Mentre la “presidenta” argentina Cristina Fernandez de Kirchner si mostra battagliera su diversi fronti, dalla questione delle isole Malvinas, al blocco delle importazioni, fino alla recente espropriazione della società petrolifera YPF, che ha provocato un clima di tensione internazionale, c’è chi invece nel paese la battaglia la fa esclusivamente per la solidarietà, tanto da meritarsi la candidatura al premio Nobel per la pace.
Juan Carr, il cinquantenne argentino, veterinario, docente di biologia e padre di cinque figli, candidato quest’anno per la quinta volta al nobile premio, nel 1995 ha fondato la Red Solidaria, una rete solidale estesa a tutto il paese, formata da volontari che lavorano per salvare o migliorare la vita delle persone più bisognose. Con settanta succursali, diffuse nelle ventitré province argentine, la Red Solidaria lavora capillarmente sul territorio, facendo da ponte tra chi chiede aiuto e chi è disposto a darlo, tra la necessità e coloro che possono soddisfarla.
È urgente una donazione di sangue? C’è bisogno di cibo, vestiti, un trapianto, medicine? È in atto una catastrofe naturale? La rete attiva i suoi volontari su tutto il territorio, potenziando il lavoro di molte istituzioni o ONG, che intervengono davanti alle necessità e che si connettono con la rete per mettere in moto un vero e proprio sistema di soccorso efficiente.
Carr era un boy scout di nove anni quando scoprì la sua devozione verso il prossimo, una passione che negli anni è sfociata in una vera e propria ossessione. Da allora, e ancora oggi, il suo motto è diventato «sempre pronto», ad aiutare, ovviamente. Con atteggiamento serafico, ma chiaramente inquieto, questo paladino della solidarietà vuole veramente cambiare il mondo ed è convinto che è possibile farlo “con lo sforzo e la volontà di tutti e la consapevolezza della società intera”.
Nel 1980, entrato nella facoltà di veterinaria di Buenos Aires, la sua massima aspirazione era mettere fine alla fame nel mondo. Quindici anni dopo, insieme a quattro amici e a sua moglie, fondò la Red Solidaria, che funzionava con un telefono e un computer primitivo. L’obiettivo era frenare la fame in Argentina, ma la rete si trasformò immediatamente in un fenomeno sociale e cominciarono ad arrivare richieste di aiuto di ogni genere: trapianti, medicine, bambini scomparsi. Oggi a quel telefono arrivano centinaia di chiamate quotidiane, che si triplicano nelle situazioni di emergenza.
«Una delle prime chiamate fu per una donazione di sangue», ricorda Carr. «Erano necessarie otto persone per salvare la vita di un bambino di undici anni. Risposero in 140. Capimmo subito le potenzialità della rete». Nel 2001, nel mezzo della peggior crisi argentina, la rete lanciò un appello a cento mila argentini per pagare un’operazione per salvare la vita di un bambino appena nato. «Con la donazione di un peso per famiglia l’operazione fu possibile, e fu una nuova conferma dell’efficienza del nostro progetto», spiega Carr.
La Red Solidaria non si limita a questo o a quel caso, ma si attiva davanti a ogni tipo di necessità, sostenendo le più diverse tematiche. In Argentina ci sono 530 famiglie che cercano familiari scomparsi. La rete lavora su tutto il territorio con campagne solidali, stati d’emergenza, movimenti collettivi, ottenendo notevoli risultati nelle ricerche. Lo stesso vale per i casi di alimentazione precaria e indigenza: «Possiamo dire di essere vicini al traguardo del hambre cero (fame zero)», afferma Carr soddisfatto e intanto mostra una bottiglietta di plastica. «Le stiamo usando per creare un enorme cartello di cinque chilometri fatto di bottiglie di plastica e cenere di vulcano, che dirà Elijamos Patagonia (scegliamo la Patagonia), che si vedrà dal satellite di Google Earth e servirà per sensibilizzare la gente sulla grave situazione di questa zona, dopo l’eruzione del vulcano Puyehue», dice entusiasta, con il suo proverbiale ottimismo che può parere perfino ingenuo
«Durante l’epidemia d’influenza porcina, in Argentina c’erano almeno tre mila vite a rischio. Il governo e il ministero di salute reagirono all’emergenza nazionale con le misure necessarie, ma la rete svolse un ruolo fondamentale nella diffusione dell’informazione, dei vaccini», dice Carr, interrotto dal suo telefono, che non smette di suonare, e non c’è chiamata cui si nega. Del resto, questa è la filosofia e la forza della rete: rispondere a tutti e attivarsi sempre.
Una certa curiosità suscita la struttura, o non struttura, della Red Solidaria. «Non è un’associazione, né un’organizzazione, non circolano cose materiali, né soldi», spiega Carr. «Quando riceviamo una richiesta di aiuto, decidiamo a chi rivolgerci in base al tipo di necessità. Uniamo la domanda con la risposta, chi ha bisogno con chi può aiutare». La Red Solidaria infatti, non ha statuto, non è né su carta, né su registri legali, ma la sua credibilità è indiscussa ed è andata crescendo negli anni. Non poca cosa in un paese dove il sospetto alla corruzione è sempre dietro l’angolo. Una rete estesa di volontari affidabili, insieme a un’agenda ricca di contatti utili, e il supporto delle nuove tecnologie sono gli ingredienti per il funzionamento della rete. «Lanciamo appelli via mail, via Twitter o Facebook, e siamo dappertutto con i nostri collaboratori. Governo, media, istituzioni e ONG beneficiano del nostro lavoro reticolare, per arrivare a tutti quei livelli della società, dove loro spesso non riescono ad arrivare», dice Carr, mentre risponde a un’ennesima telefonata.
Ma l’obiettivo che più sta a cuore a quest’uomo dinamico e ottimista va ancora più in là. «Bisogna insegnare, divulgare e instaurare una cultura solidale per poter fare una rivoluzione culturale, costruttiva, edificante, senza sangue. La gente deve uscire dai propri schemi e guardare di più al prossimo. Infine, è necessario puntare sulla comunicazione, sui media, sulla pedagogia, mettendo la solidarietà al centro dell’educazione», spiega il candidato al premio Nobel.
L’accresciuta solidarietà argentina, comprensibile reazione all’instabilità dei suoi governi, è certamente una caratteristica innegabile del paese, che vede aumentare esponenzialmente, anno dopo anno, il numero di coloro che si dedicano al volontariato. «La Red Solidaria vuole generare una cultura solidale in Argentina, basata sull’aiuto al prossimo. Vedo con piacere che si sta consolidando: all’inizio ricevevamo soprattutto richieste, mentre oggi molti chiamano per offrire il loro aiuto, il loro tempo, medicine, vestiti…».
In Argentina c’è un mondo invisibile e silenzioso di indigenti molto forte, e non si tratta solo di povertà ma riguarda necessità semplici e complesse, persone sole, pensionati o malati in una grande città o in un piccolo paesino rurale. Nel 2010 Carr ha fondato un progetto chiamato Mundo Invisible, una sorta di agenzia di comunicazione per i poveri del continente latinoamericano. «Vogliamo che i protagonisti delle prime pagine dei giornali siano non solo i bisognosi, ma anche coloro che aiutano in silenzio».
Così, mentre il governo argentino tende a portare l’Argentina all’isolamento, la Red Solidaria aspira a diffondersi a livello internazionale: il sogno di Juan Carr, già incamminato in alcuni paesi, è far lavorare la rete a livello mondiale, per poter rispondere a richieste solidali di ogni tipo e in ogni parte del mondo. Carr, è convinto che grazie alla tecnologia oggi è possibile farlo, «ma soprattutto dipende dal compromesso delle persone nel voler replicare il modello in altri paesi».