Ieri sera il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è intervenuto su La7 alla trasmissione l’Infedele di Gad Lerner. La sua è stata una difesa d’ufficio sui tutti i fronti dell’operato personale e della giunta che presiede, respingendo qualsiasi addebito non senza una certa efficacia mediatica. In particolare, quando è stato richiesto del perchè, da buon ciellino, non abbia deciso di raggiungere i missionari in Brasile durante le sue vacanze, ha rivendicato il suo sacrosanto diritto di fare vacanza come piace a lui.
Ci ha fatto venire invece qualche dubbio quando è sceso nel dettaglio tecnico della gestione del rapporto tra Regione e sistema sanitario. Per verificare le affermazioni del governatore lombardo, siamo andati a spulciare tra le pagine di Angeli, demoni e soldi pubblici, ebook scritto da Marco Alfieri e pubblicato da Feltrinelli. I nostri dubbi sono stati confermati. Formigoni, in un’ottima performance da politico televisivo, è infatto su un paio di (grosse) bucce di banana. Vediamo quali, citando le parole di Formigoni pronunciate ieri e confrontandole con il libro di Alfieri che fa riferimento, con dovizia di particolari, a documenti ufficiali della Regione Lombardia.
Dice Formigoni a Gad Lerner:
1) “Negli ultimi anni Regione Lombardia ha girato alla Fondazione Maugeri “solo” 7,3 milioni di euro, rispetto ad una distrazione di fondi ipotizzata dalla Procura di ben 56 milioni. Com’è possibile che la mazzetta sia di 8 volte superiore al contributo regionale?
E’ falso. Il Pirellone, per conto del Servizio sanitario nazionale, ogni anno contratta con ospedali e cliniche private accreditate il budget a disposizione per le cure offerte ai cittadini. In aggiunta a questi normali finanziamenti, versati sulla base dei Drg (appunto le tariffe di rimborso per le singole prestazioni), in questi anni sia il ministero della Salute che il Pirellone hanno riconosciuto erogazioni a fondo perduto e bonus/eccellenza milionari per l’attività scientifica, didattica e ospedaliera alle strutture private. Spesso soldi decisivi per far quadrare i bilanci, assegnati con criteri discrezionali. Se si prende ad esempio la delibera IX/2132 approvata dalla giunta Formigoni il 4 agosto 2011, si scopre che alla fondazione Maugeri, solo per le cosiddette “funzioni aggiuntive” a riconoscimento delle attività di eccellenza, sono stati assegnati20,7 milioni di euro.
2) “Il Pirellone negli ultimi anni ha aumentato i controlli”, dice Formigoni. “Ma non abbiamo poteri di pedinare le persone, fare intercettazioni, investigare come fa la magistratura né tanto meno verificare i bilanci delle strutture private, una pratica di competenza del prefetto di Milano (per il San Raffaele) e di Pavia (per la Maugeri)…”. Aggiunge inoltre, Formigoni, che quando si parla del San Raffaele si parla di una struttura privata in cui “non un euro dei cittadini lombardi è andato perduto”
Ci sono almeno due episodi recenti, relativi al San Raffaele, che smentiscono queste affermazioni. Uno. Il 18 dicembre 2008, la Direzione generale della Sanità lombarda, con decreto 15315, stanzia cinquantasei milioni destinati a finanziare “progetti finalizzati a miglioramenti organizzativi strutturali e tecnologici presentati da soggetti privati no profit”. Il bando, aperto solo a imprese Onlus in ambito sanitario, serve ad evitare multe dall’Europa, che vieta espressamente aiuti alle imprese. Nella lista finale entrano diciassette enti per complessivi cinquantacinque progetti finanziabili. Tra questi c’è la Casa di cura Beato Palazzolo di Bergamo, che riceve un contributo totale di 1.096.178 euro, la Casa di cura S. Pio X di Milano e l’Ospedale San Camillo di Cremona (un milione e novantasei di euro ciascuno), le Case di cura della congregazione suore ancelle della carità di Brescia, Cremona e Mantova (due milioni e quattro di euro ciascuna), la Fondazione Don Gnocchi di Milano (due milioni e settantasei), la Fondazione Poliambulanza di Brescia (sette, otto milioni) e poi, in vetta, l’Irccs San Raffaele con ventitré milioni, la metà esatta del budget stanziato, che si vede finanziare ben tredici progetti tra cui il potenziamento del servizio di radioterapia oncologica, la riorganizzazione gestionale delle unità operative dei reparti e il miglioramento dell’accessibilità ai servizi ambulatoriali e day hospital.
Il bando regionale viene prorogato dal Pirellone per altri due anni (2009 e 2010), con stanziamento di sessanta milioni + sessanta milioni. Nel 2009 vincono in sedici enti, praticamente gli stessi dell’anno prima, per un totale di cinquantuno progetti finanziabili. Il San Raffaele fa la parte del leone: ottiene risorse su tutti e quattro i progetti presentati per la bellezza di sedici milioni e sette, nonostante le riserve dell’Asl di Milano chiamata a valutare i singoli dossier. Lo si scopre da una lettera del 18 giugno 2009 a firma Cristina Cantù, allora dg dell’Azienda sanitaria, inviata al vice presidente Cal. Per il servizio epidemiologico dell’Asl meneghina i progetti mancano complessivamente degli “elementi sui costi di realizzazione”; “la positività del rapporto costi-benefici è a noi sconosciuta”; “la relazione tecnico-sanitaria che accompagna i progetti è ridondante e ripetitiva e fa difetto una impostazione che consenta al revisore di muoversi agevolmente nella documentazione”. Ma ciò non basta a bloccare i finanziamenti: per il Pirellone il parere della Asl competente va cestinato. Nel 2010 la Regione diventa leggermente più severa con l’ospedale di don Luigi. Due progetti presentati su tre non vengono finanziati ma il terzo (realizzazione di nuove sale operatorie), viene sovvenzionato con tredici milioni e otto nonostante l’ennesima pagella negativa dell’Asl, spedita il 27 maggio 2010 dal nuovo dg Walter Locatelli al solito Cal. Identiche le riserve sul nuovo blocco operatorio: “rapporto benefici-costi sconosciuto” e “finanziamento che coprirà meno della metà degli utenti per la patologia oncologica”.
Dunque il Pirellone aveva gli strumenti e le informazioni per valutare la bontà dei progetti, eppure ha deciso di non tenerne conto. Perché?
Due. L’alibi comodo del “non sapevo” vacilla anche nel caso del tentativo di trasformare la struttura controllata San Raffaele Turro (che dispone già di duecentottantadue posti letto accreditati con il Ssr) in Irccs per poter aumentare i finanziamenti pubblici. È una storia paradossale. Con l’acqua alla gola, tra il 26 gennaio e il 25 febbraio 2011, Cal e Verzè mandano la solita richiesta in Regione dove gli amici certo non mancano. Tra la documentazione richiesta dagli uffici del Pirellone vengono forniti anche i bilanci e gli indicatori di economicità e patrimonio degli anni 2007-2008-2009 della capofila Fondazione San Raffaele. È tutto scritto nella delibera IX/1484 del 30 marzo 2011. Ricevute e vagliate le carte, così si esprime la giunta Formigoni: “a seguito della istruttoria effettuata, si rileva che la documentazione presentata dalla Fondazione San Raffaele Monte Tabor risulta completa ed esauriente rispetto ai fini della valutazione e dei requisiti richiesti per il riconoscimento del carattere scientifico della Casa di Cura San Raffaele Turro”. Soprattutto, “risulta coerente con la programmazione regionale”. Di conseguenza “ritiene di trasmettere il presente provvedimento al Ministero della Salute per il seguito di competenza”. Ovviamente con il crac dell’ospedale la pratica si ferma nei cassetti del Ministero. Ma per Formigoni, che dà il via libera, nulla osta al riconoscimento del ministro, che poi è il verzista di ferro Ferruccio Fazio. Ma se la Regione dichiara in documenti ufficiali di aver acquisito completa visione dei bilanci di Fondazione, come può qualche mese dopo sorprendersi del buco, o dire che è competenza del prefetto vagliare i bilanci?
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