L’uno sembra voler rimettere in primo piano la scuola, dalla materna al liceo, e assumere 60 mila tra insegnanti ed educatori in cinque anni. L’altro, forte della sua riforma universitaria Idex (Initiative d’Exellence) e di un investimento di oltre 13 miliardi di euro sui poli universitari trasformati in campus integrati con imprese e infrastrutture, propone un rapporto più stretto tra scuola superiore e azienda, con contratti di apprendistato per mezzo miliardo di spesa sino al 2017. A pochi giorni dallo scrutinio finale per l’Eliseo, François Hollande e Nicolas Sarkozy sono divisi anche su scuola, università e formazione. A sinistra, con uno sguardo alla riuscita negli studi dei giovani francesi, a destra con l’obiettivo di mantenere competitività e determinazione dei professionisti made in France sul piano internazionale.
L’Institut Montaigne, think-tank parigino che esprime posizioni bipartisan e raggruppa rappresentanti delle imprese, delle università, dell’amministrazione pubblica e della società civile, ha decrptato tutte le proposte su scuola, università e formazione dei due candidati insieme ai giornalisti economici di Les Echos. Pesandole in termini di credibilità e tenendo anche conto del loro impatto sullo stato delle finanze pubbliche francesi.
Il costo della promessa di Hollande di creare 60 mila posti di lavoro in più nell’istruzione pubblica è stimato per circa 1,7 miliardi di euro ogni anno nel prossimo quinquennio di presidenza. Hollande ha parlato, anche nel dibattito televisivo del 2 maggio, di 12 mila posti di lavoro in più ogni anno a cominciare da settembre 2012. Si arriverebbe così a un totale di 5,2 miliardi di euro di spesa pubblica. Valérie Pécresse, ministra del Bilancio ed ex ministra dell’Università e dell’Istruzione, ha parlato di un impegno finanziario enorme che impedirà la rivalutazione delle professioni degli insegnanti e bloccherà le assunzioni d’infermieri e agenti di polizia. D’altra parte, Hollande si è beccato pure una critica da parte di Martine Aubry, che ha detto, in un’intervista à L’Expresse del novembre 2011, (durante la campagna delle primarie del Ps) che gli insegnanti vanno assunti laddove ce n’è bisogno e che sono necessari anche educatori, psicologi e figure di sostegno. Il candidato del partito socialista ora ha aggiustato il tiro e ha affermato negli ultimi giorni che non solo di assunzione d’insegnanti si tratterà ma anche di figure necessarie alla scuola.
L’Union pour un mouvement populaire di Sarkozy ha fatto invece calcoli ben più pesanti, guardando all’investimento nel lungo periodo: più di 100 miliardi sui prossimi cinquant’anni, calcolando la spesa sulla remunerazione e su almeno 20 anni di pensioni. L’intento è quello di aumentare del 25% la retribuzione di quegli insegnanti che accetteranno di lavorare 26 ore alla settimana, otto ore di più del tempo di lavoro attuale. Il costo di questa rivalutazione dello stipendio dei docenti è stato stimato in 1,05 miliardi di euro all’anno, per 500 euro al mese in più per insegnante. Una scelta che riguarderebbe circa 35 mila persone, sul totale dei 175 mila tra maestri e docenti di tutta la scuola pubblica. La proposta premierebbe in questo modo l’impegno personale e il merito, e rimetterebbe parzialmente a posto la Francia nelle classifiche dell’Ocse per quanto riguarda lo stipendio degli insegnanti sotto la media europea.
La regola applicata ai funzionari dello Stato dal governo Fillon – Sarkozy, che prevede di non rimpiazzare un docente su due che va in pensione, riguarderebbe invece solo gli insegnanti della scuola secondaria (media e superiore). In questo caso, gli analisti dell’Institute Montaigne non parlano di costi ma di un risparmio pubblico di 1,08 miliardi di euro ogni anno. E i docenti della scuola secondaria verrebbero ridotti di 7 mila posti ogni anno, 35 mila nel quinquennio 2012-2017.
Jean-Claude Lewandowski, caporedattore di Les Echos, e specialista in Education et Formation, ritiene che si tratti di una posizione un po’ estrema di Sarkozy: «É una realtà che a causa della soppressione di posti nella scuola, soprattutto in zone critiche, siano saltate le classi per mancanza di docenti. Se i bambini stanno a casa, non imparano nulla. Tutto questo avrà conseguenze economiche gravi nelle generazioni successive».
Un altro capitolo è rappresentato dall’ingresso nel mondo del lavoro. Secondo Sarkozy, è necessario «generalizzare l’alternanza scuola-lavoro nell’ultimo anno degli istituti tecnici e scuole professionali». Durante quest’anno, gli allievi dovrebbero trascorrere la metà del loro tempo all’interno di un’azienda. L’intento del candidato dell’Ump vuole aumentare il numero di contratti di apprendistato che, insieme a quelli d’inserimento professionale, potrebbero sfiorare quota 900 fino al 2017. Il tutto costerebbe circa 444 mila euro all’anno: una stima calcolata sull’esonero delle tasse di quelle imprese che assumeranno gli apprendisti. La detassazione arriva infatti a 2.617 euro per un contratto di apprendistato, a fronte dei 94 euro previsti per un contratto d’inserimento professionale (la cifra supera i 4 mila euro se il contratto riguarda un lavoratore di più di 45 anni, ma si tratta di casi che si contano sulle punta delle dita). Il costo effettivo del passaggio a 863 mila contratti di alternanza dipenderà quindi dall’uso che le aziende faranno dei due tipi di contratti.
Per Hollande la prospettiva di cambiamento è rivolta ai giovani che sono fuori dal ciclo formativo, ma potrebbero rientrarvi grazie all’offerta di un periodo di apprendistato o servizio civile. L’iniziativa riguarderebbe 40 mila giovani dai 16 ai 18 anni, tra quelli che non lavorano e non studiano e non cercano più un’occupazione. L’impegno di spesa sarebbe di 158 mila euro ogni anno, ma con molte variabili. E la proposta ha ancora degli aspetti indeterminati. Anche se, da parte della Agenzia del servizio civile, l’idea di Hollande è vista come una promessa di rilancio e di rifinanziamento, che potrebbe coinvolgere anche i diversamente abili e i ragazzi in difficoltà.
Sul fronte accademico, alle iniziative universitarie di eccellenza in questi anni l’Eliseo ha destinato più di 13 miliardi di euro. Un investimento che ha già finanziato un gruppo di otto università, con l’obiettivo di favorirne l’entrata nei ranking internazionali insieme a campus come quelli di Harvard e Stanford. Bordeaux, Strasburgo, PSL (Paris Sciences et Lettres), Aix-Marsiglia, Sorbonne Université, Sorbonne Paris Cité, Saclay e Tolosa hanno firmato le convenzioni che ne fanno dei poli di eccellenza e ricevuto finanziamenti da 700 a 900 milioni ciascuna. «Certo non potrà cambiare granché», dice Edouard Husson, vice rettore della Sorbona, di fatto la persona che ha seguito più da vicino tutto il progetto. «Al contrario Hollande potrebbe approfittare dell’investimento già andato a buon fine, non si può negare che si tratti della riforma nella quale il governo Sarkozy si è impegnato al massimo, e il presidente in prima persona ha reso possibile tutti gli accordi politici, anche con le opposizioni, per concretizzare questa importante rivoluzione dell’università francese».
Anche nella concezione dell’università le posizioni tra i due candidati sembrano opposte: se Sarkozy pensa ai ranking internazionali e a quella parte più determinata della sua “France forte” a competere con la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti, Hollande sembra fare più attenzione alla qualità della formazione, oltre che a garantire che sempre più francesi possano accedere alle università di buona qualità. «L’alta qualificazione per tutti è uno slogan», continua Jean-Claude Lewandowski, «ciò che potrà fare Hollande è ascoltare quelle università che non hanno ricevuto finanziamenti, per esempio nella Francia occidentale, che non raggiungono gli standard di Parigi, Tolosa o del polo di Saclay, e intervenire a loro favore». Ma già Sarkozy durante la campagna elettorale si è mostrato più aperto e disponibile verso quelle università un po’ «critiche» e una seconda ondata di finanziamenti è attesa per l’autunno 2012.