Sembra che la maggioranza dei tedeschi voglia ormai uscire dall’euro. Secondo un sondaggio dell’”Emnid-Institut”, il 56% della popolazione germanica tornerebbe volentieri al marco.
Il sondaggio è stato commissionato dal quotidiano sensazionalista “Das Bild”, noto (un tempo) per la passione di pubblicare tette in copertina. Ciò lascerebbe dubitare dell’attendibilità del sondaggio, ma comunque conferma che la “pancia” dei tedeschi – di cui “Das Bild” è ambasciatore e portavoce – è orientata verso un pragmatico e nordico divorzio.La novità è che, come nella grande arte tedesca, anche la “testa” inizia a favorire questa scelta. Diverse personalità hanno iniziato a fare “coming out” rispetto all’uscita dall’euro. Tra gli altri, il capo dell’azienda energetica Linde, Wolfgang Reitzle, ha espresso dubbi fortissimi rispetto alla necessità di mantenere in vita l’euro – e soprattutto di continuare a ripararlo.
Eppure, sarebbe necessario esplorare meglio l’aspetto degli “svantaggi” dell’euro per la Germania. I problemi dell’euro per i PIIGS sono noti: forzare un intero continente, con un patchwork di diverse culture economiche e diversi stati di sviluppo industriale, a lavorare con lo stesso tasso d’interesse base, è la ricetta perfetta per realizzare un incubo economico. Il placido “Mondrian” di culture economiche si trasforma in un “Pollock” di inflazione, speculazione, bolle immobiliari, record esportativi e diseguaglianze economiche. Un dramma moderno che accosta l’economia a una tragedia di Shakespeare.
Ma, come in tutte le tragedie, alla fine qualcuno prevale, qualcuno soccombe, qualcuno muore e qualcuno sopravvive. Gente come Reitzle, e come gli avidi lettori di Bild, sono convinti che con l’uscita dall’euro la Germania vivrà il suo definitivo trionfo e sarà incoronata regina di se stessa – e forse d’Europa. Ciò è possibile, ma ci sono anche rischi. Prima di tutto, tornare al marco non esimerà i tedeschi dal dovere economico (e sto parlando di interesse, non di etica) di continuare a prestare aiuti finanziari ai paesi in difficoltà. Ciò dipende dalla necessità di preservare mercati per l’export, visto che il 60% delle vendite tedesche va ancora in Europa, nonostante la crescita della componente cinese. Inoltre, forse ai tedeschi farebbe piacere evitare di trovarsi nel bel mezzo di una wasteland geopolitica percorsa da mafie al Sud e all’Est, e da milioni di disoccupati all’Ovest. Al Nord, come al solito, la gente continuerà a bere tè e parlare del brutto tempo.
Per questo, il marco acquisterebbe valore. Ciò dipenderebbe anche dalle “normali” circostanze dell’export-import: il surplus commerciale tedesco (record su record di esportazioni) spingerebbe il marco verso l’alto, rendendo i prodotti tedeschi più cari per l’estero (si vende in dollari, e i dollari devono essere cambiati in marchi; il marco prende valore e i beni diventano più cari). Ciò, finora, non è avvenuto perché l’euro è ancorato anche a economie con deficit commerciali (importano più di quanto non esportino). Se a questa tendenza normale si aggiungesse la spinta verso l’alto dovuta ai flussi finanziari, dovuti alla fuga dall’apocalisse fiscale, il marco schizzerebbe alle stelle.
Un marco caro deprimerebbe le esportazioni tedesche. La storia non finisce qui: anche le importazioni diventerebbero per i tedeschi più convenienti rispetto a una produzione in casa. Un particolare ammontare di marchi riuscirebbe ad acquistare maggiori quantità di valuta straniera. Converrà acquistare auto dall’estero a poco prezzo, piuttosto che produrle e acquistarle in marchi. Il marco forte sarebbe perciò un incentivo alla deindustrializzazione. Per questo, il ritorno al marco farebbe della Germania il “big loser” della tragedia euro. Berlino avrebbe una valuta nazionale molto cara, e problemi con le esportazioni, e problemi di competitività internazionale – e per questo problemi di crescita e occupazione. Inoltre, la Germania dovrebbe continuare a prestar soldi per sanare i problemi esteri.
Se l’euro si deve rompere, l’unica exit strategy (o exit tragedy) possibile per i tedeschi sarebbe la creazione di una nuova unione monetaria più piccola dell’euro, ma più grande della Germania da sola, insieme alle economie ad alta innovazione e alta partecipazione al lavoro del Nord Europa. Ciò non eviterebbe un aumento di valore del marco dovuto alle esportazioni, ma limiterebbe in parte gli effetti dei flussi finanziari, perché la base monetaria sarebbe più ampia rispetto al solo marco. Per i tedeschi non sarebbe un affare come l’euro, ma risolverebbe alcuni dei problemi di un marco autonomo. Del resto, non c’è mai da sorridere alla fine di una tragedia.