Adesso bisognerà guardarsi dall’hollandismo-leninismo. La sinistra negli ultimi anni si è innamorata di tutti i leader vincenti: da Clinton, a Blair, a Zapatero. Ora toccherà assistere al diffondersi degli imitatori-adulatori di Hollande. Questa è la contraddizione della sinistra italica: voler sembrare talmente eccezionale e anomala da indicare agli altri il proprio esempio e al tempo stesso talmente insicura di sé, talmente figlia di un dio minore, da aver bisogno di identificarsi con un leader straniero. Nei casi precedenti l’imitazione comportava una certa dose di coraggio visto che Clinton e Blair si presentavano come rinnovatori della sinistra fino a ipotizzarne il superamento, mentre Zapatero rompeva il cerchio della questione vaticana con il suo laicismo radicale. Hollande non si presta ad operazioni di fantasia. Il nuovo presidente è un normale leader di sinistra che di fronte alla crisi si pone il problema della salvaguardia delle classi più deboli, del contrasto della grande finanza, del ruolo del “pubblico”, delle ambizioni nazionali.
Hollande è in pratica socialista. Se con Clinton, Blair e persino Zapatero era possibile l’identificazione come superamento del nodo socialista, con Hollande l’operazione appare praticamente impossibile. Ecco perché il diffondersi dell’hollandismo-leninismo nelle leadership della sinistra non potrà essere indolore. Ci sono nodi da sciogliere per tutte le forze che si collocano a sinistra. Il piccolo partito di Nencini, che ha ereditato la gloriosa sigla del Psi, deve scegliere di radunare tutte le forze e lanciare una proposta all’intera sinistra ponendo al proprio mondo socialista da ricomporre il tema di fondo: i socialisti stanno a sinistra, questo vale per Tremonti come per gli altri che si fanno scudo della “persecuzione” giudiziaria per continuare a stare a destra o rivendicano il berlusconismo recente. Anche per Vendola è arrivato il tempo della scelta. La sinistra che lui rappresentata non può stare ancora a lungo a bagnomaria. Quella che più le somiglia, la Linke, sta subendo colpi elettorali, quella più tradizionalista, la greca, offre una strada che dovrebbe essere impercorribile per il governatore pugliese. Vendola non può inneggiare a Hollande contro Monti e poi dimenticare che Hollande trae forza da una esplicita tradizione socialista.
Bersani dovrà invece fari i conti con quelle aree del suo partito che hanno a lungo sognato un Pd di centro, montiano e sodale di Casini anche fino al punto di pagare il prezzo della rottura a sinistra. Il Pd dovrà misurarsi con il problema che lo accompagna fin dall’inizio. L’alternativa alla destra in Europa è socialista. Tutte le altre vie, terze o quarte, sono fallite. Sarà che il mondo non ha capito l’Italia, resta il fatto che la sinistra europea è socialista. E’ ovvio che sarebbe suicida immaginare un nuovo cambiamento di nome per il raggruppamento più forte della sinistra italiana. Come si vede, i fatti sono più forti dei nomi. Tuttavia il Pd non può sfuggire alla scelta fra farsi promotore di un rassemblement di tipo socialista che punti al governo del paese oppure navigare secondo il vento. Forse è arrivato il momento di fare il bilancio della recente storia della sinistra italiana per trarne le conseguenze. Il socialismo aggressivo e rampante di Craxi ha distrutto persino il nome antico, il post-comunismo terzista ha riportato la sinistra in mezzo al guado. E se provassimo ad essere normali, come suggeriscono la faccia impiegatizia e la pancetta di Hollande? Qui potrebbe esserci il nuovo ruolo di Bersani, normale quant’altri mai purchè abbia il coraggio di dare alla sinistra la sua collocazione originaria.