I grillini di Germania? Hanno vinto ma già litigano

I grillini di Germania? Hanno vinto ma già litigano

Il 16 maggio 2012 il capo della sezione di Berlino del Piratenpartei, Hartmut Semken, si è dimesso. Aveva occupato la sua posizione solo per tre mesi, dopo il ritiro del suo predecessore Gerhard Anger, un informatico trentaseienne che «non sopportava più il carico emozionale». Negli ultimi mesi la direzione partito ha perso anche una figura molto rappresentativa: Marina Weisband, studentessa di psicologia di anni 24, decisa a «scrivere la tesi di laurea» prima di riprendere un ruolo attivo nella politica.

Quando si parla del partito dei pirati è facile giocare con le metafore. Si è detto sui giornali tedeschi che «Semken ha strappato le vele anzitempo«; che «i pirati sono in piena burrasca»; che «i pirati stanno naufragando». Le incertezze sembrano chiaramente indicare come l’entusiasmo iniziale, dopo quattro successi significativi alle amministrative (Berlino: 8,9%; Schleswig-Holstein: 8,2%; Nord Reno-Vestfalia: 7,8%; Saarland: 7,4%), inizi a cedere il passo alla necessità di strutture più o meno gerarchiche.

Almeno, ciò sembra trasparire dai movimenti all’interno del partito. La crisi direttiva non è altro che una lotta di potere interna. Con la presenza in quattro parlamenti statali e oltre 30.000 tessere, inizia a esserci del potere da gestire, e il potere presuppone un ordine. Più che una crisi, quella attuale potrebbe essere una fase necessaria nella maturazione della personalità del partito, che da “movimento cittadino” potrebbe diventare un vero soggetto politico.

Semken è caduto per questioni di ideologia e morale dal gusto squisitamente tedesco. La crisi di fiducia era iniziata a fine aprile, quando il deputato pirata di Berlino Martin Delius (coda di cavallo, pizzo e occhialini) aveva dichiarato allo Spiegel che il suo partito cresceva in «maniera tanto rapida quanto i nazionalsocialisti tra il 1928 e il 1933». Nel commentare un’osservazione così cretina, Semken aveva invitato tutti a «rispettare le opinioni personali, di destra e di sinistra». Peraltro, l’errore di Delius è stato prettamente comunicativo: è attivo da anni contro l’estremismo di destra, ed è solo incappato in una dichiarazione ingenua. Ma Semken, nel difenderlo, ha dichiarato di essere un «estremista di sinistra» e di immaginare una Germania «senza stato, leggi e polizia». È stato invitato a dimettersi questa settimana perché, prima di una riunione con tutta la direzione locale, aveva scritto una mail a un redattore dello Spiegel (sempre lo stesso giornale) comunicando anzitempo di essere stato confermato alla guida della frazione.

I compagni di partito si sono infuriati non solo per la “bugia”, ma anche per la scelta delle parole: “il re non è morto”. È stata una sparata, ma le reazioni denunciano una persistente allergia a qualsiasi forma di gerarchia interna. Il sospetto è confermato dalla decisione di non eleggere un nuovo rappresentante fino a settembre, con un buco direttivo di quattro mesi. Delius, quello dei nazisti, ha fatto sapere comunque che «non c’è alcuna crisi direttiva», poiché «i pirati di Berlino non hanno bisogno di alcun capo per funzionare». Nel frattempo, due membri del comitato direttivo si sono candidati per la posizione.

La riunione pubblica per annunciare le dimissioni di Semker si è svolta nel tardo pomeriggio del 16 maggio, nella sezione politica del centro città di Berlino. I muri dello stanzone recavano ancora le testimonianze del fervore iniziare: c’erano poster contro il sistema del credito mondiale, e inviti a «liberare i cellulari dalla dittatura Google su Android». Almeno la metà dei presenti, perlopiù uomini giovani, smanettava con telefonini e computer. I rappresentanti attorno al tavolo si passavano bottiglie di birra per innaffiare la conversazione, in un’atmosfera informale piacevole e molto diversa dai riti da messa cantata della politica tradizionale. Il dress code prevedeva magliette e scarpe da ginnastica.

Semker si è dimesso all’inizio della riunione, con una dichiarazione di pochi secondi. Non si è neanche tolto la giacca, ed è uscito con un amico. Mentre la discussione continuava, dalla strada è provenuto il rombo rabbioso della sua moto. Il microfono ha iniziato a essere passato tra i presenti: domande e dichiarazioni venivano filmate con una videocamera professionale, per essere postate su internet. Le facce dei capi-partito erano tirate, visto che la purga di Semker era stata decisa in una riunione notturna la notte prima, a casa di uno dei pirati, fino alle tre del mattino.
I tesserati non nascondevano il proprio sconcerto. «Vi invitiamo a iniziare a occuparvi di politica, e non ha litigare tra voi», ha dichiarato uno. C’è fede per i mezzi informatici: «Se avete un problema, comunicate! Avete Twitter, avete gli sms, avete le mail! Usateli!». Si affaccia la critica: «avete tutto il nostro sostegno e la nostra fiducia. Non vi abbiamo eletto per star lì a guardarvi l’ombelico!». C’erano una cinquantina di persone, e non entravano tutte nella sala.

I pirati non sono una forza solo populista. Di populista c’è prevalentemente la loro comunicazione, che risponde a tutte le caratteristiche tipiche del “guerrilla marketing”, con invasione informale degli spazi urbani e delle finestre internet – e allergia rispetto ai costosi media tradizionali. Il programma è efficace e contiene punti molto vicini al sentire comune della neo-borghesia digitale, con la libertà di internet e temi collegati. Ci sono popolarissimi flirt molto vicini alle battaglie del partito radicale: separazione tra stato e chiesa, sostegno alla cultura, politica di integrazione tout-court, trasparenza e democrazia diretta.
Questi punti sembrano però non ricollegarsi a un’ideologia generale. Ciò, unito al rifiuto delle gerarchie, rischia di far trasformare il flirt radicale in una vera e propria identificazione.

L’incapacità di nutrire aspirazioni di leadership politica potrebbe portare i pirati all’isolamento: sostenere isolate ed edonistiche “battaglie” nei parlamenti regionali – e mi si perdoni l’ennesima metafora – farà galleggiare i pirati, e non li porterà a vele spiegate verso il rinnovamento della politica. Alla fine, i pirati rischiano di essere sequestrati dal loro Pannella.
 

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