L’Italia in rivolta: non solo Equitalia, anche i test Invalsi

L’Italia in rivolta: non solo Equitalia, anche i test Invalsi

“Cari professori e tutti coloro che leggeranno, sono un’alunna che può ammettere di avere dei bei voti in matematica. Nonostante ciò, non riesco a svolgere la maggior parte degli esercizi che si ritrovano su questo questionario”. L’alunna in questione era alle prese con i test Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), il sistema di valutazione attivo dal 2007 e coordinato dal Ministero, che ha due obiettivi: misurare i livelli di apprendimento degli studenti italiani e la qualità delle scuole campione, facendo riferimento ai dati su base regionale.

Ma la parola d’ordine in questi giorni è stata: boicottaggio. C’è chi ha “graficizzato” le risposte con emoticons e disegnini di vario tipo, chi ha usato i questionari per divertirsi un po’ (del tipo: indicare se si è maschio o femmina, e molti hanno scritto “altro”), chi ne ha approfittato per ribadire la propria fede calcistica o cosa ne pensava, senza eufemismi, degli stessi test di valutazione. Troppo difficili, o troppo avulsi dal programma di studi, secondo molti studenti, e anche professori, che non hanno atteso il suono della campanella per pubblicare il foglio contestato addirittura su Facebook. Lunedì la verità sarà sotto gli occhi di tutti: le prove saranno pubblicate sul sito Invalsi e potranno essere anche utilizzate a scuola come esercitazione.

La rivolta contro i test è partita dalle scuole superiori di primo grado e si è propagata ovunque. «Colpa anche delle campagne di disinformazione attuate dagli insegnanti – si è difeso sul Corriere della Sera Roberto Ricci, responsabile del servizio nazionale di valutazione – temono che venga espressa una valutazione sul loro operato anziché sugli apprendimenti degli studenti. Non è una valutazione sulla scuola ma per la scuola».

Non sempre il boicottaggio è stato avallato dai docenti: un esempio è il preside del liceo scientifico Salvemini, Mario De Pascale, che ha affermato di voler prendere seri provvedimenti contro tutti quegli studenti che hanno scelto di non rispondere. «Il comportamento di questi ragazzi – ha precisato il preside – equivale alla consegna in bianco di un compito e pertanto va punito». Per i disobbedienti dei test si profila un giorno di sospensione, però con obbligo di frequenza.

Gli insegnanti e gli studenti temono il voto negativo che si potrebbe tradurre in una retrocessione dell’istituto in questione e quindi in una minore dotazione dei fondi. Dall’Invalsi sottolineano che non sarà così. Ma lo si scoprirà con certezza solo a fine luglio, quando saranno resi pubblici i risultati della valutazione, e si potranno tirare le somme. 

Resta la protesta che si è diffusa a macchia d’olio anche perché, secondo i comitati di studenti e di genitori, rispondere al questionario ministeriale non era affatto un obbligo. Punto di questione su cui non c’è stata troppa chiarezza.

Francesca Picci, coordinatrice dell’Unione degli studenti di Bari ci dice battagliera: «I test Invalsi sono stati spacciati come obbligatori. Ma nonostante le minacce di sanzioni da parte degli insegnanti e dei presidi, atti repressivi in evidente contrasto con la legge e che ledono la libera espressione, gli studenti non si fanno intimorire».

Alcune domande sembrano essere entrate nella mitologia. Provate a digitare Andurro su Google: è il nome del protagonista di uno degli elaborati proposti da Invalsi. Con buona pace di Elsa Morante, che scelse proprio questo nome per un suo racconto, Andurro è stato talmente preso di mira da studenti e docenti che su di lui si è scatenata la satira, ed è diventato anche uno dei tweet più trendy degli ultimi giorni. «Chiamerò così mio figlio», scrive Elena su Yahoo answers ed è immancabile la pagina Facebook, prontamente creata. «Andurro è il nuovo Dio! Inchiniamoci dinanzi al vecchietto che non si ricorda quanti anni ha e che è contento perché è morta la moglie prima di lui!».

E poi c’è il capitolo “copia e incolla”. Complice la scarsa presenza di controlli esterni, gli studenti hanno creato veri e propri gruppi di lavoro per rispondere tutti insieme. «Eravamo sei cervelli applicati sulle domande di matematica – ci racconta Lorenzo, studente perugino – non possiamo aver sbagliato». Il che solleva il problema della attendibilità dei risultati delle prove. Stando all’esito di un sondaggio svolto a caldo da Skuola.net, su un totale di 810 votanti quasi la metà ha affermato che in classe è stato consentito agli studenti di copiare. 

Il giorno dopo i test, la battaglia dei numeri non è terminata: una nota del Ministero ha ufficializzato che alle prove Invalsi “non hanno partecipato 20 classi, su un totale di 2.304 classi campione. Per 16 classi non è pervenuto il dato sulla effettuazione o meno del test”. In base a questi dati, ha concluso Viale Trastevere, «Al momento le classi che non hanno eseguito il test vanno da un minimo di 0,87% ad un massimo teorico di 1,56%».

Dati che non appaiono verosimili all’Unione degli Studenti: «Queste cifre riguardano solo le classi campione di tutti i gradi di istruzione. Questo significa che riguardano classi in cui erano presenti i commissari dell’Invalsi e dove dunque docenti e studenti erano sottoposti a un maggior grado di pressione nella compilazione dei test».

L’associazione degli studenti prosegue: «I dati diffusi dal Miur sono anche riferiti a gradi di scuola (primarie e secondarie di primo grado) dove gli studenti sono quasi per nulla attivi nella partecipazione studentesca. Questi si riferiscono infine agli interi gruppi classe, invece il boicottaggio dei test si è espresso anche singolarmente come dato individuale dello studente, e in questo modo è stato totalmente ignorato nella conta. I dati diffusi risultano pertanto viziati».

Una prova del boicottaggio riuscito? «Le centinaia di immagini irriverenti che gli studenti hanno diffuso sui social network», secondo l’Uds. Non solo: «Denunciamo il comportamento vergognoso di alcuni professori e presidi che hanno minacciato voti in condotta ribassati a causa del boicottaggio e valutazioni sui registri di classe delle prove che vanno al di fuori di ogni senno e legalità. Come sostiene anche l’Invalsi le prove devono essere totalmente anonime ed è vietato risalire dalle prove all’identità dello studente per valutarlo o sanzionarlo, siamo inoltre tutelati dalla libertà di espressione sancita dallo Statuto degli Studenti e delle Studentesse che non può essere sanzionata. Invitiamo pertanto studenti e studentesse che hanno subito questi atti ingiusti di denunciarli al nostro sportello diritti». Insomma, i test sono finiti, la battaglia no.
 

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