Fuga da Equitalia, ora il Piemonte vuole la sua agenzia

Fuga da Equitalia, ora il Piemonte vuole la sua agenzia

Mentre i Comuni italiani fanno a gara in questi giorni a chi scarica per primo Equitalia, assumendo in proprio l’attività di riscossione dei tributi, il Piemonte governato dalla Lega cavalca l’ondata di indignazione contro l’ente partecipato dall’Agenzia delle Entrate (51%) e dall’Inps (49%) e annuncia la nascita di una nuova agenzia regionale che si occuperà del recupero di tasse e imposte locali. Una sorta di “EquiPiemonte” o “Piemonte Riscossioni”, chiamatela come volete, dal volto più umano, e in grado di portare benefici all’amministrazione pubblica.

Ma il cittadino cosa ci guadagna? E quanto tempo ci vorrà perché dalle parole si passi ai fatti? La via piemontese al federalismo fiscale passa attraverso due emendamenti approvati di recente insieme con la finanziaria regionale (provvedimento omnibus in cui è finito di tutto, dall’abrogazione del referendum sulla caccia ai viaggi gratis sui mezzi pubblici per i militari), a cui giornali e tv hanno dato ampio risalto. II primo, facendo proprio un ordine del giorno di dicembre del combattivo consigliere di opposizione Alberto Goffi (Udc), impegna la Giunta a presentare entro il 30 giugno una proposta che definisca la forma giuridica del nuovo ente a cui demandare la riscossione dei tributi regionali e locali (tra cui Imu, raccolta rifiuti, ecc.) per conto di quei Comuni, soprattutto di medie e piccole dimensioni, che ancora si affidano a Equitalia. Il secondo emendamento, invece, prevede la stipula di una convenzione con l’Agenzia delle Entrate per trattenere presso la tesoreria regionale i proventi dell’Irap e dell’addizionale Irpef, sottraendoli alla tesoreria unica dello Stato (quella contro cui si sono rivoltati i sindaci di mezza Italia).

Entrambi i provvedimenti, però, lasciano aperti diversi interrogativi. Gli uffici dell’assessorato al Bilancio della Regione, guidato dalla leghista Giovanna Quaglia stanno studiando come tradurre dalla teoria alla pratica il divorzio con Equitalia (che dovrà comunque avvenire obbligatoriamente entro il 31 dicembre 2012 per tutti i Comuni, come vuole il decreto Salva Italia del governo Monti).

Sono tre le ipotesi al vaglio dei tecnici. La prima e, a quanto sembra, la più accreditata è quella di gestire le attività di accertamento e riscossione direttamente in proprio, potenziando l’Ufficio Tributi della Regione, «senza – spiega l’assessore Quaglia – dover creare nuovi carrozzoni». La seconda soluzione consiste nell’affidare il servizio a una società in house (cioè a totale controllo pubblico), già esistente oppure da creare ex novo. In alternativa, l’amministrazione potrebbe bandire una gara per individuare un soggetto esterno a cui demandare la raccolta dei tributi.

Con l’aiuto del professor Carlo Manacorda, docente di Scienza delle Finanze all’Università di Torino, un curriculum che comprende incarichi in enti pubblici e privati (Regione compresa), proviamo ad analizzarne pregi e difetti. La prima soluzione avrebbe il vantaggio di ridurre i costi del servizio, dato che la Regione farebbe affidamento su propri dipendenti e, non dovendo macinare profitti, potrebbe abbattere l’aggio, la percentuale, cioè, che viene trattenuta su ogni cartella esattoriale a mo’ di guadagno (quello di Equitalia è del 9%).

Ma, obietta l’esperto di diritto tributario, ricordando il caos seguito all’introduzione negli anni ’90 del bollo auto regionale, «esattori delle tasse non ci si inventa dall’oggi al domani». Siamo sicuri che la Regione sia in grado di farlo? Che abbia le professionalità adatte? E in caso contrario si stanno valutando i costi per la formazione del personale? Anche nel secondo caso, riflette il professor Manacorda, si potrebbe ridurre l’aggio, ma bisognerebbe fare i conti con il rischio – che la Giunta stessa pare intenzionata a scongiurare – di dar vita all’ennesimo carrozzone pubblico. Senza contare che, assoggettate al patto di stabilità, le società in house hanno margini di azione limitati.

Quanto alla terza ipotesi, ricorrere cioè a un bando di gara, c’è il rischio che non cambi nulla. Chi garantisce, infatti, che il nuovo soggetto privato si comporti “meglio” di Equitalia? Questa strada, inoltre, fu già tentata un anno fa, quando la giunta Cota incaricò il Csi (il consorzio per i sistemi informativi del Piemonte) di realizzare una gara per l’affidamento della riscossione dei tributi. Peccato che il provvedimento fu sonoramente bocciato dal Tar, che accettò il ricorso di alcune società escluse, definendo i criteri della selezione «sproporzionati» e «inapplicabili». Come a dire che tra le pieghe del bando già si nascondeva il vincitore.

Dal punto di vista del contribuente, invece, cosa cambia? Le tasse, naturalmente, continuerà a doverle pagare come prima. Tuttavia, secondo il consigliere regionale Goffi, che da anni conduce una strenua battaglia contro gli «eccessi» di Equitalia, potrà beneficiare di metodi più soft (ad esempio la rateizzazione dei pagamenti) e di una sorta di «rivoluzione copernicana» nel rapporto con l’amministrazione tributaria, grazie ai nuovi sportelli del contribuente che dovranno sorgere nei vari comuni, con l’onere della prova, in caso di errore, a carico dell’ente (oggi è del cittadino). La strada, però, è ancora molto lunga.

Infine, un’ultima considerazione. Fa notare ancora il professor Manacorda che la sbandierata e pur legittima proposta di lasciare sul territorio le risorse che derivano dai tributi regionali, Irap e addizionale Irpef, contrasta con l’articolo 35 della Legge 27/2012 (il cosiddetto decreto “Cresci Italia”) che sospende fino alla fine del 2014 il regime della tesoreria regionale. Fino a quella data non c’è nessuna possibilità per gli enti locali di aver liquidità sui propri conti. Altro che accelerazione del federalismo fiscale.

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