Diciamoci la verità, in questa presunto scandalo della Lega non c’è davvero nulla di nuovo. È un film visto e rivisto molte volte nella politica italiana, dove persino i commentatori fanno finta di mostrare meraviglia nel constatare che il movimento anti-partiti ha finito col tempo (ma da tempo) con l’omologarsi al peggio della tradizione italiana.
Nel nostro piccolo su Linkiesta l’avevamo scritto. Ma il punto non è questo. Non siamo stati i soli, del resto. Nessuno ha mai creduto alla favoletta del movimento dei duri e puri che è rimasto incontaminato dalle logiche del potere. Adesso, però, come al solito avviene in Italia, tutto cambia. E la certificazione arriva, sia pure in fase inquirente, dal solo potere unanimemente riconosciuto in questo Paese: il potere giudiziario.
Un tempo, anni e anni addietro, si usava quest’espressione: l’ha detto il telegiornale. Ormai, dopo Minzolini e tanti altri, il tg ha perso il suo potere. Ma se a dirlo è un pm, allora sì che è legge. Tutto quel che fino al primo giorno veniva relegato al rango di chiacchiericcio o, se vogliamo, anche a quello di inchiesta giornalistica, finalmente assurge a verità incontestabile cui tutti devono prontamente adeguarsi. L’ha detto il magistrato, c’è un’inchiesta e allora anche la Lega è ladrona e magari non la votiamo più.
Non bastava l’evidente familismo che permeava la formazione politica genialmente inventata da Umberto Bossi? Mi perdonerete il ricorso al padano Lombroso, ma non sarebbe bastata una fotografia di Francesco Belsito per comprendere che forse non aveva gli stessi fondamenti di economia di un Kruger o di uno Stiglitz? E la ridicola invenzione giornalistica del cerchio magico?
Suvvia, ma perché gli italiani devono aprire gli occhi solo quando la verità – o presunta tale – la spiattella un pubblico ministero? Purtroppo nemmeno nella polvere la Lega si è mostrata diversa da altri partiti. C’è il capo che, come tutti, subisce il fascino dell’adulazione e premia il più fedele e servile consegnandogli la cassa, magari dandogli qualche dritta da seguire. C’è il suddetto fedelissimo che ovviamente avrà sempre un occhio di riguardo per i rampolli del leader. Ma ci sono, anche, gli oppositori interni che – scusate il linguaggio duro – non sono politicamente in grado nemmeno di fare il solletico a un capo infermo e provato da una lunga malattia. Vero, Maroni?
Insomma, la solita storia di ignavia e immobilismo italiano cui vanno aggiunti quegli elettori padani che magari oggi si indignano persino. Apprezzo di più quelli che attaccano Woodcock, mi sembra più coerente e magari anche sono anche i più vicini alla verità. Ancora una volta, dunque, il sipario su una storiaccia nota a tutti deve alzarlo un pm. Altrimenti non conta. Un po’ come quando in famiglia la mamma diceva: “stasera vedrai che lo dico a tuo padre”. Siamo un Paese senza drenaggio, che potrebbe bersi la stessa solfa per decenni in assenza di un segnale da una procura. È questo l’aspetto triste di questa storia leghista. Altro che i centomila euro nel cappello. A proposito, ma che cappello era? Un mega sombrero?