Storia Minima“Per cambiare il mondo non basta l’indignazione”, parola di Marx

“Per cambiare il mondo non basta l’indignazione”, parola di Marx

Nel 1931 Curzio Malaparte pubblica Tecnica del colpo di Stato, un libro che proponendo vari casi di rivoluzioni fallite e riuscite dopo la Prima guerra mondiale (la Russia e la Polonia) insiste in particolare su un concetto: una rivoluzione non è solo il fascino del sogno, ma la determinazione a volerlo per davvero, andando contro l’ordine e la legge.

Ma la rivoluzione come farsa, non è solo un evento del Novecento. Niente è più esilarante delle pagine che Curzio Malaparte dedica a Napoleone Bonaparte e al colpo di Stato del 18 brumaio (9 dicembre 1799). Un colpo di mano pieno di errori, dove le cose si mettono a posto per caso, e dove tutti gli attori che stanno intorno a Bonaparte devono rimediare alle gaffes, agli errori, e alle sprovvedutezze di uno che pensa di avere in mano i destini della Francia. Un atto che riesce perché gli avversari , che pure in alcuni momenti hanno avuto la possibilità concreta di vincere non hanno capito come dovevano rispondere. «Gli Anziani e i Cinquecento- scrive Malaparte – non hanno capito che il segreto della loro forza, di fronte a Bonaparte, consiste nel tirare le cose in lungo, nel non raccogliere le provocazioni, nell’affidarsi alle lentezze della procedura.

Su tutti i colpi di Stato, la regola tattica dei catilinari (così Malaparte chiama i partiti rivoluzionari) è il tagliar corto, quella dei difensori dello Stato è il guadagnar tempo» (Tecnica del colpo di Stato, Adelphi, Milano 2011, p. 107). Una regola che da allora nessun controrivoluzionario dimenticherà, mentre i “rivoluzionari della domenica” nemmeno la registrano. E’ un frasario secco, che Malaparte ricalca da Marx, un autore che non fa mai male rileggere, che ottanta anni prima, con la stessa forza tagliente aveva bastonato duro addosso ai rivoluzionari del 1848, irridendoli per il loro attendismo ottimistico.

Lo stesso frasario si potrebbe ripetere ancora, nuovamente dopo altri ottanta anni, a chi pensa che ci sarà la rivoluzione. Tra tagliar corto e guadagnar tempo, alla fine è ancora il secondo corno dell’alternativa a dare le regole e a segnare il quadrante del nostro tempo.(db)

Karl Marx, I rivoltosi ci mettono la faccia, i rivoluzionari tutto il resto.

L’insurrezione è un’arte, come la guerra e come qualunque altra, ed è soggetta a date regole, che se trascurate, cagionano la rovina del partito che le ha trascurate.
Queste regole, logica deduzione della natura dei partiti e delle circostanze in un dato caso determinato, sono così chiare e semplici che il breve esperimento del 1848 le ha rese ai tedeschi quasi famigliari.

Prima di tutto, non giuocar mai con l’insurrezione a meno di esser ben preparati ad affrontare le conseguenze del vostro giuoco. L’insurrezione è un calcolo con grandi incognite, che possono cangiar di valore ogni giorno, le forze contro cui dovete lottare hanno tutti i vantaggi dell’organizzazione, della disciplina e dell’autorità abituale, e ameno che le possiate contrapporre forze molto superiori, siete battuti e rovinati.
In secondo luogo, una volta incominciata l’insurrezione, bisogna agire con la massima determinatezza e pigliare l’offensiva. La difensiva è la morte di ogni moto armato; è perduto prima di misurarsi col nemico. Sorprendete gli avversari mentre le loro forze sono disseminate qua e là, preparate nuovi successi, per quanto piccoli, ogni giorno; conservate l’ascendente morale che il primo moto vittorioso vi ha dato; tirate a voi gli elementi vacillanti, che seguono sempre l’impulso più forte e mirano sempre a star dal lato più sicuro; costringete il nemico a ritirarsi prima di poter raccogliere le sue forze contro di voi; e soprattutto, secondo le parole di Danton, il più grande maestro che si conosca della politica rivoluzionaria: de l’audace, de l’audace, encore de l’audace! Che cosa doveva fare l’Assemblea nazionale di Francoforte, per sfuggire alla rovina sicura che la minacciava?

Prima, di tutto, vedere chiaramente la situazione, e persuadersi che ora non c’era altra scelta tra queste due vie: o sottomettersi incondizionatamente ai governi, o far propria la causa dell’insurrezione armata senza riserve e senza esitazioni.

Secondariamente riconoscere pubblicamente tutte le insurrezioni che già erano scoppiate, e chiamare il popolo alle armi in difesa della rappresentanza nazionale, mettendo fuori della legge tutti i principi, ministri e gli altri che osassero opporsi al popolo sovrano rappresentato dai suoi mandatari.

Terzo dichiarare subito decaduto il Luogotenente imperiale tedesco, creare un potere esecutivo forte, senza scrupoli, chiamare le truppe degl’insorti a Francoforte, per la sua immediata protezione, offrendo così un pretesto legale per il diffondersi dell’insurrezione, organizzare in un corpo compatto tutte le forze a sua disposizione ed approfittare insomma rapidamente e senza esitazioni di ogni mezzo utile per rafforzare la sua posizione, indebolendo quella degli avversari.

I virtuosi democratici dell’Assemblea di Francoforte fecero proprio il contrario di tutto questo. Non contenti di lasciar che le cose andassero come meglio credevano, questi eroi arrivarono persino a sopprimere colla loro opposizione tutti i movimenti rivoluzionari che si stavano preparando. Così, per esempio, fece il signor Karl Vogt a Norimberga. Lasciarono che le insurrezioni della Sassonia, della Prussia renana , della Vestfalia fossero schiacciate senz’altro aiuto che una protesta postuma sentimentale protesta contro l’insana violenza del governo prussiano. Ebbero rapporti diplomatici clandestini con le insurrezioni della Germania meridionale, ma non dettero mai loro l’appoggio del riconoscimento aperto. Seppero che il Luogotenente dell’impero parteggiava pei governi, eppure essi invitarono lui , che non si mosse mai, ad opporsi agli intrighi di questi governi. I ministri dell’impero, vecchi conservatori, si risero in ogni seduta di questa impotente Assemblea ed essi lo tollerarono. E quando Guglielmo Wolff – deputato della Slesia ed uno dei redattori della Nuova Gazzetta Renana, li invitò a bandire il Luogotenente, che era, egli disse molto bene, null’altro che il primo e maggiore traditore del popolo, fu schiacciato sotto l’unanime e virtuosa indignazione di questi rivoluzionari democratici.

Insomma essi dissero, protestarono, dichiararono, proclamarono, ma non ebbero mai il coraggio né l’intelligenza di agire, mentre le truppe nemiche dei governi si avvicinavano sempre di più e il loro potere esecutivo, il Luogotenente dell’impero, stava attivamente complottando coi principi tedeschi per distruggerli sollecitamente.

Così fin le ultime vestigie di estimazione svanirono per questa spregevole Assemblea; gl’insorti che avevano prese le armi per difenderla, non se ne curarono più oltre, e quando, come vedremo, arrivò la sua vergognosa fine, morì senza che nessuno facesse attenzione alla sua invocata sparizione.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter