Sulla riforma della scuola il governo fa marcia indietro. Troppo alto il rischio di uno scontro con il Partito democratico che ieri ha duramente criticato il provvedimento voluto dal ministro Francesco Profumo. E così, davanti alle perplessità del Nazareno, oggi il titolare della Pubblica Istruzione se la prende con la stampa, colpevole di aver pubblicato indiscrezioni non del tutto veritiere. Poi scrive una lettera aperta ai sindacati per smontare la polemica. Le misure a tutela del merito e dell’eccellenza restano, ma sono «complementari» a quelle previste «per la scuola di tutti».
Nel pomeriggio al ministero di Viale Trastevere nessuno escludeva ancora lo slittamento del provvedimento. Il testo è atteso in Consiglio dei ministri mercoledì, «ma al momento è possibile qualche ritardo, visto che i tecnici stanno riscrivendo molte norme». Alla fine è lo stesso Profumo a confermare che il “pacchetto merito” andrà a Palazzo Chigi tra due giorni. Corsa contro il tempo per modificare i passaggi meno condivisi del testo (non è stato ancora deciso se sarà un decreto o un disegno di legge). Di certo le pressioni di tanti esponenti del Pd – dall’ex ministro Fioroni ai responsabili di Scuola e Università Francesca Puglisi e Marco Meloni – hanno convinto il ministro a rivedere alcune norme. «Viste le ultime polemiche – spiegano dal ministero – stiamo ancora lavorando al provvedimento. Il testo? È in via di definizione».
Dovevano essere dieci articoli. Sono diventati più di venti. Ora c’è il rischio che il numero delle pagine della riforma aumenti ancora. Le misure studiate da Profumo e finite al centro delle polemiche sono diverse. È il caso dello “studente dell’anno”, il riconoscimento che ogni istituto superiore dovrà attribuire all’alunno più meritorio (scelto facendo una media tra i voti alla maturità e il reddito familiare). Chi sarà premiato potrà avere uno sconto del 30 per cento sulle tasse universitarie e ingressi agevolati a musei e mezzi pubblici di trasporto. Ma ci sono premi per gli studenti più preparati anche all’università: dalla possibilità di laurearsi con un anno d’anticipo all’iscrizione in più facoltà. Il miglior 5 per cento dei laureati di ogni Ateneo, poi, sarà inserito in un elenco: le imprese che assumeranno questi giovani con contratti a tempo indeterminato potranno usufruire di incentivi fiscali. E poi premi per i migliori docenti e ricercatori universitari. Obbligo minimo di 100 ore di didattica per professori. Incentivi per attirare docenti dall’estero. Insomma, una riforma tutta basata sul merito e l’eccellenza.
Un’impostazione sbagliata, per il Pd. «La nostra scuola deve avere l’ambizione di essere per tutti di qualità» ha chiarito ieri l’ex ministro Giuseppe Fioroni. Perché se è vero che l’Europa chiede all’Italia misure per favorire la meritocrazia, è anche vero che la nostra istruzione pubblica è ancora alle prese con diverse emergenze. A partire dalla dispersione scolastica. «Interventi esclusivamente mirati a incentivare la competizione e garantire l’eccellenza per pochi danno un’idea sbagliata e diversa dalla scuola della Costituzione». Nel Pd nessuno è contrario a una “rivoluzione del merito” ovviamente. Ma, spiegano al Nazareno, scuola e università hanno esigenze diverse.
Nel giro di poche ore la posizione del Partito democratico si radica. Tanto da far tornare Profumo sui suoi passi. «Ma quale scuola elitaria – il suo commento infastidito questo pomeriggio, mentre si trovava a Torino – In realtà il modello di scuola che ho è esattamente allineato a quello dell’ex ministro Fioroni». Incomprensioni tra governo e Pd? Non esattamente. «La nostra posizione – racconta al telefono Marco Meloni, responsabile Università e Ricerca della segreteria di Bersani – era chiara da tempo. Da almeno qualche settimana, da quando è iniziato il confronto con il governo».
Poche le invenzioni giornalistiche. «Le stesse indiscrezioni che sono uscite sui giornali somigliano molto alle bozze che l’esecutivo ci ha mostrato», spiega Meloni. «Io ero alle riunioni con il governo – continua Francesca Puglisi, responsabile Scuola – i contenuti sono proprio quelli».
Tra gli uomini di Bersani nessuno ha ancora capito se alla fine il ministro modificherà il provvedimento sulla base delle proposte democrat avanzate nelle ultime settimane. A scanso di equivoci, la speranza è quella di un iter legislativo più aperto a interventi politici. «Ci auguriamo che la riforma venga presentata attraverso un disegno di legge su cui il Parlamento possa intervenire – racconta Puglisi – Magari dopo avere ascoltato in commissione il mondo della scuola e dell’Università».
Senza novità di rilievo la posizione del Partito democratico resterà critica: «Per quanto riguarda l’università – spiega Meloni – questo provvedimento è obiettivamente carente nel tema del merito. Ci aspettavamo misure più incisive. Quelle finora presentate sembrano incapaci di costruire nel complesso un sistema fondato sul merito: di stimolare la competizione sana tra ragazzi, di premiare la fatica, l’abnegazione, il lavoro di tanti studenti, ricercatori e insegnanti che ogni giorno ce la mettono tutta, ciascuno nel proprio ambito». «Un provvedimento inaccettabile» sintetizza la Puglisi.
Obiezioni puntuali. Talvolta nate da perplessità più generali. In molti nel Pd non hanno digerito l’idea che sia un governo tecnico a studiare la riforma della scuola. «Il governo Monti – spiega Francesca Puglisi – è stato chiamato per risolvere le emergenze. E le emergenze questo settore sono la lotta alla dispersione scolastica, il tempo pieno, la scuola dell’infanzia. Ci aspettiamo questo, non provvedimenti politici sul merito e sulla competitività».
In serata il ministro Profumo prova a svelenire il clima. Con una lettera aperta ai sindacati pubblicata sul sito del ministero, il titolare della Pubblica istruzione fa il punto. «Mercoledì – spiega – in Consiglio dei ministri non proporrò certo provvedimenti sul premio a chi si impegna nella scuola alternativi allo sforzo, che invece deve essere sempre più intenso, per fare della scuola un mondo dove nessuno è lasciato indietro, a cominciare dai più deboli e svantaggiati». I due temi dovranno essere complementari: «Impegniamo qualche decina di milioni per le misure a favore dell’impegno nell’eccellenza, e più di un miliardo di euro per la scuola di tutti». Insomma, diritto allo studio e premi ai più meritevoli devono essere «le due facce della stessa medaglia di una scuola moderna, europea ed inclusiva».
Il ministro assicura di essere pronto al dialogo. «Sono sicuro che, esaminando nel merito tutte le proposte, su cui sono sempre aperto al confronto, potrete riconoscere che la filosofia che le innerva non è quella di un modello elitario e spietato, bensì quello di una democrazia aperta e attenta soprattutto ai più deboli». Basterà a convincere il Partito democratico?