L’universo post-missino si interroga sulla nascita di un nuovo partito unitario. Un movimento che metta fine alla diaspora seguita allo scioglimento di Alleanza Nazionale, ma non solo. Una realtà che accogliendo ex An rimasti fedeli al Pdl, finiani di Fli, esponenti di FareItalia di Adolfo Urso e de La Destra di Storace, liberi pensatori e “cani sciolti” possa riunificare sotto un’unica bandiera i valori e i protagonisti della destra italiana.
La provocazione l’ha lanciata ieri Marcello Veneziani sul Secolo d’Italia. Il giornalista – intellettuale d’area – ha rivolto un «appello a tutte le destre (e non solo)». Un invito personale ai partiti e ai partitini nati dopo la frammentazione di Alleanza Nazionale, ma anche alla «galassia giovanile dispersa in comunità e circoli, case e movimenti» (quindi, forse, anche ai “fascisti del terzo millennio” di Casa Pound). «È ora che si tenti di ritrovare un motivo comune per rilanciare l’iniziativa politica», scrive Veneziani. La nuova fase deve fondarsi su una consapevolezza: «Fini e Berlusconi costituiscono inevitabilmente un ciclo concluso». Archiviata la causa delle ultime scissioni, l’obiettivo è quello di dar vita a un movimento unitario, costruito attorno a una classe dirigente giovane e a un programma «essenziale e popolare». Per poter ambire a quell’area elettorale del 10-20 per cento virtualmente sensibile al richiamo.
«Una mossa non casuale» raccontano in Parlamento. Che istituzionalizza un confronto sotterraneo che va avanti da almeno un paio di mesi. In queste ore si continua a discutere e ci si conta. Perché se il progetto non sembra aver appassionato i dirigenti, la strada del partito unico di destra resta una valida alternativa di fronte all’ipotesi di uno spacchettamento del Pdl. E chissà, forse l’idea berlusconiana di creare una lista civica da affiancare al partito di via dell’Umiltà potrebbe persino accelerare il sogno nostalgico di tanti ex An.
Al momento tutti assicurano di essere concentrati su altro. «Si continua a lavorare per il Pdl» spiegano a Montecitorio. Poi però si scopre che l’ex ministro Altero Matteoli, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri e il coordinatore pidiellino Ignazio La Russa hanno già avuto un recente confronto sull’argomento. Il progetto della nuova destra? Un’extrema ratio. Tra i più possibilisti ci sarebbe La Russa. Fortemente dubbiosi Gasparri e Alemanno (a breve il primo cittadino della Capitale presenterà un suo manifesto in sette punti per il rilancio del Pdl). Nessuno si mostra particolarmente entusiasta, ma tra i deputati qualcuno è stato contattato. Si inizia a fare la conta. Tanto per non perdere tempo, i dirigenti vogliono capire chi sarebbe d’accordo e chi no. «È vero – racconta un deputato alemanniano – Si sta esplorando questa possibilità».
Il dibattito intanto cresce e si fa pubblico. Oggi il Secolo d’Italia accoglie altri due interventi. Altrettante risposte all’appello di Veneziani. Gli autori sono il vicecapogruppo alla Camera Massimo Corsaro e La Russa. Due prese di posizione critiche (Corsaro chiede di allargare il dibattito anche a chi non ha militato nel Msi, La Russa conferma l’obbligo di dare priorità al Pdl). Ma è chiaro che difficilmente, dato il ruolo dirigenziale di entrambi nel Popolo della libertà, i due avrebbero potuto esporsi maggiormente. Diverso il discorso per il leader de La Destra Francesco Storace – sabato il suo movimento organizzerà un grande evento a Napoli – che ha raccolto l’appello di Veneziani con viva soddisfazione.
Gli unici a sbattere la porta sono i finiani, che considerano l’iniziativa del Secolo una sorta di congresso di Vienna. «L’appello non solo non è stato oggetto di discussione interna – raccontano da Futuro e Libertà – L’abbiamo totalmente ignorato». «Una mozione sugli affetti fuori tempo massimo – spiega la deputata Flavia Perina – irricevibile».
«La verità? In pochi sono convinti di questa iniziativa. Esclusa forse la parte più nostalgica della nostra base». Dalla Camera al Senato tra i parlamentari del Pdl i giudizi non cambiano. La riflessione è in corso, confermano tutti. Ma il progetto lanciato da Marcello Veneziani resta un piano B. Una zattera di salvataggio qualora l’area ex An venisse esclusa da nuove intese tra Pdl, Terzo Polo e Montezemolo. «A quel punto – spiegano – il partito di destra nascerà per forza. Si tratterebbe di sopravvivenza».
Qualche inguaribile sognatore è convinto nel miracolo. Anzi, c’è chi suggerisce di seguire con attenzione le elezioni siciliane del prossimo ottobre. La storia è sempre la stessa: l’isola rappresenta il laboratorio politico italiano: quello che succede a Palermo e dintorni anticipa sempre il resto del Paese. E allora tra gli ex An di Camera e Senato si sparge la voce che nei giorni scorsi ci siano stati diversi contatti tra lo storaciano Nello Musumeci, il leader di FareItalia Adolfo Urso e il Pdl siciliano. E magari sono già state gettate le basi per una lista tutta di destra.
Rimane un problema fondamentale. Peggio, «una contraddizione in termini» come lamenta un senatore ex missino. Come fa un partito di destra a nascere senza la presenza di un leader carismatico? Insomma, manca il capo. E a nulla servirebbe scegliere uno dei dirigenti rimasti nel Pdl. Inadatti al ruolo anche, ma non solo, per problemi anagrafici. Difficilmente percorribile anche l’ipotesi del ricambio generazionale avanzata da Veneziani. Per creare una nuova classe dirigente ci vuole tempo. Ma sembra che a disposizione non ce ne sia troppo.