionale, sarebbe stato più corretto aggiungere una postilla all’articolo: “quest’articolo è il frutto di una conversazione realmente avvenuta ma il politico non se la sente di rendere pubbliche queste dichiarazioni e quindi si affida a me”.
Più confidenziale è il rapporto tra il giornalista e il politico, più attendibile è il retroscena. Col tempo il cronista finisce col diventare – orgoglioso di esserlo – la voce di quel determinato politico.
Ebbene, dicevamo, con Monti sembrava tutto finito. Che volete che se ne faccia il professore di un retroscena? Lui non c’enra niente con la politica, lui deve salvare il Paese, auscultare il malato, magari confrontarsi con una serie di dotti, medici e sapienti, scegliere la terapia e somministrare la medicina.
In teoria. Nella pratica, però, le sirene della politica sono irresistibili quanto quelle che avrebbero voluto ammaliare Ulisse. Ma l’eroe di Itaca, pur di non perdere quel suono inebriante si fece legare all’albero della nave. Monti non ha osato tanto. E ha ceduto alla prima nota giunta in lontananza. La prima avvisaglia è stata quell’intervista concessa a Chi – al direttore Alfonso Signorini in persona – da parte della signora Elsa. Che sia stata fatta solo per togliere la copertina alla famiglia Passera conta poco.
E ora, dopo il viaggio in Asia che mediaticamente è stato un autentico disastro, il Professore ha deciso di cambiare strategia comunicativa. E così come gli inviati di turno in una città ricorrono al trucco del tassista (non ce n’è uno che non si imbatta in un tassista che gli spieghi i segreti di quella città), è ricorso al trucco del retroscena, per di più in aereo.
C’è da rifilare una stilettata alla Marcegaglia? E allora affidiamola a quell’artifizio che in fondo se è in voga da tanto tempo ci sarà un perché. Quella formuletta classica, “diceva Monti ai suoi più stretti collaboratori”. E che diceva il presidente del Consiglio? Magari sull’aereo? Diceva che era arrabbiato, arrabiatissimo per lo spread che si è impennato, che la colpa è della signora Marcegaglia con le sue critiche alla riforma del lavoro, e che ora ci si mette anche Madrid.
Tutto questo ha detto ieri Mario Monti. E tutto questo trovate oggi sui giornali italiani. Scritto nello stesso modo, proprio come ai bei tempi.