Parigi. «Io ho deciso, domenica voterò scheda bianca, voi votate secondo la vostra coscienza e la vostra sensibilità». Sono quasi le 13 quando, dal palco piazzato davanti al palazzo bomboniera dell’Opéra Garnier, Marine Le Pen fa l’annuncio che tutti attendevano. Illusorio aspettarsi una scelta di campo a favore di Hollande o di Sarkozy. La bionda leader della destra li mette entrambi sullo stesso piano. Quando cita i partiti che sostengono i due sfidanti, li unisce in una sola sigla: Umps (Ump + Ps). «Nessuno dei due merita la nostra fiducia, faranno perdere la Francia. Nessuno fra Hollande e Sarkozy vi salverà».
Il popolo della destra approva. Grida: “Sarkò Hollande c’set pareil” (Sarkozy e Hollande fa lo stesso). Scandisce in coro: “Niente destra e niente sinistra, solo blu Marine”. Ma i fischi più sonori sono per il presidente. Anche il coro più beffardo prende di mira Sarkozy: «Sarkò tu es foutu, la jeunesse est dans la rue» (Sarkozy sei fottuto, la gioventù è nelle strade”. Molti rivelano che domenica prossima andranno a votare ma annulleranno le scheda scrivendo il nome di Marine Le Pen.
Non è una folla oceanica quella raccolta nelle strade di Parigi dal Front National. Si tratta di poche migliaia di persone. Ma si fanno sentire. Cominciano a radunarsi di buon mattino a Place du Palais Royal, di fronte al Louvre. Sventolano il tricolore e innalzano le bandiere locali delle varie regioni delle Francia.
È da anni che il Front National raduna il suo popolo il 1° maggio per celebrare Giovanna d’Arco, la pulzella di Orleans, eroina nazionale francese. Non c’è nessun motivo per festeggiarla il 1° maggio. Infatti la pulzella nacque nel gennaio del 1412 (600 anni fa) e morì bruciata sul rogo il 30 maggio 1431. Per Jean-Marie Le Pen scendere in strada in questo giorno è solo un pretesto per non lasciare la ribalta ai sindacati e al popolo della sinistra.
Oggi a Parigi i più scatenati sono un gruppo di ragazzi del movimento giovanile del partito. Niente anfibi, teste rasate, giubbotti di pelle o facce truci. Volti di ragazze e ragazzi come tanti. Brufoli, occhiali, frangette, anche piercing e orecchini. Indossano una maglietta con la scritta: “Francese fiero e forte”. Olivier, 19 anni fra un mese, prossimo studente in medicina, viene dall’Alsazia. Ha la frangetta scolpita con il gel, porta all’orecchio destro un vistoso orecchino e ostenta attorno al collo una corona del Rosario con il crocefisso che gli pende sul petto. “Sì, indosso la croce per ricordare che noi, la Francia e la Spagna siamo paesi cristiani”, dice. “Mio padre è sindaco di un paese alsaziano, quando ero più giovane simpatizzavo per il suo partito l’Ump. Ma poi ho capito che Marine incarna meglio la mia idea della Francia. Il voto che le ho dato il 22 aprile è stato meditato, non era un voto di rabbia”.
Marc, 16 anni, anche lui alsaziano, indossa un berretto da marinaio. Ancora non vota, ma è già un militante del partito. “Marine è la nostra Giovanna d’Arco”, dice. Romain, 19 anni, arriva dalla Piccardia, nel nord della Francia. Fino a due anni sosteneva Sarkozy, ora è passato alla destra. “Sarkozy non è stato capace di affrontare i problemi creati dalla globalizzazione e ha portato la Francia alla decadenza. Invece Marine sa dare delle risposte, come da voi in Italia ha fatto la lega Nord”. Pierre, 28 anni, insegnante, approva e aggiunge: “Non siamo contro l’Europa, siamo contro l’Unione europea. In Europa alcune cose funzionano, come il consorzio Airbus, ma è assurdo pretendere una dissoluzione delle nostre identità. Ci vuole un’Europa dei popoli, formata da identità forti”.
Sia Romain che Pierre domenica annulleranno la scheda votando Le Pen. Pur non avendo l’aspetto di ultras da stadio, entrambi ci salutano con il grido che già avevamo sentito nelle strade di Budapest da parte dei militanti di destra ungheresi: “Forza Lazio, viva gli irriducibili”.
Gilbert Quenoi, 78 anni, della regione parigina, tiene in mano il tricolore ed esibisce all’occhiello una coccarda con la scritta “La France d’abord” (prima di tutto la Francia). Dice: “Sono qui per la Francia. La Francia ai francesi, la Francia prima di tutto. Perché ormai siamo invasi, come voi italiani siete invasi dagli stranieri che arrivano a Lampedusa. Tutta l’Europa è invasa dall’Islam, questo è il problema. E l’altro problema è che siamo governati da una banda di burattini. Abbiamo più deputati e senatori di quelli degli Stati Uniti e tutti questi politici ci costano troppo”. Prima di salutarci, monsieur Gilbert fa una confidenza: “Pensi che i miei genitori erano comunisti. Lo ero anche io una volta, poi ho cambiato, sono diventato meno stupido”.
Non si vedono saluti fascisti o simboli nazisti. Appare qualche testa rasata, ma nulla di vistoso, fanno meno paura di quelli visti a Budapest pochi mesi fa. Alle 10.30 arriva il vecchio Jean-Marie Le Pen e il corteo si mette in marcia lungo rue de Rivoli. Ai lati della strada i turisti osservano e scattano fotografie. Gli indiani vendono mazzi di mughetti, i fiori con i quali i francesi celebrano il 1° maggio. Le Pen depone un mazzo di fiori davanti alla statua dorata che raffigura Giovanni D’Arco, poi il corteo devia verso la place dell’Opéra. Ai lati della strada una signora sventola con forza il tricolore. “Mi chiamo Bernadette”, racconta, “ e non mi sono mai interessata di politica perché ho dovuto crescere quattro figli. Ma oggi sono qui perché Marine è la sola che difende i valori cristiani. Sono valori in cui credo, sono gli unici che contano nella vita, più dei soldi e della carriera”.
Davanti al teatro dell’opera il palco è pronto. La musica è un crescendo. Prima un boogie, poi il Bolero di Ravel, infine, anche qui come a Pontida, “Va pensiero”. Sulle note del coro verdiano del Nabucco, Le Pen padre sale con agilità sul palco. Parla solo quindici minuti nei quali celebra Giovanna D’Arco. Il vecchio Le Pen, nel suo francese elegante, parla con le maiuscole: santa martire, gloria immortale, onore. Dice che la pulzella è più grande di Napoleone e del Re Sole perché lei è stata martire e “dialoga col cielo”. Una lezione di storia alla sua maniera. Poi un grido di dolore (“La nazione è in pericolo di morte”), una supplica (“Vi invito alla speranza e all’azione”), l’apoteosi finale (“Vive Jeanne, vive Marine, vive la France”).
Marine, la nuova pulzella, parla quasi un’ora. Attacca i burocrati di Bruxelles, lancia un paio di stoccate a Mario Draghi, rivendica il suo ruolo di “centro di gravità della politica francese”, pregusta un grande risultato al “terzo turno”, cioè le elezioni legislative di giugno”.
Tra la folla si aggira con una telecamera una giornalista musulmana. È a volto scoperto, ma ha la testa coperta da un hijab. Non si è accorta che qualcuno le ha attaccato sulla schiena un volantino nel quale si rivendica la tradizione gastronomica francese: “Ni kebab, ni burger, vive le jambon beurre”. Così in questo 1° maggio lepenista la baguette farcita di burro e prosciutto diventa un nuovo valore della destra, da affiancare a Dio, patria e famiglia.