Dopo che per una settimana in procura a Milano si vociferava che qualcosa bollisse in pentola, oggi il coperchio è stato infine sollevato: così intorno a mezzogiorno, il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati ha comunicato ai giornalisti la scoppiettante notizia che The family (Umberto e i figli Renzo e Riccardo Bossi al momento) era indagata. Diversi i capi di imputazione. Per il Senatùr l’ipotesi accusatoria è di truffa aggravata ai danni dello stato, in concorso con il tesoriere della Lega Francesco Belsito: Bossi, secondo il pool di inquirenti composto dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano, era perfettamente a conoscenza di come Belsito usasse i fondi pubblici della Lega. Renzo e Riccardo Bossi sono indagati per appropriazione indebita, sempre in concorso con l’immancabile Belsito, per aver usato i soldi della Lega per spese personali: i due fratelli avrebbero ricevuto una paghetta mensile di circa cinque mila euro a testa dai fondi della Lega, a cui si sommerebbero poi per altre spese vive, dalla benzina all’assicurazione per le auto, dalla laurea in Albania alle spese per la casa, con Belsito che ricopriva il ruolo di “bancomat”.
Oggi è stato anche inviato un avviso di garanzia al senatore del Carroccio Piergiorgio Stiffoni, indagato per peculato. Stiffoni avrebbe infatti eseguito dei prelievi dal fondo del gruppo senatori, destinato esclusivamente alle attività parlamentari. Le indagini su Stiffoni passeranno però ora a Roma, procura competente perché il reato si sarebbe consumato nella capitale: una scelta d’ufficio, che non ha entusiasmato il pool di Robledo. Indagato anche l’uomo d’affari Paolo Scala per riciclaggio, nell’affaire Tanzania.
I motivi per cui la procura milanese ha atteso giorni prima dell’iscrizione dei nuovi indagati sono diversi e intrecciati. Il primo motivo del ritardo sta nella preoccupazione di Bruti Liberati di segnare una discontinuità nella conduzione diversa, rispetto alla gestione iniziale avuta dal pm Henry John Woodcock di Napoli (che aveva avviato l’indagine, e ora si occupa del filone Finmeccanica-Belsito). Come già rivelato da Linkiesta, Bruti Liberati infatti aveva già lamentato un’eccessiva pubblicità e fuga di notizie dai procuratori napoletani: Milano vorrebbe invece evitare l’ “accusa” di strumentalizzazione politica, perciò usa molta cautela soprattutto per la diffusione delle notizie alla stampa. Oggi ad esempio il pool aveva deciso di diffondere la notizia alla stampa solo nel primo pomeriggio, quando tutti gli avvisi di garanzia sarebbero stati consegnati. Invece, all’improvviso, i tempi sono stati anticipati: e questo malgrado negli stessi istanti il procuratore capo, cellulare in mano, continuasse a chiedere al pool di Robledo come mai qualcuno degli indagati ancora non fosse stato rintracciato (Renzo Bossi si trova attualmente in vacanza in Marocco, ndr.). Tuttavia, il fatto che il Corriere della sera fosse già in possesso di alcune informazioni riservate e volesse pubblicarle subito, ha creato un certo malcontento nel pool.
Il secondo motivo del temporeggiamento è di natura più tecnica. Ci sarebbero state infatti nel pool degli inquirenti due linee diverse sulla linea da adottare nell’individuare i reati, una più dura e una più morbida che, da quanto risulta a Linkiesta, sarebbero state in discussione fino all’ultimo momento utile. La scelta di perseguire un reato come la truffa ai danni dello Stato lascia pensare alla scelta per la linea più soft, più “sicura” che possa reggere sino in fondo. Anche se non sono ancora chiare quale fossero le altre ipotesi di reato prese in considerazione.
Il terzo motivo di indecisione, sta infine nella difficoltà incontrata a trovare riscontri esatti nel marasma dei bilanci della Lega. «Il bilancio della Lega è un “consolidato” di conti, gestito in maniera federalista» continuavano a ripetere oggi Bruti Liberati, Robledo e Filippini per spiegare l’esigenza di approfondire ulteriormente. A Milano infatti si attendono ancora gli esiti delle perizie sui numerosissimi file appena recuperati dalla procura di Reggio Calabria, inviati ai pm meneghini e da una settimana al vaglio dei periti. Intanto però, hanno sottolineato Bruti Liberati e Robledo, la novità è che «su Umberto Bossi l’attività investigativa ha dimostrato la sua consapevolezza. Emergono riscontri documentali della consapevolezza di Bossi». Tali riscontri consisterebbero, secondo quanto riferiscono al momento gli inquirenti, nel fatto che nell’agosto 2011 Bossi ha firmato il bilancio della Lega per l’anno precedente, pur davanti a palesi irregolarità, come i mancati riscontri ad alcune voci di spesa e soprattutto la distrazione di fondi usati per spese personali dei figli.
Interessante capire cosa trarranno fuori i periti tecnici dall’analisi dei file e dei movimenti bancari della Lega anche per un altro motivo. Al vaglio degli inquirenti, infatti, ci sono ancora le posizioni di Manuela Marrone, moglie di Bossi, e di Rosi Mauro. C’è in particolare un episodio che i pm definiscono «oscuro» per quanto riguarda la Marrone: un’intercettazione in cui Belsito parla di «300 mila euro parcheggiati» per la scuola Bosina, e proprio dalle perizie si cerca di capire come effettivamente questi soldi siano stati usati. Per quanto riguarda la Mauro, invece, si cerca di capire se ci siano stati dei passaggi di fondi dalla Lega al Sindacato padano (Sinpa) e da quest’ultimo alla Mauro. «Solo che non c’è uno straccio di contabilità del Sinpa» sbottavano oggi i pm: per valutare queste posizioni aspettano l’esito di una perizia su movimenti in otto diversi conti bancari.