Le ambizioni di Romney le pagano 1500 operai italiani

Le ambizioni di Romney le pagano 1500 operai italiani

Persino monsignor Pizziolo, vescovo della Diocesi di Vittorio Veneto, è intervenuto per convincere Mitt Romney a non lasciare Trichiana. Meno di 5mila anime, provincia di Belluno, il paesello è noto non solo per aver dato i natali alla giornalista Tina Merlin e al parlamentare Pdl Aldo Brancher, ma anche per la Ceramica Dolomite, impresa fondata nel lontano 1965 e specializzata in apparecchi sanitari da bagno.

Oggi la fabbrica occupa 600 dipendenti, che da tre anni lottano contro lo spettro della cassa integrazione. Cosa c’entra il candidato repubblicano alla Casa Bianca con il Nordest è presto detto: nel 1999 Ceramica Dolomite – che all’epoca produceva circa due milioni di pezzi con un fatturato di 80 milioni di euro, con una quota del 20% del mercato italiano – viene acquisita dalla multinazionale American Standard, colosso con un giro d’affari da 10 miliardi di dollari. Nel 2007 la compagnia decide di puntare tutto sui condizionatori e cambia nome in Trane, mentre la controllata Ideal Standard, focalizzata sui sanitari, viene ceduta – alcuni dicono con un premio piuttosto cospicuo rispetto al suo effettivo valore di mercato – a Bain Capital, il fondo di private equity fondato proprio da Mitt Romney. Il quale rivende immediatamente il pacchetto, tranne Ideal Standard Italy, a Sun Capital Partners, altro fondo d’investimento creato da un ex di Lehman Brothers, Marc J. Leder.

I problemi iniziano qui. «In Italia, nel 2007, si producevano 8 milioni e mezzo di pezzi, mentre le stime per quest’anno sono ferme a 4,2 milioni. In questo contesto Ideal Standard ha progressivamente perso il focus sulla ceramica sanitaria per concentrarsi su prodotti come vasche e idromassaggio», spiega a Linkiesta Nicola Brancher, sindacalista Cisl, che fotografa così la situazione: «La Ideal Standard ha stabilimenti in Egitto, Bulgaria, Repubblica Ceca, dove il costo del lavoro è più basso e dove si produce la parte bassa della gamma, quella a meno valore aggiunto, sulla quale la multinazionale ha deciso di tararsi, visto che con la crisi le persone spendono meno». Conseguenza: in Italia rimarranno soltanto gli stabilimenti adatti a soddisfare una domanda d’alta gamma, con gravi ricadute occupazionali sul territorio.

Nel 2009 la società e i sindacati siglano presso il ministero dello Sviluppo economico un accordo di ristrutturazione che prevede la chiusura di due stabilimenti, Brescia e Gozzano (No), e la rimodulazione degli altri tre, Roccasecca (Fr) Trichiano (Bl) e Orcenico (Pn), attraverso un piano industriale da 50 milioni di euro, oltre all’avvio di contratti di solidarietà per i lavoratori. Peccato che i fondi non siano mai stati stanziati. Contattata più volte per chiarire la propria posizione sulla vicenda, la Ideal Standard ha preferito non dare seguito alle richieste de Linkiesta, così come Bain Capital. Tanto per dare un’idea, per mantenere gli attuali livelli occupazionali i sindacati hanno quantificato in 2,4 milioni di pezzi l’output di Trichiano nel 2012, mentre le stime sono ferme a 1,3 milioni, poco più della metà. Il management, dal canto suo, ha le mani legate: la stanza dei bottoni è a Bruxelles, sede europea di Ideal Standard, e a Boston, quartier generale della Bain Capital di Mitt Romney.

Il 22 dicembre 2011, presso il dicastero guidato da Corrado Passera, è stato rinnovato il contratto di solidarietà, che prevede un taglio all’orario di lavoro fino al 60%, secondo il classico principio “lavorare di meno per lavorare tutti”, e scadrà nel 2013. Risultato: 300 euro al mese in meno in busta paga. «Ceramica Dolomite non è una fabbrica “marcia”, che quindi deve essere tenuta in piedi in modo assistenzialistico. Anzi, ha la possibilità di funzionare ancora e di “tenere su” utili, anche non basandosi esclusivamente sul ricavo economico, ma pure su ciò che rappresenta per l’intero territorio. Questa è una leva fondamentale che spinge a sostenere l’impegno perché Ceramica continui a vivere» ha detto monsignor Pizziolo qualche settimana fa, nell’ambito di una tavola rotonda organizzata dal comitato “Lavoro in Dolomite”, fondato due anni fa dall’ex sindacalista Paolo Dal Lago, pensionato che ha deciso di attivarsi per «coinvolgere la popolazione su un tema che è di vitale importanza per l’intero territorio». 

Per ora, le istituzioni venete stanno a guardare, strette dai paletti del patto di stabilità da un lato, e dei tagli del governo Monti dall’altro. In Friuli va un po’ meglio, essendo Regione a statuto speciale, ha una maggiore capacità di spesa: la Provincia di Pordenone si è fatta garante di un protocollo, firmato il 28 aprile scorso, che mira a scongiurare 217 esuberi sui 450 lavoratori dello stabilimento di Orcenico attraverso sconti Imu, Irap e sulla contrattazione di secondo livello. Lo stato d’allerta, tuttavia, permane. Mitt Romney sta giocando una partita ben più importante, e i 1.500 lavori che rischiano il posto non interessano più a nessuno. 

Aggiornamento 10 maggio 2012

Riceviamo e pubblichiamo la posizione di Ideal Standard in merito alle vicende raccontate nell’articolo:

Ideal Standard non prevede alcuna riduzione della forza lavoro in Italia. L’azienda continua ad essere fortemente focalizzata sul mercato della ceramica sanitaria e ha mantenuto la quota di mercato nonostante la crisi internazionale e nazionale che colpisce il settore. Ideal Standard in Italia continua nel proprio impegno di soddisfare la domanda proveniente dal mercato italiano con la produzione anche nei tre stabilimenti italiani. La società ha firmato un accordo con tutte le Parti Sociali e ha continuato a investire pesantemente nonostante le difficili condizioni di mercato per sostenere la presenza a lungo termine nel Paese.

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