Parigi. Cominciò tutto con una serata “bling bling”, annaffiata da fiumi di champagne. Sessanta persone attovagliate attorno ai tavoli di Fouquet’s, ristorante di lusso lungo gli Champs Elysees. Eleganti boiseries, sedie dallo schienale alto rivestite di raso rosso, menù con prezzi stellari. Via vai di camerieri, tintinnar di calici , brindisi, risate, abbracci. Era domenica 6 maggio del 2007 e Nicolas Sarkozy festeggiava così la conquista dell’Eliseo, confermata dalle urne poche ore prima. Attorno a lui amici e sostenitori. La crème della crème: imprenditori, editori, finanzieri, banchieri, amministratori delegati. Ma anche qualche personaggio dello spettacolo come il cantante super liftato Johnny Hallyday e l’attore Jean Reno.
Quella sera Sarkozy, a 52 anni, coronava il sogno della sua vita di politico ambizioso. Fu la sua apoteosi. Aveva conquistato le menti e i cuori della maggioranza dei francesi. Con il suo programma all’insegna della “rupture tranquille” Sarkozy era riuscito a raccogliere i voti non solo del tradizionale elettorato del centro destra, aveva pescato anche fra gli elettori della sinistra, inquieti per la criminalità e l’immigrazione.
Ma per Sarkozy quel giorno trionfale segnò per certi versi anche l’inizio del suo declino. E oggi, cinque anni dopo, Sarkozy, alla vigila di un voto in cui viene dato perdente da tutti sondaggi, sente la Francia sfuggirgli di mano.
In un racconto del quinquennato che in questi giorni si trova in evidenza sugli scaffali delle librerie francesi (L’impetueux, l’impetuoso) la giornalista di Europe 1 Catherine Nay rivela una confidenza del presidente. Era il settembre del 2007 e, ripensando alla serata della sua vittoria elettorale, Sarkozy disse a testa bassa: “A te posso dirlo, quello è stato il giorno più triste della mia vita”. Infatti quella notte innaffiata dallo champagne Sarkozy ebbe la certezza che ormai il suo matrimonio con Cecilia era in frantumi. Lei neanche andò a votarlo. Il culmine della vita pubblica di Sarkozy coincideva con il disastro della sua vita privata.
Poi ci ha pensato Carla Bruni a ridargli affetto e calore umano. La loro prima uscita pubblica risale al 17 dicembre 2007, quando fecero una gita a Disneyland. Meno di due mesi dopo erano marito e moglie. Quel matrimonio a molti pare, ancora oggi, sorprendente e non del tutto convincente. Troppo pianificato, troppo calcolato e, anche dopo la nascita della bambina, ci si chiede se fra Nicolas e Carla sia vero amore. Lui, nel comizio di Nizza che venerdì 20 aprile ha chiuso questa campagna elettorale, ha omaggiato la consorte, seduta in prima fila, con queste parole: “Fa onore alla Francia l’italiana diventata francese”. Ma sembrava più un artificio retorico che una sincera dichiarazione d’amore.
Di recente Sarkozy si è dichiarato pentito per i gesti compiuti subito dopo la sua vittoria elettorale del 2007. La cena dei ricconi del 6 maggio e la partenza per una vacanza, già il mattino dopo, sullo yacht dell’amico imprenditore Vincent Bolloré, hanno fin dall’inizio fatto associare il presidente al mondo della ricchezza e dei privilegiati. Così Sarkozy è divenuto il presidente “bling bling”, una espressione che richiama non tanto il tintinnare dei soldi quanto quelle delle catene dorate e dei pesanti e pacchiani orologi indossati e ostentati dai nuovi ricchi volgari.
Ci sono diversi aggettivi che possono descrivere il modo in cui Nicolas Sarkozy ha incarnato il ruolo di presidente in questi cinque anni: energico, dinamico, esuberante, impetuoso. I media francesi lo hanno presentato come l’hyperpresident. Già nel giugno del 2007, soltanto un mese dopo la sua elezione, un articolo di Le Monde celebrava “il suo stile diretto, la sua arte della comunicazione, la sua onnipresenza su tutti fronti interni ed esterni”. A volte l’esuberanza si è trasformata in isteria. Spesso ne hanno fatto le spese i giornalisti. Resta memorabile l’insulto “casse toi, pauvre con!” (taci, coglione!) rivolto dal presidente a un cittadino che nel 2008 lo contestò al Salone dell’agricoltura. Cinque anni dopo resta da valutare che cosa rimane di tanto attivismo e di tanto protagonismo.
A Sarkozy brucia ancora la micidiale copertina pubblicata dall’Economist nel settembre del 2010. Mostrava una leggiadra e sorridente Carla Bruni seguita, all’altezza dei polpacci, da un cappello napoleonico sotto il quale spuntavano due minuscole gambette. Il titolo che accompagnava la foto era eloquente: The shrinking president, cioè “Il presidente ristretto”. Così, già due anni fa Sarkozy veniva considerato un leader dimezzato, anzi miniaturizzato e ridicolizzato.
Sul piano interno i principali successi di Sarkozy riguardano le liberalizzazioni. Ha alzato l’età della pensione da 60 a 62 anni, ha detassato le ore di lavoro straordinario (“chi lavora di più guadagna di più” fu uno slogan della sua campagna elettorale), ha garantito maggiore autonomia alle università, ha reso più facile, soprattutto per i giovani e le donne, l’avvio di piccole attività imprenditoriali.
Si tratta di riforme valutate in modo abbastanza positivo, tuttavia, come fa notare la sua biografa Catherine Nay, “Sarkozy non è riuscito a capitalizzare i suoi successi. Ogni giorno cambia argomento e la gente si dimentica che cosa ha fatto o detto il giorno prima. È rimasto vittima del suo temperamento troppo fiero”. Aggiunge Christian Malard, commentatore di France 3: “Sarkozy ha avuto delle buone idee, ma sta pagando il prezzo dei suoi comportamenti: sempre di corsa e con la pretesa di risolvere ogni problema. Questo ai francesi non è piaciuto”. Infatti i francesi, non a caso, in questi anni, hanno molto apprezzato lo stile sobrio e discreto del primo ministro François Fillon, molto gradito nei sondaggi.
L’iperattivo presidente si è molto agitato anche sul piano internazionale. Il suo gesto più clamoroso risale all’estate del 2008, quando in pieno agosto volò prima e Mosca e poi a Tiblisi per spingere russi e georgiani a un accordo dopo giorni di altissima tensione e di scontri armati. Quella missione ad alto rischio, vivamente sconsigliata dagli americani, secondo Le Monde fu la dimostrazione di “un attivismo inedito in Europa”.
Questo attivismo è stato replicato nel marzo del 2011 quando Sarkozy è stato il leader mondiale che ha spinto maggiormente per un intervento armato occidentale in Libia. Primo capo di Stato occidentale a dare legittimità al Consiglio nazionale di transizione, con il suo interventismo in Libia il presidente si è guadagnato sul campo il titolo di Sarkoleon.
Sarkozy si è speso molto, soprattutto negli ultimi mesi, per far fronte alla crisi dell’Eurozona. La sua azione in tandem con la cancelliera tedesca Angela Merkel ha fatto coniare dai media il termine Merkozy, tuttavia la girandola dei vertici e degli incontri fra Berlino, Parigi e Bruxelles non è stata ancora risolutiva per i problemi dell’Europa.
Su temi come la sicurezza e l’immigrazione ha alzato più volte la voce. Nel luglio del 2010 fece scalpore il discorso di Grenoble, nel quale minacciò il ritiro della cittadinanza francese a chi attacca la polizia. “La nazionalità va meritata”, disse, “bisogna mostrarsene degni. Quando si spara addosso a un agente delle forze dell’ordine, non si è più degni di essere francesi”. Su questi temi, soprattutto negli ultimi mesi, Sarkozy è stato accusato di essersi spinto sempre più a destra (droitiser, dicono in Francia). Sarkozy lo ha fatto per strappare elettori a Marine Le Pen, che gli ultimi sondaggi danno al terzo posto dopo Hollande e Sarkozy. Il presidente ha accarezzato gli elettori di destra anche il 20 aprile a Nizza, nel discorso che ha chiuso la sua campagna elettorale per il primo turno. Ecco alcune sue frasi: “L’Europa deve cambiare per proteggere i popoli europei”, “Credo alle radici cristiane della Francia e dell’Europa”, “La frontiera rassicura, conforta, protegge”.
A Nizza Sarkozy è apparso grintoso, sempre all’attacco, a volte rabbioso, con toni quasi berlusconiani (soprattutto quando si è scagliato contro i media ostili). Ancora una volta è apparso troppo iperpresidente, troppo agitato, anche nella mimica. “Non sono diventato una mummia, sono un essere umano”, ha detto a un certo punto. Sembrava volesse dire: prendetemi così, come sono. Ma la maggioranza dei francesi oggi ha voglia di normalità, di quella forza tranquilla che nel 1981 portò alla vittoria François Mitterrand, l’ultimo socialista a conquistare l’Eliseo. Per questo motivo Hollande è in testa in tutti i sondaggi e la rincorsa di Sarkozy sembra un’impresa disperata.