A Roma le istituzioni litigano, la montagna di rifiuti cresce

A Roma le istituzioni litigano, la montagna di rifiuti cresce

Roma. Due rappresentanti delle istituzioni che si guardano in cagnesco. Di più: si combattono a distanza. In mezzo c’è quella collina, anzi montagna, di immondizia che è la discarica di Malagrotta. La più grande d’Europa. Senza la quale Roma diventerebbe la Napoli delle peggiori cartoline in tre giorni. E mai come adesso il rischio è più concreto che mai. Non è una questione ambientale, o non solo. È politica, ed economica.

Da una parte c’è il ministro per l’ambiente Corrado Clini, sul cui tavolo è arrivata la questione dei rifiuti del Lazio dopo quindi ci anni di gestione “a vista”. Dall’altra il sindaco di Roma Capitale Gianni Alemanno, che ha tra le mani la bomba a orologeria che rischia di scoppiare proprio in campagna elettorale.

E c’è un calendario fitto di annunciati D-Day, tutti naufragati. L’ultimo, che per il ministro sarebbe dovuto essere inderogabile, è scaduto martedì. Con un’altra fumata grigia, per non dire nera.  Il tema è: trovare una “discarica di servizio” che supplisca Malagrotta alla sua chiusura (adesso fissata per fine anno, ma con odore di proroga come è accaduto da dieci anni a questa parte) mentre si dovrebbe spingere sulla raccolta differenziata per ridurre più possibile la quantità di rifiuti da infilare in discarica.

L’annosa questione è: dove piazzare la nuova mini- Malagrotta? È qui il motivo del contendere: i siti proposti dal piano Polverini sono stati bocciati uno dopo l’altro da perizie tecniche e geologiche. Il prefetto Massimo Pecoraro, commissario straordinario, propende per Corcolle, a nord di Roma, e insiste: «Andremo avanti facendo gli espropri e la gara europea. Funzionerà per due anni, due anni e mezzo. Situazioni diverse non ce ne sono». Clini e mezzo governo non sono d’accordo: il sito è a due passi da Villa Adriana, sito archeologico protetto dall’Unesco. Il ministro ha indicato invece via di Monte Carnevale. E si trova di fronte il muro compatto del sindaco e dello Stato Maggiore della Difesa. Si tratta di un’area situata in una zona militare già usata nel passato come deposito di brecciolino. «Troppo vicino a Malagrotta. Si andrebbe a pesare su una zona già martoriata per anni e che vede anche la presenza di una raffineria e di un gassificatore, ha tuonato Alemanno.

E non si è fatta attendere la reazione del Capo di Stato Maggiore, generale Biagio Abrate, che ha scritto al prefetto per illustrare i motivi che dovrebbero sconsigliare questa scelta. La prima ragione è la vicinanza al Centro Intelligence Interforze della Difesa. Quest’ultima segnala «due sensibilissime interferenze»: una di carattere «tecnico-operativo» (l’aumento del traffico di mezzi pesanti e la «variazione nel campo elettromagnetico del parco antenne principale»); l’altra di carattere «sanitario» («la dispersione di contaminanti aerodiffusi» osservando che la base è «sottovento», polveri, germi e «specie animali vettrici di patologie»). La Difesa poi fa riferimento al «principio di precauzione» e a «possibili danni acuti o di lungo termine» per chi opera al Centro Interforze». Il dicastero dell’Ambiente ribatte che l’Autorità di Bacino invece l’ha promossa proprio «per le positive caratteristiche idrogeologiche (base di argilla impermeabilizzante di oltre 80 metri e consistente barriera naturale).

Martedì scorso, per l’appunto, c’è stato il vertice tra Clini, Alemanno e Polverini che avrebbe dovuto trovare “inderogabilmente” la soluzione. Risultato? È stato siglato un “Patto per Roma”, l’ennesimo documento che vuole spingere la raccolta differenziata, il riciclo e il recupero di energia dai rifiuti. E il nuovo sito? Niente.

I commenti? Un laconico «È andata bene» dalla Polverini. E Alemanno: «L’ unica cosa che non si può proprio fare è scegliere Monte Carnevale perché non si può fare una Malagrotta 2». Nessun passo indietro.

E poi c’è l’avvocato Manlio Cerroni, padre padrone della discarica, che non più tardi di cinque giorni fa ha scritto così al ministro: «Con l’approssimarsi della chiusura il nostro Gruppo – si legge nella lettera pubblicata sul sito della società Colari – ha per tempo ricercato e predisposto dopo attenta ricognizione e vivisezione del territorio progetti su tre siti e avviato dall’ottobre 2009 le procedure per l’istruttoria e la conseguente autorizzazione. Solo l’inerzia (è un eufemismo) degli organi responsabili non ha consentito di concludere i rispettivi iter e pervenire all’autorizzazione. Anziché istruire la pratica e pervenire nei tempi canonici all’autorizzazione, per motivi inconfessati (o inconfessabili) si è scelta la via dell’emergenza con la nomina del commissario del prefetto di Roma. I tre siti sono Monti dell’Ortaccio, Quadro Alto, Pian dell’Olmo».
E aggiunge: «La realizzazione della discarica è un nostro diritto imprenditoriale».

Quadro Alto, a Riano, è una cava di tufo acquistata dallo stesso Cerroni una manciata di mesi fa, appena diffusa la notizia che in quella zona il piano regionale prevedeva di insediare la discarica. Una perizia geologica ha mostrato l’affiorare dell’acqua dal terreno. Le falde sono vicine al piano di scavo. Ma il sito non è stato completamente derubricato dalla Polverini. Pian dell’Olmo è poco distante mentre Monti dell’Ortaccio è in sostanza Malagrotta: si trova a un soffio di vento dall’attuale discarica.

Il totodiscarica è aperto mentre Malagrotta continua a ingoiare 4.500 tonnellate di rifiuti al giorno. Se dovesse chiudere (come previsto, sulla carta, da dieci anni) non esisterebbe a oggi alcuna alternativa all’invasione dei sacchetti di rifiuti per le vie di Roma.
 

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