“Gli eurobond? Una multa alla Germania per la Shoah”

“Gli eurobond? Una multa alla Germania per la Shoah”

BERLINO – È una messa in scena che sta iniziando a diventare vecchia: quando Thilo Sarrazin, un provocatore di tutta la vita che da un paio d’anni si è trasformato in un autore di successo, presenta una sua nuova teoria, in Germania inizia una discussione che assomiglia a uno spettacolo teatrale con personaggi e parti fisse: lo spettro politico condanna compatto, il coro degli intellettuali avverte del pericolo, arriva precisa l’accusa di “agitatore” e puntuali le proteste a tutte le sue presentazioni e conferenze stampa con i cartelli “chiudi la bocca!”. Parallelamente poco a poco compaiono sui forum di internet anche i fan, forti dell’argomento: «finalmente qualcuno osa dire le cose come stanno!».

La sceneggiatura è stata questa in occasione del suo primo libro, pubblicato nel 2010, dal titolo La Germania si distrugge, un testo in cui si accusavano gli immigrati di abbassare il quoziente intellettuale in Germania, una tesi che Sarrazin difendeva su base scientifica. Questa volta, guarda caso, il testo si intitola La Germania non ha bisogno dell’Euro e tra le citazioni diffuse prima della pubblicazione dalla casa editrice figura questa frase: «Gli eurobond sono spinti da un riflesso molto tedesco secondo cui la multa per l’Olocausto e la Guerra Mondiale sarà finalmente pagata solo quando arriveremo a mettere nelle mani dell’Europa tutti i nostri interessi e anche il nostro denaro». L’ovvio titolo sui giornali all’indomani delle anticipazioni è stato: «Sarrazin presenta gli eurobond come una multa per l’olocausto».

Nonostante le anticipazioni, tanto nella prima apparizione televisiva domenica sera scorsa nel programma di punta del canale ARD condotto dal popolare Günther Jauch, come nella conferenza stampa ieri all’hotel Adlon della Brandemburger Tor, Sarrazin ha abilmente evitato le domande sulla connessione tra ruolo della Germania nell’Europa attuale e colpe del Terzo Reich. La sua risposta è stata, in entrambe le occasioni: «l’Euro non è il mezzo adeguato per promuovere l’integrazione in Europa».

Il curriculum vitae di Thilo Sarrazin è una paziente e lunga traiettoria all’interno della politica tra le fila del partito socialdemocratico SPD, che lo ha portato all’incarico di Senatore delle finanze della città di Berlino e successivamente a un posto di dirigente nella Bundesbank, la banca centrale tedesca. Precisamente da questa posizione fu cacciato poco dopo la pubblicazione del suo primo libro, tra l’indignazione generale. All’interno del SPD però, i vari tentativi di liberarsi del fardello con baffo folto e occhiale rotondo, non sono fino ad ora andati a buon fine. Ogni volta che apre la bocca è una spina nel fianco per un partito europeista e difensore del multiculturalismo in Germania. Con un milione e mezzo di copie vendute, il suo primo testo è stato il saggio più letto degli ultimi decenni in lingua tedesca.

La sua esperienza personale nell’amministrazione pubblica gli permette di presumere di “Sachlichkeit”, oggettività, una parola che continua a ripetere, per entrambi gli argomenti trattati finora. Per quanto riguarda l’euro dunque, i numeri analizzati suggeriscono al polemico autore che la Germania non si è avvantaggiata più di tanto con l’Euro, e in particolare che le esportazioni non sono aumentate in modo estremamente significativo all’interno della Eurozona dall’introduzione della moneta unica. Se sono aumentate, lo hanno fatto in particolare al di fuori dell’Europa. E da lì spara un po’ su tutto: l’ESM (il meccanismo salva-Stati europeo, ndr) viene definito una “fregatura”, la moneta unica “inutile per il benessere” etc. «Se tutti i partecipanti alla moneta unica fossero stati tedeschi o austriaci forse avrebbe funzionato», ha insistito dal podio dell’Adlon.

La mancanza di disciplina fiscale nel paesi sudeuropei sarebbe da attribuire a una questione di “mentalità” e “cultura”. Per quanto riguarda la Grecia e il dovere di salvare il paese difeso dal governo di Angela Merkel, la Germania è secondo Sarrazin “vulnerabile al ricatto”, in un chiaro riferimento alle colpe del nazismo. «Questa politica rende la Germania prigioniera di tutti coloro che in futuro, per qualsiasi ragione, abbiano bisogno di aiuto».

La rottura dei tabù calcolata al millimetro e funzionale a vendere libri di Thilo Sarrazin è direttamente proporzionale all’incapacità della classe politica di smontare le sue tesi con argomentazioni logiche. Ed è così che a Peer Steinbrück, leader dell’SPD, invitato nel programma televisivo per controbattere alle provocazioni di Sarrazin non resta altro che una smorfia indignata e l’accusa semplice di dire “bullshit” e di “ignoranza storica”. Di fronte a reazioni come quella di Steinbrück, l’ex dirigente della Bundesbank ha centrato l’obiettivo.

Il coro di dichiarazioni critiche che unisce in modo compatto governo e opposizione si articola su posizioni europeiste come quella di Volker Kauder, della CDU di Merkel, «Sarrazin è ancora una volta dalla parte del torto. L’Euro è una storia di successo e rimarrà tale». «Sembra che Sarrazin non riesca proprio a perdonare l’Olocausto agli ebrei», ha detto Volker Beck dei Verdi.

E intanto, a un giorno dalla pubblicazione, già compare sul tabloid Bild la domanda a caratteri cubitali in copertina: «Ha ragione Sarrazin?». Mentre Die Welt, fratello “serio” del quotidiano Bild, pubblica un articolo con una collezione di illustri opinionisti che confermano l’analisi economica dell’ex dirigente del Bundesbank. Nemmeno l’olimpo dei giornali tedeschi si astiene, e la Frankfurter Allgemeine Zeitung lascia al provocatore una intervista di una pagina intera in cui non vengono questionate le posizioni riguardo all’Olocausto. Tutto secondo copione.

Solo che questa volta , almeno per ora, sembra che la gente abbia capito il trucco e se ne sia stancata. Segno evidente è la rapida scomparsa di #Sarrazin dai trending topics di Twitter. Diversamente da quanto accadde con il primo libro Angela Merkel non si è espressa, e sarebbe auspicabile che si astenesse dal cadere nuovamente in questo gioco dai contorni pericolosi. «Uno può negare l’Olocausto o usarlo per la diffusione di populismi antieuropeisti e di destra. Entrambe le istanze sono inaccettabili», ha detto Jürgen Trittin, capo in parlamento della frazione dei Verdi.

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