Mi consentoBersani, le elezioni non si vincono amministrando il vantaggio

Bersani, le elezioni non si vincono amministrando il vantaggio

L’ho ascoltato il discorso di Bersani oggi alla riunione dei circoli del Pd. L’ho ascoltato e devo ammettere che mi sarei aspettato di più. Non era un comizio, era un discorso diretto a uomini di partito. Ma il segretario sapeva benissimo che il suo discorso sarebbe stato ripreso da Youdem e comunque sarebbe stato disponibile su Youtube in pochi minuti. Così come non poteva non sapere che nel giorno in cui Renzi ri-lanciava il suo guanto di sfida da Firenze, sarebbe stata prestata particolare attenzione alle sue parole.

E Bersani mi è sembrato un uomo imbarazzato dal vantaggio. Un politico imbarazzato e in parte impaurito dai sondaggi che danno ormai da tempo e stabilmente il Pd in testa alle preferenze di voto dagli italiani, e quindi consapevole che da qui alle elezioni il suo compito sarà quello di sbagliare il meno possibile. Una condizione, quella di essere in vantaggio, sicuramente invidiabile ma non sempre la migliore per potersi esprimere al meglio.

Ha parlato da presidente del consiglio in pectore, apparentemente consapevole della propria forza e soprattutto delle responsabilità che lui e il suo partito dovranno assumersi. In questo è stato ammirevole. Ovviamente pescando dal repertorio della retorica, ma è quasi inevitabile. Però non c’è stato alcun guizzo. Nessun salto in avanti. Nemmeno nel linguaggio.

Bersani, secondo me, è in realtà più moderno di quel che riesca a trasmettere col suo aspetto e le sue parole. Tralasciando l’immagine, le parole però sono importanti. Da quelle, dalla capacità oratoria, si misura anche la capacità di un leader di caricarsi il suo popolo – e non solo – sulla spalle; la capacità, per dirla con le parole dei Negrita e della colonna sonora scelta per la fine del suo discorso, di sognare, di far sognare. Ecco, ascoltando Bersani oggi di certo non si imparava a sognare.

Avrà ragione lui, hanno ragione i tifosi del Pd – e non sono pochi – ma provare solo ad amministrare il vantaggio potrebbe rivelarsi una strategia sbagliata. Ecco, io ad esempio oggi non avrei dedicato nemmeno una parola a Berlusconi. Nemmeno una. Non lo avrei mai citato. Non si può citare un morto che cammina. Occorreva ed occorre un cambio di passo. Anche linguistico. Un leader deve guardare avanti, non indietro. 

Pure quel passaggio sui mercati, sui mercati che non possono che tifare per l’unico partito europeista, non è stato poi così felice. È la sindrome del meno peggio che il segretario sembra aver interiorizzato. Sembrerà assurdo, ma gli italiani, gli elettori, hanno sempre voglia di sognare, hanno bisogno di un’immagine, di un futuro cui aggrapparsi. Non se lo deve dimenticare il segretario del Pd. Nessuno, al momento della verità, voterebbe mai solo per il meno peggio. A meno che, come ha insegnato la Grecia, non si ha la consapevolezza di stare con l’acqua alla gola. Ma questa consapevolezza gli italiani non sembrano averla. Poi si potrà discutere se sia un bene o un male. Ma è un concetto che chi ambisce a vincere le elezioni deve tenere ben presente.  

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