L’Azerbaijan è uno stato caucasico affacciato sul Mar Caspio, a est della Turchia e a nord dell’Iran. Non se ne parla spesso, e quando succede di solito si tratta di brevi trafiletti sulle ultime elezioni (2010), ritenute gravemente viziate dagli osservatori internazionali. Il presidente Ilham Alyiev, eletto la prima volta nel 2005, è un personaggio che suscita sempre una qualche curiosità: eletto in via dinastica su indicazione del padre, già precedente presidente, è diventato un personaggio molto chiacchierato dai media nei primi anni ’90 quando, nello sballo senza regole dei potenti durante il crollo dell’Unione Sovietica, decide di cambiare stile di vita. Da homo sovieticus, professore di storia all’Istituto per le Relazioni Internazionali di Mosca, a dissoluto affarista amante delle donne e del gioco d’azzardo. Tanto da indurre il padre a chiudere i Casinò in tutto il paese nel 1988.
Ma oggi l’Azerbaijan si trova al centro dell’attenzione, se non mondiale almeno europea, per un altro motivo: l’Eurovision Song Contest, il festival della canzone pop europea. La competizione è entrata nella sua fase conclusiva. Il 22 si è svolta la prima semifinale, il 24 si terrà la seconda e il 26 la finale. La competizione, poco sentita in Italia, tiene incollati agli schermi più di cento milioni di europei. Chi, tra gli azeri, non si rassegna a vivere in una democrazia autoritaria (o in una dittatura morbida) vorrebbe sfruttare questa occasione per sollevare alcuni dei problemi che affliggono il paese: corruzione, condizionamento dei media (anche tramite pestaggi e ricatti), violazione dei diritti umani.
A questo scopo, molte associazioni umanitarie azere si sono riunite nell’organizzazione “Sing for Democracy”, che spera di sfruttare il palcoscenico internazionale per sensibilizzare la propria opinione pubblica, ma soprattutto quella straniera. Rispetto agli Stati membri dell’Unione europea, impelagati nella soluzione di una crisi che sta minando la convinzione delle popolazioni nelle ragioni per stare insieme, qui il dibattito pubblico – quel poco che è consentito – ha un tono del tutto diverso. L’Unione europea è un miraggio a cui ambire. L’Azerbaijan è entrato nel Consiglio d’Europa nel 2001 e ha accordi internazionali con l’Ue fin dal 1996. Il presidente cerca di accontentare la voglia di modernità della popolazione occidentalizzando i costumi, le città, la stessa musica. Gli oppositori vorrebbero un avvicinamento all’Europa meno materialista e più concreto sul piano dei diritti e delle libertà
Martedì gli aderenti a “Sing for Democracy” hanno marciato a Baku, e la polizia si è limitata a scortare la manifestazione senza reprimerla, come invece era accaduto nel passato. Ma i media internazionali non hanno dato grande risalto alla notizia. Gli oppositori azeri lamentano in questo senso un’eccessiva tolleranza nei confronti del presidente Alyiev. Il sospetto è che, vista la posizione strategica in cui si trova l’Azerbaijan, americani e alleati preferiscano mantenere buoni rapporti con l’attuale presidenza in chiave anti-iraniana.
Addirittura si sospetta, ma la voce è stata smentita, che ci sia un accordo tra il paese caucasico e Israele per concedere basi da cui lanciare un eventuale attacco ai siti nucleari persiani. L’Iran la scorsa settimana ha richiamato il proprio ambasciatore, ufficialmente perché dei manifestanti azeri avrebbero insultato l’Islam. Tra i motivi di una certa indulgenza da parte dell’Occidente non va poi dimenticato il petrolio da un lato, e il controllo su una popolazione in maggioranza islamica sciita (come gli iraniani) che meglio viene esercitato da una guida autoritaria.
L’Azerbaijan ha speso molto per presentare la sua faccia migliore, Baku e dintorni risplendono di nuove costruzioni futuristiche e giochi d’acqua. Il fulcro dell’attenzione è la manifestazione canora, da cui, per regolamento e per prudenza, sono escluse le canzoni dal contenuto politico.