Le truppe del Pdl litigano, il generale Berlusconi è spento

Le truppe del Pdl litigano, il generale Berlusconi è spento

Chissà se Silvio Berlusconi aveva immaginato un simile epilogo. Il presidente del Consiglio più longevo della storia repubblicana, l’imprenditore che ha rivoluzionato la politica italiana, rimasto schiacciato dall’implosione del suo movimento. Costretto a nicchiare davanti ai giornalisti – «Scenderò ancora in campo? Non lo so. Ma escludo una mia ricandidatura a premier» – per evitare di alimentare lo scontro tra le fazioni che si contendono il futuro del Popolo della Libertà.

Da una parte della morsa ci sono i pasdaran del Capo. Gli integralisti berlusconiani che da tempo consigliano al Cavaliere un deciso cambio di passo. C’è chi gli suggerisce di tornare al centro dello scontro politico, come Daniela Santanchè. Chi lo spinge a presentarsi alle prossime elezioni con una sua lista: un partito di fedelissimi (magari accompagnato da tanti movimenti in cui destrutturare l’attuale Babele pidiellina). E poi ci sono i quotidiani “amici”, Libero su tutti, convinti della necessità di azzerare i vertici del Pdl. Perché «il voto delle amministrative – come scrive stamattina il direttore Maurizio Belpietro in una lettera aperta in cui si invitano i vertici di via dell’Umiltà alle dimissioni – non è un campanello d’allarme. È una campana a morto».

Sull’altra sponda ci sono quelli della vecchia guardia. I dirigenti del Popolo della Libertà. I colonnelli del Cavaliere che hanno puntato tutto sul giovane segretario Angelino Alfano, ultimo baluardo prima della dissoluzione del partito (e della loro conseguente destituzione). Nella lunga telenovela del tramonto berlusconiano, il ruolo da protagonista oggi spetta a loro. In tarda mattinata lo stato maggiore del partito sale a Palazzo Grazioli per incontrare Berlusconi. Ci sono i tre coordinatori e i capigruppo di Camera e Senato. Ma anche il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri e l’ex ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani. Nella residenza romana del Cavaliere si parla del tracollo alle ultime amministrative, dei rapporti con Palazzo Chigi in tema di frequenze tv e nomine Rai. Soprattutto, Berlusconi è costretto a sentire le lamentele dei suoi.

Gli esponenti pidiellini ce l’hanno con il direttore di Libero Maurizio Belpietro (il suo duro editoriale di oggi ha spinto alle dimissioni il coordinatore Sandro Bondi, che viene prontamente “reintegrato” al vertice del partito). Se la prendono con chiunque nelle ultime ore abbia suggerito al Cavaliere di archiviare il Pdl, magari da spacchettare in tante piccole liste elettorali. «Noi non ci facciamo sciogliere dalla Santanchè» spiega Fabrizio Cicchitto poco dopo alla Camera, mentre visibilmente irritato racconta al telefono l’esito della riunione. I dirigenti di via dell’Umiltà provano a convincere Berlusconi che la sopravvivenza del partito passa dalla confederazione dei moderati. Il progetto di una piattaforma politica che aggreghi al Pdl i centristi di Casini e il movimento di Montezemolo. L’Udc chiede la testa di Berlusconi? Per lui è sempre pronto il ruolo di “padre nobile” del movimento (magari senza un seggio alla Camera). «Il partito ha perso le elezioni – spiegano i colonnelli al capo – ma resta ancora a galla».

La discussione è tutt’altro che amichevole. I presenti avvertono il Cavaliere dei rischi che correrebbe presentandosi agli elettori con «una lista da Repubblica di Salò». Il progetto che gli sarebbe stato suggerito «da Sallusti e dalla sua ninfa Egeria (Daniela Santanchè, ndr)» si sfoga ancora con un anonimo interlocutore Fabrizio Cicchitto. Alla fine il Cavaliere prende atto delle rimostranze. L’ipotesi di sciogliere il partito? «L’ha esclusa nel modo più assoluto».

Lo stato maggiore pidiellino sembra convincere il Cavaliere. Al termine della riunione si pianificano le strategie. Nel pomeriggio Silvio Berlusconi è atteso a Bruxelles per partecipare a un vertice del partito popolare europeo. Spetta ad Angelino Alfano il compito di incontrare la stampa per provare a smontare il caso. Per gettare acqua sull’incendio finito improvvisamente al centro delle cronache giornalistiche. Non solo. Sarà il giovane segretario – nei prossimi giorni, forse già domani – ad annunciare agli italiani il nuovo progetto politico del Pdl. Una grande riforma della Costituzione italiana: dalla legge elettorale al presidenzalismo. Un ammodernamento dell’architettura istituzionale del Paese su cui i vertici del partito lavorano già da qualche tempo.

Detto, fatto. Alle 16 Alfano arriva a Montecitorio. Il segretario attraversa il Transatlantico e si ferma a parlare con i giornalisti presenti. Sorridente e disponibile. Il delfino del Cavaliere conferma che tra pochi giorni sarà convocato un ufficio di presidenza. Assicura che nel Pdl «non ci sarà alcuno smottamento». Insomma, nessun progetto di azzerare i vertici del partito. «È in atto un chiaro tentativo di avvelenare i pozzi» denuncia. («Stia tranquillo – replica poco dopo Belpietro su Twitter – nessuno avvelena un pozzo che si sta prosciugando da solo»). I giornalisti si accalcano attorno al dirigente del Popolo della libertà, ostacolando l’ingresso in Aula. La presidente del Pd Rosi Bindi non riesce a passare: «Angelino – grida dietro il muro dei cronisti parlamentari – se hai bisogno di qualcosa chiama». Poi sconsolata si rivolge a chi le sta vicino: «Ma che gli stanno facendo a questo povero ragazzo?».

Nel frattempo il Cavaliere arriva a Bruxelles. Incalzato dalla stampa, per una volta preferisce giocare da comprimario. «Il Pdl sta lavorando a un progetto di rinnovamento dell’assetto istituzionale dello Stato. Aspettate e vedrete, non posso anticipare nulla». Doveva essere una sorpresa, l’asso nella manica del segretario per rilanciare la sua immagine. Ma Berlusconi non si trattiene. Il suo futuro è ancora in campo? «Questo non lo so nemmeno io» ammette. «Io faccio quello che è necessario per il bene dell’Italia e dei moderati». Poche certezze per l’avvenire. Tranne una: «Escludo di ricandidarmi a premier». 

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