GEMONIO – Piove a Gemonio, quartier generale del leader della Lega Nord Umberto Bossi. Le finestre della casa, che sarebbe stata ristrutturata a sua insaputa, restano sbarrate. Non risponde nessuno al citofono e solo intorno alle 14:00 il Senatùr esce con gli uomini della scorta. Nella villa in mattinata si sono visti il figlio Roberto Libertà e la moglie, poi le sue guardie del corpo. Manca il figlio minore e più conosciuto, il Trota. Renzo Bossi infatti è in consiglio regionale a Milano, da dove ha respinto le accuse alla famiglia: «Sono sereno, non ho mai preso soldi dalla Lega, né in campagna elettorale e neppure adesso da consigliere regionale». E ha aggiunto, «anche la mia famiglia di soldi dalla Lega non ne ha mai presi, per esempio deve finire ancora di pagare la ristrutturazione della casa di Gemonio, perché i lavori sono stati fatti quando papà era ancora in ospedale».
Bossi esce quindi. Direzione Milano, via Bellerio, sede del Carroccio, per una riunione d’emergenza. «Vaffanculo», tuona il Senatùr. Ai giornalisti che gli chiedono dove siano finiti i soldi delle casse del partito ribatte in tono minaccioso: «Venite qui che ve li faccio vedere io». Se l’umore di Bossi può sembrare battagliero, Gemonio è però una città spettrale. Siamo a nemmeno 24 ore dall’inizio dell’indagine che ha coinvolto l’ex-tesoriere del partito Francesco Belsito. I vicini di casa di Bossi non hanno voglia di parlare e solo al bar qualcuno dice: «Pensavate fosse diverso dagli altri?». Alla pizzeria Combriccola il Senatùr non l’hanno praticamente mai visto. C’è una regola non scritta a Gemonio: Bossi va solo in ristoranti dove possa fumare il suo sigaro. Ma i gestori della pizzeria non hanno mai acconsentito. «Vengono solo quelli della scorta», dice la bionda barista della Combriccola.
La villa dove vive il capo della Lega, citata come destinazione di fondi del partito all’interno del provvedimento di ieri della magistratura, è stata ristrutturata a partire dal 2004. In paese c’è chi mormora che la ditta che ha effettuato i lavori sia intestata a Giuseppe Leoni, architetto e già senatore del movimento padano. Un dettaglio che, se fosse vero, sarebbe di non poco conto perché Leoni è il fondatore – insieme a Bossi, sua moglie Manuela Marrone e Roberto Maroni – della Lega Lombarda. Oggi, in un’intervista ad Avvenire, Leoni ha dichiarato: «Il tesoriere lo ha nominato il Consiglio federale che è il massimo organo della Lega. Ora la magistratura farà il suo corso, abbiamo fiducia nel suo operato. Nella Lega i ladri sono stati sempre emarginati. Maroni ora dice di fare pulizia? Lo dico anche io, iniziamo dai traditori … Ai ladri ci pensano i carabinieri. A me preoccupa la politica».
Ma per avere la “dia”, cioè la denuncia di inizio attività, della ristrutturazione di casa Bossi e controllare chi abbia effettivamente ristrutturato la villa in Comune si trovano ancora porte sbarrate. «Se volete la “dia”, dovete fare una richiesta motivata», spiega il sindaco di Gemonio Fabio Felli. Il primo cittadino tiene a precisare che la lista con cui è diventato sindaco è una lista civica: «Con noi ci sono altri leghisti, ma di certo in questi giorni abbiamo altro a cui pensare». Stasera è in programma un consiglio comunale dove Felli dovrà occuparsi di questioni burocratiche locali. Gli abitanti di Gemonio evitano anche di parlare di Rosi Mauro, vicepresidente del Senato e segretario del Sinpa, il Sindacato padano. «Io qui sono tornato dopo tanti anni», precisa un’agente della polizia locale, «e la Mauro non so dove abiti». Alla domanda però sul fatto che quella che chiamano “badante” del segretario federale abiti davanti a casa di Bossi, l’agente si fa una grossa risata.
La villa di Bossi a Gemonio
Sede della Lega Nord a Gemonio
Per capire la tensione che si respira in paese, basta raccontare il modo in cui Bossi è uscito di casa. Tre macchine della scorta disposte una in piazza, una nella villa e l’altra parcheggiata hanno fatto avanti e indietro per tutta la mattinata cercando di evitare i giornalisti. Quando poi il Senatùr ha deciso di uscire, una delle macchine si è messa di traverso all’ingresso, fermando una troupe televisiva in malo modo e minacciando di ricorrere alle maniere forti qualora avessero insistito nel fare domande al leader della Lega. «Siamo della Polizia di Stato e vi diciamo subito che Bossi non ha voglia di parlare». Poco distante dalla residenza bossiana, c’è la sezione della Lega Nord di Gemonio. Anche qui il metodo scelto dalla moglie di Bossi di chiudere le inferriate ha avuto la meglio. Non si vede nessuno. Porte chiuse, serrande abbassate e gli unici militanti disposti parlare chiedono di rimanere anonimi. «Oggi non parlerà nessuno per evitare altre tensioni interne. Mi sembra che ce ne siano già abbastanza», dice un giovane varesino che di chiacchierate o interviste proprio non sembra avere voglia.
Del resto ora l’offensiva del «cerchio magico» potrebbe aver già iniziato a farsi sentire. Rosy Mauro, Marco Reguzzoni, Federico Bricolo e gli altri si starebbero attrezzando. Ad alcuni esponenti della Lega più vicini all’ex ministro dell’Interno Maroni sono sembrate particolarmente strane le telefonate di questa mattina a Radio Padania: molti ascoltatori hanno non solo invocato il complotto contro Bossi ma hanno lanciato fra le righe qualche accusa proprio a Bobo. C’è persino chi è arrivato a citare la AleniaAermacchi, azienda aeronautica di proprietà del gruppo pubblico Finmeccanica, con sede a Varese dove lavora la moglie di Maroni. È un affondo un po’ particolare perché – come tutti sanno all’interno della Lega e anche fuori – la consorte dell’ex-capo del Viminale lavora in Aermacchi da molto prima della discesa dei leghisti a Roma dove hanno poi conquistato posizioni di rilievo nel gruppo Finmeccanica.