Riforme subito, o gli italiani faranno la secessione (dallo Stato)

Riforme subito, o gli italiani faranno la secessione (dallo Stato)

Le analisi su quanto il voto amministrativo muti i rapporti di forza tra i partiti e tra questi e il Governo tecnico sono completamente fuori fuoco. Il punto è il cambiamento nei rapporti di forza tra Stato e Paese che il voto ha ufficializzato.

Dal raffronto del DEF 2011 con quello 2012, emerge con chiarezza come lo sforzo di riequilibrio dei conti pubblici, attuato con le quattro manovre del secondo semestre 2011, è stato in concreto scaricato per il 79,42% sui cittadini contribuenti e pensionati, per il 19,88% sulle Regioni e gli enti locali, per lo 0,7% sullo Stato.

In questi ultimi due anni, sono migliaia le aziende fallite e centinaia di migliaia i posti di lavoro perduti nel settore privato. A fronte di ciò, il processo di eliminazione, ridimensionamento e accorpamento di enti e uffici pubblici è stato impalpabile, né un solo posto di lavoro nel settore pubblico è stato messo in discussione, quanto meno in termini di mobilità e ricollocazione ad altro impiego più utile per la collettività: abbiamo evidentemente 3,5 milioni di dipendenti pubblici tutti efficienti e tutti assolutamente indispensabili esattamente là dove si trovano ora.

Tra l’altro, proprio in questi giorni, si assiste nel pubblico impiego a un tentativo di vera e propria controriforma rispetto anche a quei pochi principi condivisibili che erano stati previsti dalla riforma operata dall’ex Ministro Brunetta. Come ampiamente previsto, in un contesto di questo tipo la retorica delle tasse e dell’evasore parassita della società si sta sciogliendo come neve all’avvicinarsi del sole: le scadenze dell’IMU e l’aumento dell’IVA, vere e proprie “botte finali” di un processo di incremento della pressione fiscale assolutamente irresponsabile.

Questo non accade perché il Paese è in mano agli evasori, ma perché, grazie al cielo, il Paese è ancora in mano a piccoli imprenditori e liberi professionisti che si inventano quotidianamente il proprio lavoro, a dipendenti e dirigenti di aziende che stanno sul mercato o chiudono, a dipendenti della pubblica amministrazione che disprezzano l’appiattimento al ribasso del merito e che, guadagnando stipendi normali, se lo vedono anch’essi in larga parte espropriato per alimentare stipendi anormali di altri e inefficienze che, essi per primi, sono costretti a vedere ogni giorno che si recano al lavoro.

Tutti cittadini che non ce l’hanno con chi fa il proprio lavoro per conto dello Stato, ma che non ne possono più di vedere una lotta all’evasione fatta a colpi di decreti, accertamenti esecutivi e iscrizioni ipotecarie e, parallelamente, una lotta alla corruzione e agli sprechi fatta a colpi di bozze di disegni di legge, commissioni di studio e ricognizioni informative.

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: per creare consenso sociale attorno all’Agenzia delle Entrate, che fa il suo lavoro meno peggio di tante altre articolazioni dello Stato, serve, oltre ad una revisione della spesa che consenta di invertire il trend sulla pressione fiscale, anche un’Agenzia delle Uscite con poteri esecutivi e coercitivi nei confronti di politici e dirigenti pubblici almeno comparabili a quelli che lo Stato applica sui suoi cittadini contribuenti.

Diversamente, il processo di scollamento sociale tra “pagatori di tasse” e “consumatori di tasse”, gia’ in atto dal 2006, deflagrerà definitivamente, allontanando in modo irreversibile una ricostruzione del sistema politico fondato su una prospettiva radicalmente riformista, a favore di scenari imprevedibili e incontrollabili. Il tempo stringe e i nodi sono ormai al pettine.

*direttore di Eutekne.info

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