Le mani di Putin sulla Grecia maltrattata dalla Merkel

Le mani di Putin sulla Grecia maltrattata dalla Merkel

Domenica prossima, 6 maggio, il rito democratico delle elezioni avrà conseguenze non piccole per l’Europa e il suo futuro. Paradossalmente le più “stabili” saranno le amministrative italiane. Ci si accapiglierà, come sempre, sul voto ai sindaci, ma è quasi scontato che non ci saranno particolari contraccolpi politici, con tutti i partiti impegnati da tempo a “resettarsi” in vista del futuro a più lunga scadenza.

Ovviamente l’attenzione maggiore si concentrerà sul duello francese: il ballottaggio tra l’uscente Sarkozy e lo sfidante socialista Hollande, al di là dei proclami della vigilia, non cambierà di molto la posizione della Francia, decisa comunque a conservare il ruolo “consolare” con la Germania nella guida dell’Unione europea.

Piuttosto sarà il voto tedesco a suscitare qualche timore: infatti domenica vota il Land dello Schleswig-Holstein, il più settentrionale al confine danese, e pochi giorni più tardi toccherà invece al Land più popoloso (18 milioni di abitanti), il Nord Renania-Westfalia. In entrambi vengono dati vicini al crollo i liberali, al governo in coalizione con la Merkel. Il rimbalzo sugli equilibri nazionali potrebbe essere significativo, con la caduta del governo ed elezioni anticipate nella prospettiva di una nuova GrosseKoalition .

E mentre si manifestano le inquietudini dell’Olanda (con una crisi politica che si risolverà forse con elezioni in autunno) e si attende con qualche giustificato timore il referendum a fine mese dell’Irlanda sul Trattato del Fiscal Compact, è probabilmente il voto greco (sempre della prossima domenica) a innescare nuove preoccupazioni di instabilità europea.

La legge elettorale così come è congegnata consentirà comunque un governo di coalizione tra i conservatori di Nuova Democrazia e i socialisti del Pasok. E così i due leader Samaras e Venizelos potranno proseguire la linea di sacrifici, tasse e tagli imposta dall’Europa. E tuttavia la crescita prevedibile, se non il successo pieno, dei partiti anti-austerità renderà difficile e accidentata la navigazione del nuovo esecutivo di Atene. Perché, certo, i greci hanno taroccato i conti e hanno un enorme pubblico impiego improduttivo, ma la punizione imposta dalla Germania alla lunga lascerà strascichi insanabili.

Si prefigura ormai una possibile uscita ellenica dall’euro e un ritorno alla dracma: ma fermarsi a ragionare sulla dimensione finanziario-monetaria appare limitante. Non se ne parla apertamente, anche perché è inconcepibile per il “politically correct” europeo, ma esistono altre prospettive che non siano semplicemente legate alla moneta. Non è un caso infatti che proprio le forze greche più ribelli ai diktat europei guardino ormai alla Russia come partner alternativo.

Lo “zar” Putin (che proprio lunedì 7 maggio sarà ufficialmente insediato con una fastosa cerimonia alla guida del Cremlino) potrebbe non essere del tutto insensibile ai richiami ellenici. In fondo, con un po’ di Gazprom, potrebbe dare energia a buon mercato e aprirsi una via facile al Mediterraneo, secondo la secolare ambizione russa. Inoltre la comune appartenenza alla religione ortodossa rinsalderebbe legami antichi, a cominciare dalla tradizionale e strategica collocazione anti-turca.

In Europa non se ne accorge quasi nessuno: ma sempre domenica 6 maggio si svolgono tutte le elezioni in Serbia, sia per il presidente che per il Parlamento. Il paese balcanico, in attesa da tempo sulla soglia dell’Unione, sta raffreddando la spinta all’ingresso in Europa. E pure la Serbia, anch’essa ortodossa, anch’essa antiturca, potrebbe rivalutare la solidarietà slava e, come la Grecia, guardare a Mosca anziché a Bruxelles. Lo scacchiere sud-orientale del Continente rischia in pochi giorni di far emergere più di quanto si pensi la fragilità della costruzione europea.

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