Sotto il cielo di Francoforte non c’è posto per i greci

Sotto il cielo di Francoforte non c’è posto per i greci

FRANCOFORTE – «Se vogliono uscire, lo facciano. Ormai sono diventati un peso e non vedo perché debba essere la Germania a salvare tutti». È forse questa la frase, con poche varianti, che si sente di più a Francoforte, capitale finanziaria della Germania, dove in questi giorni sta andando avanti la protesta Blockupy, sull’onda di OccupyWallStreet. I tedeschi incontrati sul nostro cammino hanno pochi dubbi. A questo punto, dicono i più, è chiaro che Atene non sarebbe mai dovuta entrare nell’euro. E non si risparmiano nemmeno le critiche verso l’Italia, considerata troppo lenta e fragile nella crisi europea.

La solidarietà non è di casa a Francoforte. La situazione ellenica viene seguita con molta attenzione, il monitoraggio di radio e televisioni è capillare e l’insofferenza è elevata. Sono in tanti a essere d’accordo con la politica di rigore del cancelliere tedesco Angela Merkel. «Abbiamo regalato miliardi di euro alla Grecia e non fanno altro che sperperarli», dice Olaf, che con la sua compagna gestisce una brasserie nel pieno centro di Francoforte. Secondo lui, la Grecia non sarebbe nemmeno dovuta entrare nell’euro e si ricorda di quella volta che Jürgen Stark, membro tedesco del consiglio direttivo della Banca centrale europea (Bce) noto per la sua intransigenza, andò a cena da lui. «È stato due anni fa esatti, quando si stava discutendo del primo salvataggio di Atene», ci dice. Per paura di una crisi ben peggiore di quella che i media tedeschi tratteggiavano a quel tempo, Olaf chiese a Stark cosa ne pensava e il banchiere centrale, ricorda il ristoratore, gli disse che la Grecia sarebbe stato «un problema per tutti».

A rincarare la dose ci pensa Mark, uno dei vigili del fuoco di Francoforte. Lui è di origine greca, ma non ha problemi a dire di «provare vergogna» dal comportamento dei politici ellenici: «Ho perso la fiducia quando sono tornato ad Atene due anni fa: corruzione, stessi politici di dieci anni prima, stessi problemi ovunque». Sua madre, greca di Kos, da piccolo gli raccontava di come il Paese era uscito dalla dittatura dei Colonnelli e Mark non ha dubbi sull’attuale clima. «Ogni settimana sento i miei cugini che sono ad Atene e loro sono davvero preoccupati che possa tornare un governo autoritario», dice. Eppure, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, afferma con sicurezza che «per il suo stesso bene la Grecia dovrebbe uscire dall’euro, in modo da svalutare la nuova moneta». E poco importa se le conseguenze potrebbero essere devastanti: «Meglio dieci anni di sofferenza, piuttosto che venti di agonia».

Tuttavia, ci sono anche i contrari, come Jens, analista di una società finanziaria con sede a Francoforte. Lui, tedesco di Lipsia, sa che gli effetti di un’uscita di una nazione dalla zona euro sono imprevedibili. E non ha paura a ricordare cosa è successo dopo il crac di Lehman Brothers, il colosso di Wall Street fallito il 15 settembre 2008. «Tutti pensavano che la bancarotta di Lehman sarebbe stata gestibile e sorrido pensando alle dichiarazioni di questi giorni», dice Jens. Il riferimento è alla girandola di politici ed economisti che stanno ripetendo che, anche in caso di secessione di Atene dalla moneta unica, la situazione è sotto controllo. Una delle ultime in ordine di tempo è stato il direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine Lagarde, che a France24 non ha usato mezzi termini: «Spero che la Grecia non esca, ma noi siamo pronti a tutto». Per Jens, che ha fatto il suo primo stage alla Bce, sono tutte fandonie. «Dobbiamo aiutare la Grecia, ma loro devono collaborare. Tutti abbiamo di fronte a noi anni di austerity e se non ci aiutiamo a vicenda, non usciamo da questa crisi», dice.

Ma oltre alla Grecia c’è di più. La crisi europea ha messo in discussione la linea rigorista della Germania, basata sul consolidamento fiscale prima che sulla crescita economica. Più volte la Merkel ha ribadito che «austerity e crescita possono andare d’accordo», ma il malcontento avanza. E come ricorda Matthias, consigliere comunale della SPD, le ultime tornate elettorali regionali vanno lette con occhi diversi da quelli soliti. «In Nord-Reno Westfalia ha vinto il voto di protesta, ma più per via della troppa generosità della Merkel che altro», afferma. In altre parole, secondo il giovane politico i tedeschi vorrebbero un atteggiamento più duro da parte della cancelliera. «È chiaro che il peso maggiore di questi salvataggi sia sulle spalle della Germania», sottolinea. Anche lui ricorda le parole del vice capogruppo della CDU, Michael Meister, che disse pochi giorni fa che «ci sono degli impegni sottoscritti dalla Grecia, condivisi dalle istituzioni europee e coordinati per il ripristino degli equilibri. Non si possono tirare indietro senza che non ci siano delle conseguenze».

L’idea di una Grecia ormai spacciata è data anche dai media, come lo Spiegel o l’Handelsblatt, che ogni giorno attaccano Atene e i suoi politici, rei di aver mandato in malora il Paese. Ma l’opinione pubblica è ancora scossa dalle parole di Helmut Kohl, l’ex cancelliere tedesco che alcuni giorni fa aveva raccontato allo Spiegel come l’Italia aveva forse truccato i conti con una «cura miracolosa» per entrare nell’eurozona,. È infatti elevato il timore che possa succedere a Roma lo stesso che accadde ad Atene, coinvolta nello scandalo della mistificazione dei bilanci pubblici. E nonostante la figura di Mario Monti sia molto più rassicurante per i tedeschi rispetto a quella di Silvio Berlusconi, i dubbi restano.

Nel frattempo, sono in tanti a chiedersi chi sarà il prossimo a entrare nel novero dei Paesi sotto tutela finanziaria. «Italia o Spagna? Chi lo sa, ormai la crisi è europea, altro che contagio e contagio», ci dice Friedrich, proprietario di un’agenzia di viaggi lungo Kaiserstrasse. Per lui gli affari vanno a rilento. I soggetti che scelgono mete esotiche sono sempre di meno, ma tanti stanno prenotando nei Paesi in crisi. «Abbiamo diverse prenotazioni per Grecia, Spagna e Italia, sarà che i tedeschi pensano che tutto costi di meno, anche se non credo proprio che sia così. Sono stato a Roma la scorsa settimana e tutto è come sempre», ci spiega ridendo. La paura del contagio però è elevata. La Germania quest’anno non andrà in recessione come buona parte dell’eurozona, ma i pericoli sono dietro l’angolo. Infatti, lo stesso Friedrich, prima di salutarci, chiede con un tono nemmeno troppo tranquillo: «Ma vero che l’Italia si può riprendere con Monti?». 

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