Andava di fretta Paolo Berlusconi quando nel marzo di quest’anno chiese al fratello Silvio di dargli una mano sull’affare della Cascinazza di Monza. Ma quell’ansia da prestazione ora potrebbe costargli cara, perché è indagato dalla procura brianzola insieme con l’ex ministro Paolo Romani per istigazione alla corruzione.
Del resto, la scadenza di approvazione del Pgt in consiglio comunale il 18 di quel mese, la giunta di centrodestra Marco Mariani ormai in disarmo e quella paura che il lavoro di anni per la realizzazione di Milano 4 potesse saltare, avevano reso Paolino davvero molto nervoso. E nel tribunale monzese c’è un’analisi approfondita sui vantaggi economici che sarebbero derivati dalla rivalutazione patrimoniale di alcune aree, trasformate in edificabili, tra cui spicca la Cascinazza, riconducibile attraverso una serie di società proprio a lui, il fratello dell’ex presidente del Consiglio.
Il Cavaliere aveva deciso di aiutarlo, piazzando il fedele Romani – già ministro e assessore nel comune contemporaneamente – come coordinatore provinciale del Pdl di Monza e Brianza. Obiettivo: convincere il centrodestra a votare compatto il provvedimento che riguardava l’approvazione di una delle varianti più discusse degli ultimi anni in Lombardia.
Quella fretta, quel vorticoso giro di telefonate con consiglieri comunali di Pdl, Lega Nord e persino con l’ex sindaco Marco Mariani ora sono al vaglio degli inquirenti della procura di Monza. Romani è già indagato per peculato dalla stessa procura per le spese al telefonino di servizio: circa 5mila euro in due mesi. Del resto, l’ex ministro per le comunicazioni usa quattro cellulari. E ora si difende: «Sono estraneo ai fatti» che mi vengono addebitati, «resto a disposizione della Procura»
Ma ci sono le intercettazioni, ci sono le pressioni sui consiglieri comunali, ci sono le tante anomalie di una consiglio che era riuscito a convocare quasi 60 sedute in meno di un mese. Non è un caso le indagini in corso, procedano parallelamente ad un’altra inchiesta che vede l’iscrizione nel registro degli indagati l’ex Presidente del Consiglio Comunale, Domenico Inga, che proprio in merito alle convocazioni che riguardavano le sedute sul Pgt avrebbe commesso «abuso d’ufficio».
Che qualcosa non quadrasse, del resto, era ormai noto a tutta la città. Non solo agli esponenti del Partito Democratico, tra cui il nuovo sindaco Roberto Scanagatti, ma pure a un ex Forza Italia come Ruggero De Pasquale che fu il primo a mostrare tutto il suo dissenso sull’approvazione della variante. I magistrati lo hanno già sentito, mentre si attendono nuovi avvisi di garanzia per altri consiglieri comunali dell’ultima giunta Mariani.
«È un’indagine che non mi sorprende, ma aspettiamo il lavoro dei magistrati», chiosa Scanagatti che insieme all’ex sindaco Michele Faglia aveva presentato sei esposti su quello che è accaduto in comune in questi anni per venire incontro alla realizzazione della Milano 4 tanto voluta da Paolo Berlusconi.
Qualcosa doveva aver capito pure la Lega Nord di Roberto Maroni, che il 14 marzo si mise di traverso ordinando ai suoi di evitare coinvolgimenti con «cementificazioni». Mossa azzeccata. Ma il castello di carte costruito negli anni da Pdl e Lega sulla Cascinazza potrebbe presto avere nuovi protagonisti, che in questi mesi sono già stati messi sotto la lente della magistratura. Si tratta di Massimo Ponzoni, ex coordinatore della provincia di Monza e Brianza per il Pdl, e di Davide Boni, un tempo assessore all’Urbanistica di regione Lombardia.
«Speculazione immobiliare», hanno sempre spiegato dall’opposizione monzese che ha denunciato per anni quella volumetria edificatoria che sarebbe arrivata ben oltre 530mila metri cubi di cemento (residenziale e no). Il tutto in vista di Expo 2015, in un’area per di più soggetta al rischio di esondazioni del fiume Lambro.
La storia Cascinazza è una storia lunghissima. Era un sogno nato con la giunta monzese del leghista Mariani nel 2007. Nella regione governata da Roberto Formigoni avevano provato a limare il provvedimento con la famosa legge 12 approvata sotto l’assessorato di Boni, ma poi era stato tutto bloccato. A febbraio di quest’anno la stessa regione Lombardia aveva bocciato di nuovo il Pgt monzese. Ora sarà la procura a capire cosa è successo per davvero.