Portineria MilanoScandalo Lega, la massoneria e quell’intercettazione scomparsa

Scandalo Lega, la massoneria e quell’intercettazione scomparsa

I giorni che vanno dall’8 al 12 gennaio del 2012 passeranno alla storia della Lega Nord. Sono cinque giornate che hanno segnato lo spartiacque tra la vecchia gestione «cerchista» di Umberto Bossi e il nuovo corso di Roberto Maroni. È un passaggio di testimone che si sta consumando in questa piovosa primavera lombarda, tra l’espulsione di Rosi Mauro dal Carroccio e le dimissioni del Trota Renzo Bossi dal consiglio regionale, dopo le indagini che hanno travolto l’ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito e tutta la famiglia Bossi di stanza a Gemonio. È un’inchiesta su cui stanno lavorando ben sei procure, da Reggio Calabria a Milano fino a Napoli. E dove s’intreccerebbero pure gli interessi della ‘ndrangheta e di altre associazioni criminali con quelli della politica italiana. Dove compaiono e scompaiono uomini della malavita organizzata che sarebbero stati in affari con le grandi aziende statali che lavorano nell’Africa subsahariana, come Finmeccanica o Agusta Westland.

Secondo il blog di Sergio Cori di Modigliani “Libero Pensiero” –vicino al God la massoneria del Grande Oriente Democratico – tra le maglie della maxi inchiesta su Belsito ci sarebbe «un’intercettazione» esplosiva registrata dalle forze dell’ordine proprio lunedì 9 gennaio. Si tratterebbe di un colloquio registrato che «la magistratura ha secretato e di cui non esiste alcuna trascrizione a disposizione della stampa» e che vedrebbe tra i suoi protagonisti «la vicepresidente del Senato» e l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. «Perché si sa che quella intercettazione c’è. È quella il clou della tragedia», si legge sul sito

Le giornate che dovranno essere sottolineate con la matita rossa sui libri della Lega, quindi, sono appunto quelle che partono da domenica 8 gennaio. Quando tra i banchi della Camera dei deputati (e non solo), si discuteva su come votare per l’arresto di Nicola Cosentino, il deputato del Popolo della Libertà indagato dalla procura di Napoli per concorso esterno in associazione camorristica. In quell’occasione la Lega di Bossi (il capogruppo era ancora l’esponente del cerchio magico Marco Reguzzoni, ndr), si comportò in un modo martedì nella giunta per le autorizzazioni, votando a favore, e in maniera opposta due giorni dopo a Montecitorio, quando il voto segreto salvò Nick ‘o ‘mericano dal carcere.

Secondo la maggior parte degli analisti politici, quella giornata, il 12 gennaio, fu il funerale politico di Maroni. Cosa che in realtà, osservando quello che sta accadendo in questi giorni, si è rivelata una premonizione sbagliata. Certo, Bobo prese un duro colpo quel giorno e lo comunicò pure via Facebook ai militanti. («Non smetto di credere e di lavorare per la Lega che ho contribuito a costruire in oltre 25 anni di attività politica»). Eppure, anche dopo la fatwa successiva con cui Bossi (?) impose a Maroni il silenzio, per l’ex ministro dell’Interno è iniziata una strada in discesa. Il 20 gennaio Reguzzoni perde la poltrona di capogruppo e i barbari sognanti incominciano a prendere sempre più potere dentro il movimento, a partire dalla serata «maroniana» di Varese il 18 gennaio.

Ma torniamo alle giornate in cui nella Lega si discute sull’arresto di Cosentino. E qui bisogna fare una piccola premessa, prima di raccontare quei giorni infuocati dentro via Bellerio. Il caso Belsito per i fondi in Tanzania è già scoppiato l’8 gennaio. Il Secolo XIX ha già pubblicato quell’inchiesta molto dettagliata a riguardo e in Lega iniziano i problemi. A raccontarlo sono le intercettazioni contenute nelle carte della procura di Napoli che in questi giorni compaiono sui quotidiani, con Roberto Castelli e Roberto Calderoli che chiedono conto della finanza creativa al leghista genovese. Forse lo coprono. Forse no. I magistrati stanno indagando. Rimane che il Carroccio è nel putiferio.

Il 9 gennaio è un lunedì. E la segreteria politica si riunisce per fare il punto della situazione. Quel giorno in Bellerio si deve parlare oltre che di Tanzania soprattutto della posizione che avrà il Carroccio su Cosentino. Maroni detta la linea e oltre a spiegare di non sapere niente dei fondi «africani» annuncia pubblicamente la sua presa di posizione di votare sì all’arresto. Il giorno dopo sui quotidiani l’ex direttore della Padania Gianluigi Paragone scrive su Libero: «Ma su Cosentino vince Maroni», mettendo in relazione gli investimenti in Tanzania del tesoriere del cerchio magico Belsito e la posizione dell’ex ministro dell’Interno sul deputato pidiellini.

Tutto fila liscio alla giunta per le autorizzazioni alla Camera martedì 10 gennaio, ma in meno di 24 ore Bossi cambia idea. E il Senatùr lo dice pure pubblicamente poco prima del voto alla camera il 12 gennaio: «Libertà di coscienza. Nelle carte non c’è nulla». La cosa creerà una bagarre infinita, tanto che i leghisti arriveranno perfino alle mani nel corso della riunione di gruppo, con Maroni saldo nel dire: «Da ministro dell’Interno uscente vi dico che voterò a favore dell’arresto di Cosentino». Non è chiaro chi ha votato sì o no all’arresto, nel segreto dell’urna. I barbari sognanti sono uniti nel dire che votarono a favore. E tra le maglie dell’opposizione c’è la certezza che a votare contro furono gli esponenti del cerchio magico.

Ma cosa accadde tra il 10 e l’11 gennaio? Cosa fece cambiare idea a Bossi? Secondo le cronache dell’epoca, il Senatùr vide mercoledì sera Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli. Ma su blog di cui abbiamo parlato all’inizio dell’articolo, spesso citato dal God, si dà conto di uno spiffero che non è ancora stato smentito da nessuno dei protagonisti, né dalla magistratura, né dai parlamentari interessati. Il pezzo è uscito il 6 aprile scorso e parla delle indagini sul Carroccio. Scrive Di Cori Modigliani, che intreccia la questione Belsito con quella di Cosentino, raccontando appunto di quelle giornate. «Mi riferisco qui alla sera del giorno (9 gennaio, ndr) in cui si è svolta la riunione della direzione della Lega Nord a via Bellerio, nel corso della quale l’ex ministro degli Interni, Roberto Maroni, si assunse la responsabilità di sostenere l’assoluta necessità di votare alla Camera per l’arresto del deputato pidiellino Nicola Cosentino e di lì a un’ora comunicò la scelta del partito alla stampa».

Cosa accadde quella sera secondo Di Cori Modigliani ? Il titolare del sito “Libero Pensiero” parla di un telefono di Rosy Mauro infuocato. «Ma alle ore 20, Rosy Mauro riceve una telefonata da Cicchitto che chiede conferma. E venti minuti dopo c’è la telefonata del sultano di Arcore alla vice-presidente del senato, durata quasi un’ora. Due ore dopo, Bossi chiama Maroni e gli dice che si vota a favore di Cosentino. Come, regolarmente, avviene il giorno dopo».

Esiste davvero questa intercettazione? Cosa si sono detti la Mauro, Cicchitto e il Cavaliere. C’è un filo che unisce le indagini della procura di Napoli con quelle di Reggio Calabria? Arrivando persino a quelle su Cosentino. «L’intercettazione è legale» si legge ancora nel pezzo. «Doppiamente legale. Perché i furboni, pensando di poter aggirare il lavoro delle forze dell’ordine, usano cellulari protetti e a nome di terzi sconosciuti. Si dà il caso, però, che questi terzi sconosciuti fossero già da tempo nel mirino degli inquirenti. E così il destino regala questa chicca che dà origine a tutto. Non sappiamo che cosa si siano detti. Ma 60 minuti sono lunghi, molto lunghi. Evidentemente di carne al fuoco ce ne doveva essere parecchia e denota i contorni di un copione italiano». 

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