E per salvare l’Euro Deutsche Bank pensa a una “mini-dracma”

E per salvare l’Euro Deutsche Bank pensa a una “mini-dracma”

La Grecia potrebbe non uscire dall’eurozona. La crisi di Atene sta minando alle fondamenta l’euro, la moneta unica europea. La settimana scorsa si è tornato a discutere di un possibile referendum sulla partecipazione nell’euro da parte della Grecia, complice una telefonata fra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente ellenico Karolos Papoulias. Ma i costi di una secessione potrebbero essere troppo elevati, sia sotto il profilo economico sia sotto quello politico. Ecco quindi che iniziano ad arrivare le soluzioni alternative. Una delle prime è a opera di Deutsche Bank, che propone l’introduzione di una valuta complementare all’euro, il “geuro”. Ma intanto alcune banche, come HSBC, si stanno attrezzando per un eventuale ritorno alla dracma.

Il dramma greco potrebbe avere una soluzione meno devastante di quella che si ipotizzava fino a pochi giorni fa. L’uscita dall’euro, quindi, non è necessaria. L’idea di Thomas Mayer, già capo economista di Deutsche Bank e ora senior advisor del gruppo, è semplice. La Grecia potrebbe creare un sistema duale di valute: euro e geuro. Dato che la Grecia ha poca liquidità in cassa, circa 2,5 miliardi di euro secondo gli ultimi dati del Tesoro, potrebbe esserci una soluzione simile alle cambiali. Secondo Deutsche Bank, Atene potrebbe infatti emettere Issue debtor notes (IoUs), che la banca tedesca ribattezza geuro. Il governo ellenico, spiega Mayer, tramite questo nuovo sistema di pagamento, emette geuro da dare ai creditori, in modo che questi possano avere liquidità. Il geuro infatti si potrà scambiare con l’euro, ma con un tasso assai sfavorevole, come prevedibile. «Circa il 50% nominale in meno dell’euro normale», spiega Mayer, che ipotizza che il tasso di cambio della nuova valuta potrà essere determinato sulla base dell’avanzo primario del governo al momento dell’emissione. «È un sistema complesso, forse impreciso su alcuni punti, ma sicuramente interessante e che potrebbe essere una soluzione sostenibile», dice a Linkiesta un senior trader di Newhedge. Di contro, i debiti che la Grecia ha con la troika (Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea, Ue) continuerebbero a essere ripagati con l’euro, a mano a mano che questi torneranno nelle casse del Tesoro. «Il geuro, se limitato alla circolazione interna, può essere funzionale all’accumulo di euro, il tutto senza una secessione che potrebbe gravare su tutta l’eurozona con effetti imprevisti», spiega Mayer.

Questa soluzione, ancora nelle sue fasi embrionali, prende sempre più piede. Lo scorso 17 maggio Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos, proponeva esattamente la stessa soluzione di Deutsche Bank. «A corto di soldi, il governo greco comincerebbe a pagare parte degli stipendi e delle pensioni con cambiali. Queste cambiali inizierebbero a circolare scontate, magari a metà del loro valore nominale», scriveva Fugnoli. I debiti con Fmi e Bce, di contro, continuerebbero a essere pagati in euro. I vantaggi, come visto, sarebbero elevati: non ci sarebbe alcuna secessione dalla moneta unica e le istituzioni finanziarie non dovrebbero ridenominare alcun sistema. Secondo Fugnoli le cambiali elleniche «potrebbero non essere chiamate dracme e la finzione-realtà della Grecia nell’euro potrebbe essere mantenuta, limitando i rischi di contagio». Non una soluzione definitiva, quindi, ma funzionale a prendere tempo per evitare il peggio, cioè il collasso dell’euro.

Un’idea simile la fornisce anche Lombard Street Research. La casa d’affari londinese ha infatti preparato un piano alternativo all’uscita della Grecia dall’eurozona dopo i ripetuti allarmi del governatore della Bank of England Mervyn King. «Se la Grecia rimettesse in circolo una valuta da utilizzare solo per i pagamenti interni, con l’oggettiva capacità di svalutarla, potrebbe evitare di uscire dall’Unione monetaria europea», fanno notare gli analisti londinesi. Ma a differenza dell’idea di Deutsche Bank, quella di Lombard Street Research prevede una vera e propria moneta parallela. Da un lato, quello nazionale, si userebbe quella che è stata ridefinita come “Nuova dracma”, sganciata dall’euro. Dall’altro, quello internazionale, si continuerebbe a usare l’euro. Anche in questo caso, i pagamenti degli interessi dei prestiti di Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea sarebbero in euro. Tuttavia, come avverte Lombard Street Research, i rischi sono elevati: «Con il doppio sistema di valute, il pericolo è che si vada verso una fuga di capitali verso quella più forte, che sarebbe naturalmente l’euro. In questo caso, il governo greco dovrebbe pesantemente svalutare la nuova dracma, alimentando l’inflazione e le tensioni sociali».

La girandola di voci sul ritorno alla dracma è senza freno. La scorsa settimana, dopo le dichiarazioni del leader del Syriza, la britannica De La Rue, un colosso del settore tipografico, si era detta pronta a fornire alla Grecia delle presse per la stampa di dracme. E la risposta della cancelleria del governo ellenico era stata ancora più allarmante, sebbene l’intento era sarcastico: «Ricordiamo a tutti quelli che ci chiedono se abbiamo bisogno di aiuto per stampare dracme che no, non ne abbiamo bisogno. Abbiamo ancora le nostre presse». Ed è vero. La Grecia, al momento di entrare nell’Unione monetaria europea, non ha ceduto le proprie presse per la stampa di banconote. Come spiega una fonte bancaria a Linkiesta, «diversi Paesi le hanno ancora e nell’ambiente finanziario si sa. Fra questi Grecia, Germania e Italia».

A propendere per il ritorno alla dracma non c’è solo De La Rue. La banca anglo-asiatica HSBC ha fatto sapere ieri che ha pronto il piano per proteggere le sue divisioni elleniche da una corsa agli sportelli. Parlando con l’Independent il direttore finanziario del gruppo, Iain Mackay, ha spiegato che tutto sarebbe pronto: «Sistemi IT, riserve per le filiali, manuali d’istruzione, aggiornamenti dei bancomat. Il nostro piano di contingenza è completo». Come HSBC, altre banche potrebbero già essere pronte per questa ipotesi. Gli istituti di credito tedeschi, come anticipato da Linkiesta venerdì scorso, già a novembre avevano preparato un programma di analisi di rischi di una secessione della Grecia dall’eurozona. E più si va avanti, più aumentano questi piani.

Il clima di incertezza non risparmia nemmeno l’Italia. Oggi nelle sale operative, a Londra come a Parigi e Francoforte, si è tornato a parlare delle parole di Paolo Savona, presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi, che alcuni giorni fa ha parlato di un possibile ritorno alla lira come soluzione di diversi mali italiani. «È sintomatico che si parli di queste opportunità», dice a Linkiesta un analista di Barclays. La paura di un collasso dell’euro è sempre più concreta, sebbene sia il peggiore scenario possibile. Colpa anche delle derive nazionaliste che stanno prendendo diversi partiti politici in Europa, come il Syriza di Alexis Tsipras in Grecia, accreditato di essere in testa ai sondaggi per le intenzioni di voto della prossima tornata elettorale del 17 giugno. C’è da sperare che Tsipras legga la proposta di Deutsche Bank.  

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