Le commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera approvano il disegno di legge anticorruzione. Solo venerdì scorso il provvedimento sembrava aver messo in pericolo la tenuta del governo. Con i partiti della maggioranza – in lite tra loro – a un passo dalla rottura. Oggi, improvvisamente, è tornato il sereno. La difficile intesa tra Pd, Pdl e Terzo polo arriva nel primo pomeriggio, al termine di un vertice con il ministro della Giustizia Paola Severino. E con ogni evidenza è la prima conseguenza delle recenti elezioni amministrative.
«Su un tema “popolare” come questo – racconta un deputato presente alle votazioni – i partiti si sono resi conto che non era più possibile perdere tempo». Insomma, mentre il Paese diserta le urne e Beppe Grillo vola nei sondaggi, il Parlamento corre ai ripari. Impensabile far slittare ancora l’accordo sul provvedimento anticorruzione, atteso in Aula la prossima settimana. Senza considerare che interrompere ancora i lavori delle commissioni senza aver trovato un’intesa avrebbe fornito nuovi argomenti ai teorici dell’antipolitica. Creando più di un problema all’immagine dei partiti, già ai minimi storici. Lo scontro tra Pd e Pdl viene rimandato di sette giorni. Quando il confronto sul provvvedimento riprenderà in Assemblea.
E così maggioranza e governo tornano a dialogare. Pd, Terzo polo e Lega votano il testo del ministro Severino. Il Pdl si astiene, favorendo la buona riuscita dei lavori. Contraria solo l’Italia dei Valori, che pure durante la seduta aveva accettato di ritirare i propri sub-emendamenti per accelerare i tempi.
Grande merito per il via libera del provvedimento va alla titolare della Giustizia che in mattinata aveva incontrato i rappresentanti dei partiti di maggioranza per fare il punto sul provvedimento. «Una riunione tecnica e politica» riconosce il presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. Servita ai partiti per «affidarsi al governo e dare fiducia al ministro». D’altronde era stato proprio il Guardasigilli a chiedere alla maggioranza di fare «un passo avanti». Uno sforzo per tornare in sintonia con l’esecutivo, finito ultimamente al centro di troppe critiche.
Anche in commissione la Severino si attiva personalmente per favorire un’intesa tra i partiti. «Sono pronta ad assumermi ogni responsabilità su questa riforma – spiega – È troppo importante perché il governo non ci si possa impegnare fino in fondo». Il ministro stringe i tempi: «È una riforma che va fatta e dobbiamo farla oggi stesso». Per una volta nessuno, o quasi, si lamenta. Tutti eseguono diligentemente le indicazioni dell’esecutivo.
Il ministro chiede il ritiro di tutti i sub-emendamenti. Poi si passa al voto sul suo emendamento, relativo alle norme penali. Una modifica che tiene in considerazione alcune proposte di Pd e Pdl in particolare sui due nuovi reati introdotti: la corruzione per esercizio della funzione e il traffico di influenze illecite. Alla fine il testo Severino viene approvato. Il Pdl si astiene, «ma non si è trattato di ostruzionismo» racconta il presidente della commissione Giustizia Bongiorno. Anzi, è stata «un’astensione preceduta da una valutazione favorevole» chiarisce il Guardasigilli.
Alla Camera si tira un sospiro di sollievo. Contento il ministro, che riconosce i meriti della maggioranza e celebra la ritrovata intesa tra Parlamento e Palazzo Chigi. E contenti i partiti, che evitano accuratamente di finire al centro delle polemiche e di alimentare il vento dell’antipolitica.
La prossima settimana il provvedimento arriverà in Aula. Qui ci saranno altri aggiustamenti, altre proposte emendative a cui lavoreranno tutte le forze politiche. Secondo qualche osservatore Pd e Pdl potrebbero anche tornare a scontrarsi. «Inevitabilmente – spiega la Bongiorno nel pomeriggio, fuori dall’aula del Mappamondo di Montecitorio – di fronte a un tema così particolare ci sono fisiologiche differenze nella maggioranza». Ma per ora le polemiche di pochi giorni fa sembrano dimenticate. Archiviati ostruzionismi, insulti e accuse reciproche, la maggioranza torna a lavorare coesa e compatta. Quello che non era riuscito al governo Monti, è diventato realtà grazie ai dati sull’astensionismo.